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Chiesa di Sant’Apollinare in Baggio

La chiesa vecchia

La chiesa vecchia di Baggio, quella che vediamo oggi proprio al termine della lunghissima via delle Forze Armate, è un rifacimento, risalente al 1875, di una chiesa ben più antica, demolita pezzo per pezzo, fra il 1870 e il 1873. Il suo abbattimento fu una scelta obbligata dal fatto che, non avendo, per diversi secoli, eseguito lavori di manutenzione e di consolidamento strutturale, il complesso  era arrivato ad un tal livello di degrado, da temere un crollo imminente. Incuria questa, dovuta sia alla scarsa sensibilità delle istituzioni nei confronti della storia e quindi del nostro passato, che alla cronica mancanza di finanziamenti. Il risultato, alla fine, è che questo è un altro dei nostri gioielli, andato perduto per sempre.

La chiesa di Sant’Apollinare vecchia (foto Urbanfile)

Le sue origini

I primi documenti che parlano di questo luogo di culto, ci fanno risalire a più di mille anni fa: all’881 d.C. per la precisione. Non dovevano essere tempi facili allora … Sembra infatti che, dopo le terribili distruzioni messe in atto dalle popolazioni barbare in tutta l’area, siano stati trovati  documenti che  attestino che, nell’anno 881, il nobile Tazone (probabilmente ricco feudatario, che aveva il ‘capitaneato’ della zona), promosse, oltre alla riedificazione del borgo rurale distrutto dalle varie incursioni, anche la costruzione sia di una chiesa dedicata a Sant’Apollinare (sui resti andati perduti, di un antico tempio pagano), che di un campanile (sulle fondamenta di un’antica torre di guardia, andata anch’essa distrutta).

Ndr. – In area lombarda i capitanei erano i maggiori vassalli di un vescovo, in particolare di quello di Milano: in quest’ultimo caso, si trattava di esponenti di famiglie per lo più provenienti dal contado, che già a partire dall’XI secolo si erano trasferite all’interno della città di Milano, dove godevano di una posizione sociale di particolare autorità e potere, essendo uniti da legami vassallatico-beneficiari con la Chiesa ambrosiana.

Com’era usanza a quei tempi, la chiesa diventò la cappella privata della famiglia ‘da Baggio’, ricchi feudatari e grossi proprietari terrieri,  che amministravano la pieve di Cesano per conto dell’arcivescovo di Milano.

Ndr. – La pieve (dal latino plebs, “popolo”) fu una circoscrizione territoriale religiosa e civile facente capo ad una chiesa rurale con battistero, detta chiesa matrice o pievana (o in latino plebana). Nell’Alto Medioevo ad essa erano riservate le funzioni liturgiche più importanti per la comunità e da essa dipendevano le chiese e le cappelle prive di battistero. Dal Basso Medioevo, le funzioni proprie della pieve passarono alla parrocchia. [ rif. Wikipedia ]

Altro documento, del 1061, riporta la richiesta di ampliamento della chiesa esistente, in occasione della nomina a papa Alessandro II (1061 – 1073), di tal Anselmo, uno degli esponenti della famiglia ‘da Baggio’.

Altro personaggio famoso, perché studiato su tutti i libri di storia, è il nipote di Papa Alessandro II, pure lui di nome Anselmo (1035 – 1086), sempre appartenente alla stessa famiglia ‘da Baggio’, diventato Santo – Vescovo di Lucca e Patrono di Mantova.  Fu il consigliere spirituale di Matilde di Canossa, testimone della celeberrima umiliazione dell’Imperatore Enrico IV.

A Canossa, Enrico IV, per ottenere la revoca della scomunica inflittagli dal papa Gregorio VII, (che gli sarebbe costata anche la perdita della corona), fu costretto a umiliarsi attendendo inginocchiato, a piedi scalzi, vestito con un saio, il capo cosparso di cenere, per tre giorni e tre notti, innanzi al portale d’ingresso del castello di Matilde mentre imperversava una bufera di neve, nel gennaio del 1077.

La torre campanaria

Attigua alla chiesa vecchia di Baggio che vediamo oggi, c’è una torre campanaria, questa sì veramente antica, databile fra il 900 ed il 1000 (di questa, se ne fa menzione già nell’881). Recenti restauri hanno permesso di confermare che poggia effettivamente sul basamento originario di una torre, probabilmente di guardia, installata in epoca romana, per il controllo delle campagne e delle vie di comunicazione verso Vercelli e Novara. La torre comunicava direttamente col castello di Mediolanum, da cui distava in linea d’aria circa 7 km, attraverso un sistema di segnali fatti normalmente con fuochi, fumo oppure specchi.

torre campanaria chiesa di baggio
Torre campanaria di Baggio

Il campanile è oggi una delle rarissime testimonianze delle origini del Romanico in Lombardia, arrivate integre fino ai giorni nostri. Sembra sia la torre gemella di quella della chiesa di san Satiro, in via Torino, ma forse, tra le due, questa è ancora più bella.

È uno dei rari manufatti che non sono stati distrutti da Federico Barbarossa, tanto amato dai milanesi, soprattutto dopo aver messo a ferro e fuoco l’intera città, nel 1162. Probabilmente la torre non è stata demolita solo perché, nella sua marcia di avvicinamento alla città, non dev’essere passato, col suo esercito di lanzichenecchi, dalle parti di Baggio! Risulta infatti che la località, abbia ‘ospitato, fra il 1162 ed il 1175, numerosi milanesi ‘sfollati’ proprio in seguito alle distruzioni operate dal Barbarossa.

La Cappella privata diventa “Parrocchia”

Baggio era poco più che un villaggio quando, morto l’ultimo Sforza nel 1535, Milano passò sotto la dominazione spagnola. I documenti dicono che nel 1537 Baggio contava in tutto 54 fuochi e quindi non più di 250 o 300 persone.

Ndr. – Per fuoco s’intende la più piccola unità soggetta a fiscalità (cioè un nucleo famigliare)

Causa la ferma opposizione della famiglia ‘da Baggio’, la Cappella privata non poté diventare parrocchia (cioè ‘pubblica’) prima del 1628, ai tempi del Cardinale Federico Borromeo. Questo anche perché, nelle vicinanze, c’era un’altra chiesa, quella del convento di S. Maria di Baggio (l’attuale Cascina Monastero – oggi sede del Municipio 7), retto dal 1400 al 1773 dagli Olivetani, frati che ebbero un grande ruolo nella formazione religiosa della popolazione della zona. Da questo momento in poi (1628), la storia di questo complesso si fa più certa poiché si comincia a disporre di documenti parrocchiali manoscritti ora conservati nella chiesa nuova di Sant’Apollinare (in piazza Sant’Apollinare).

Cascina Monastero (foto Urbanfile)

L’obbligatorietà per le parrocchie di riportare in appositi registri, nascite, battesimi matrimoni e morti dei propri parrocchiani era stata sancita già dopo il 1564 (concilio di Trento) da parte di S. Carlo Borromeo, allora arcivescovo di Milano. Quindi a partire dalla data di costituzione della parrocchia (1628), ecco comparire i primi documenti ufficiali riguardanti la comunità parrocchiale di Baggio.

L’organo

Uno dei motivi per cui questa chiesa è così nota a Milano, ma anche nel contato e oltre, è la particolare storia che riguarda il suo organo, al punto da coniare un modo di dire che oggi è sulla bocca di tutti:

“ma va a Bagg a sonà l’orghen”

Da cosa nasce questa espressione? Cosa vuol dire esattamente? Nasce probabilmente dalla voce, messa in circolazione da qualche burlone, che, nella chiesa vecchia di Sant’Apollinare in Baggio, esiste un organo ‘finto’, cioè dipinto sul muro … dire quindi  “ma va a Bagg a sonà l’orghen”, è un modo ‘elegante’ per mandare qualcuno a quel paese, poiché il suo significato è che un organo dipinto su un muro, è ovviamente impossibile da suonare!

L’interesse sulla storia relativa a questo modo di dire, nasce dal tentativo di capire che cosa ci sia di vero, leggendo le cinque storie popolari riportate su altrettante ceramiche che si possono ammirare sul muro che fiancheggia la strada a fondo cieco, sulla destra della facciata della chiesa.

Da una veloce analisi, sicuramente tre di queste storie sono di pura fantasia, mentre per le altre due, c’è qualche addentellato con la realtà. Se tante storie popolari diverse parlano di quest’organo, è evidente che sotto sotto, qualcosa di vero ci deve pur essere!

Ma cerchiamo di capire meglio come mai è nato questo detto.

Una prima leggenda popolare

Si racconta che, essendo la chiesetta originale ormai diventata insufficiente a contenere l’accresciuta popolazione del borgo, nel 1685, fu deciso di ampliarla; furono cosi raccolti, fra i fedeli, i soldi sia per le necessarie opere murarie, che per l’acquisto di un organo che fosse il vanto dei generosi parrocchiani.

Purtroppo, verso la fine dei lavori, ci si accorse che prima di aver provveduto all’acquisto dell’organo, erano stati spesi tutti i soldi raccolti. Poiché, finita la costruzione dell’ampliamento, si stavano già organizzando i festeggiamenti per l’imminente inaugurazione della nuova chiesa, per non deludere i donatori, si ricorse ad un trucco, passato alla storia: ad un pittore venne richiesto di dipingere sulla parete di fondo appena rimessa a nuovo, una serie di canne simulanti la presenza dell’organo, in modo tale che lo strumento dipinto sul muro, facendo bella mostra di sé, traesse in inganno non poche persone.
Il trucco, come si può ben immaginare, suscitò scalpore, ma procurò pure generale allegria, invogliando la popolazione a tassarsi nuovamente per riuscire ad acquistare l’organo voluto da tutti.

Ecco perché il detto Va a Bagg a sonà l’òrghen, ha il significato di mandare qualcuno a fare qualcosa di impossibile!

La storia dell’organo dipinto, riportata su ceramica

Una seconda leggenda

In un numero speciale del mensile cattolico L’angelo, dell’ agosto 1942, troviamo la più antica attestazione scritta di questo celebre detto.
Leggiamo: “Dunque è vero che a Baggio l’organo era dipinto sul muro?” E rispondiamo: “No; proprio no; non è vero; anche se ci sono persone che assicurano di averlo veduto”. E allora la spiegazione del famoso detto? Eccola: “Quando in nessuna delle vicine parrocchie ancora esisteva l’organo, Baggio ebbe la fortuna di avere per parroco un esimio amatore e cultore ed intenditore di musica (…..) che si fece premura di dotare la sua chiesa di un bellissimo organo (…..) puntò in alto e volle niente meno che un Professore di Conservatorio (….. ). Ma  ….i signori Professori, tutti lo sanno, non si scomodano per ogni inezia: ne avveniva così che nelle feste solite, il signor Professore mandasse a sostituirlo ora l’uno ora l’altro dei suoi allievi. Quindi alla vigilia delle feste era il ritornello: “tu domani vai a Baggio a suonare l’organo”. La frase detta oggi, detta domani, ben presto divenne ritornello sulle labbra degli studenti che, prima sotto i baffi, poi anche apertamente, ne facevano delle belle risate (…..) E la frase uscì dalla scuola: si propagò per le strade, sulle piazze, valicò i monti, varcò i mari: e oggi non trovi paese dove non ti senti ripetere: “Va a Baggio a suonar l’organo”. [ rif. – Complesso monumentale di San’Apollinare in Baggio di M,Peruffo e G. Uberti ]

La storia del professore che invita gli studenti alle esercitazioni sull’organo di Baggio

L’organo diventato “famoso”

La cosa davvero incredibile è che, grazie a questo detto, il fantomatico organo di Baggio è diventato più celebre dei ben più blasonati organi del Cinquecento, addirittura più noto persino del doppio organo del Duomo di Milano composto da 15350 canne, 5 tastiere ecc. E’ diventato talmente popolare, da uscire dai confini del Comune (Baggio era comune autonomo fino al 1923 – da allora, diventò parte integrante di Milano)

Organo” vero” di Baggio

Qual’è la realtà?

Tanto per cominciare, sfatiamo subito la leggenda dell’organo ‘dipinto’! È inutile cercarlo, perché proprio non esiste! Come detto, sono pure fantasie di qualche vecchio burlone, tramandate di generazione in generazione e infiorate in modo da sembrare vere ….. L’ORGANO in questione È REALE, magari un po’ scalcinato perché avrebbe bisogno di un sano restauro, MA ESISTE E  SUONA PURE!

Esistono documenti ufficiali che dovrebbero mettere la parola ‘fine’ a tanti malintesi o ad interpretazioni errate. Tre sono le fonti ove attingere simili informazioni:

  1. Archivio di Stato,
  2. Archivio Storico Diocesano,
  3. Archivio Parrocchiale.

Riguardo a quest’ultimo (Archivio Parrocchiale), la vecchia chiesa ‘Sant’Apollinare’ di Baggio è usata oggi solo in occasione di concerti, matrimoni od eventi speciali. Per il resto, è quasi sempre chiusa. Gli archivi relativi a questa chiesa, sono oggi reperibili presso la parrocchia attuale, una chiesa più grande, avente lo stesso nome della vecchia (cioè Sant’Apollinare nuova), distante non più di duecento metri dalla stessa.  

Fra i documenti …  grazie alla Fabbriceria (ufficio che curava la gestione di beni i cui redditi erano destinati alla conservazione dell’edificio sacro, nonché alle spese per l’esercizio del culto), si viene a conoscenza, ad esempio, dell’esistenza di un organo a mantice in questa chiesa. Una testimonianza dell’esistenza di quest’organo risale al 24 febbraio 1717 nell’atto di costituzione della cappellania Redaelli. Tracce della presenza di organisti e alza-mantici, sono rilevabili dai bilanci delle spese sostenute dalla parrocchia per l’utilizzo e la manutenzione delle strumento.

 Ndr. – Se negli strumenti a fiato l’aria viene immessa dalla bocca del suonatore, negli strumenti a mantice l’aria subisce una spinta tramite un movimento meccanico. Anticamente il mantice aveva la funzione di ravvivare il fuoco, attraverso l’aria pressurizzata che fuoriusciva da una sacca in pelle. Nella società di oggi, il mantice ha perduto la sua connotazione originaria e lo si ritrova in musica nella costruzione di vari strumenti musicali. Esempi ne sono la fisarmonica, l’organo, l’armonium, la concertina e la cornamusa irlandese

Un registro del 1822, riporta infatti il contratto e le fatture pagate ad un organaro che, oltre a suonare l’organo, curava pure la manutenzione dello strumento. Non essendo stati trovati documenti relativi all’acquisto dell’organo, si pensa siano andati perduti.

Demolizione e ricostruzione dell’antica chiesa

Come si è detto, essendo la struttura diventata pericolante a causa dell’incuria e della mancata manutenzione per secoli, tra il 1870 e 1873, si decise di abbatterla e ricostruirla. L’antico luogo di culto fu smontato pezzo per pezzo, colonna per colonna, capitello per capitello. Alcuni di questi ‘pezzi’ sono ancora visibili oggi, in quanto conservati presso il Museo Archeologico di Corso Magenta.

Si procedette dapprima alla demolizione e alla ricostruzione della parte absidale e del transetto, per poi proseguire con analoga procedura, alla zona centrale delle navate e, per ultimo, alla facciata.

L’organo, smontato pure esso, pezzo per pezzo, nel 1874, venne collocato, ad opera del Comune di Baggio, in un luogo sicuro, con la promessa che sarebbe stato risistemato nella sua sede, a completamento dei lavori di ricostruzione della chiesa.

Purtroppo, dovendo reperire fondi per il rifacimento dell’opera, c’è chi afferma che il Comune vendette all’asta, al miglior offerente, alcune delle antiche colonne, capitelli,  legni, e quant’altro poteva essere di interesse. Per cui oggi, il complesso è stato rifatto sulla falsariga della precedente costruzione, ma purtroppo, con pezzi non più originali. I reperti antichi, originali di questa chiesa, magari oggi esistono ancora e abbelliscono il parco di qualche villa dei dintorni, ma anche volendo, non è più possibile ricuperarli, avendo perso ogni traccia documentata dei compratori di allora.

Che fine ha fatto l’organo originale?

La chiesa fu completata verso la fine del 1875 e riconsacrata, ma l’organo che il Comune avrebbe dovuto provvedere a rimettere in sede, non fu ricollocato al suo posto. Sconsideratamente, l’organo originale smontato a pezzi, era stato sistemato in un magazzino evidentemente non molto asciutto. L’umidità lo aveva deteriorato al punto da renderne impossibile l’utilizzo sì da convincere l’Amministrazione Comunale a deliberare l’acquisto di un nuovo strumento, in sostituzione.

Fra l’approvazione dello stanziamento dei fondi necessari e l’iter delle pratiche burocratiche per il suo acquisto, passarono ben 13 anni prima che, nel 1888, venisse finalmente fatto l’ordine per il nuovo organo alla ditta Giovanni Marelli (su progetto di Polibio Fumagalli, docente di organo al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e Maestro di cappella a San Celso). Bisognerà aspettare pertanto ulteriori tre anni, fino al 1891, prima del collaudo del nuovo strumento, corredato della Cantoria e della Cassa dell’organo, progettati dall’ing. Bernasconi.

La chiesa rimase effettivamente per 16 anni (1875-1891) senza il suo organo. È molto probabile quindi, che proprio in questo lasso di tempo, sia stato coniato il famoso detto popolare:

“ma va a Bagg a sonà l’orghen”

per schernire i locali, vittime dell’incuria dell’Amministrazione Comunale, che dopo essersi assunta il compito della conservazione del vecchio strumento, non era stata capace di preservarlo dal degrado. Non solo avevano distrutto un organo antico, ma per 16 anni (praticamente un’intera generazione di Baggesi) era stata così privata di uno strumento che aveva loro allietato le funzioni e le cerimonie in quella chiesa, fin dall’inizio del Settecento.

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