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Paolo Andreani, primo aeronauta italiano

Premessa

Il magnifico quadro ad olio presentato in testata, realizzato dal pittore modenese Francesco Battaglioli (1710 – 1796), allievo e a lungo collaboratore del Canaletto a Venezia, è oggi conservato a Gallarate, presso la sede della Società Gallaratese per gli Studi Patrii. Raffigura, in maniera assolutamente realistica, la grande impresa in mongolfiera compiuta il 13 marzo 1784 da Paolo Andreani, il primo aeronauta italiano.

Chi era Paolo Andreani?

Ultimo di cinque figli, Paolo era nato a Milano il 27 maggio 1763, dall’anziano conte Giovanni Pietro Paolo Andreani (1705-1772) e da Clementina Sormani (1733-1763), che pare, morì di parto trentenne, dandolo alla luce. A parte il primogenito (morto giovanissimo), e le due sorelle maggiori, lui si legò particolarmente all’altro fratello Gian Mario (1760-1830), solo di tre anni maggiore, condividendo con lui, sin da piccino, giochi ed esperienze varie. A dire il vero, Gian Mario ebbe sempre per il fratello minore, un affetto quasi paterno, sentimento che si manifestò in particolare quando, morto improvvisamente il padre, i ragazzi ancora in tenera età (9 anni Paolo, 12 Gian Mario), essendo i più turbolenti, vennero affidati ad un tutore. Soggetto molto sveglio, curioso ed irrequieto, Paolo manifestò fin da subito, al pari di molti altri giovani nobili dell’epoca, uno spiccato interesse per la poesia (già a 15 anni, era membro dell’Accademia letteraria dell’Arcadia), oltre che per lo studio delle materie scientifiche, particolarmente per quello delle scienze applicate.

Ndr. – L’Accademia dell’Arcadia è considerata non solamente come una semplice scuola di pensiero, ma come un vero e proprio movimento letterario che si sviluppa e si diffonde in Italia durante tutto il Settecento, in risposta a quello che era considerato il cattivo gusto del Barocco.

Personaggio decisamente complesso e con molti interessi, essendo ricco di famiglia, non aveva bisogno di lavorare per vivere. Abituato a darsi al lusso sfrenato, ebbe molte amanti, ma, non essendo caratterialmente propenso a legarsi stabilmente con alcuna di loro, visse la sua vita da uomo libero, coltivando fra le proprie passioni, quella per il gioco d’azzardo, che, per poco, non mise a serio repentaglio le pur notevoli finanze della sua famiglia.

Per dare un’idea del carattere del soggetto che, per soddisfare i propri interessi, non si fermava davanti a nulla, all’età di 19 anni, non ebbe remore a scrivere addirittura all’allora Papa Pio VI, per ottenere da lui il permesso di consultazione di testi di politica, legge, filosofia, matematica e storia, tutti libri proibiti, che la Chiesa aveva messo all’indice, e che lui, per pura curiosità, voleva leggere.

Ndr. – L’Indice dei libri proibiti (in latino Index librorum prohibitorum) fu un elenco di pubblicazioni proibite dalla Chiesa cattolica, creato nel 1559 da papa Paolo IV in ottemperanza alle disposizioni già approvate dal Concilio di Trento. L’elenco fu tenuto aggiornato fino alla metà del XX secolo e fu soppresso dalla Congregazione per la dottrina della fede, il 4 febbraio1966. Dal 1571 al 1917, il compito della compilazione del catalogo dei libri proibiti fu di competenza della Congregazione dell’Indice.

Il secolo delle scoperte

Il Settecento, l’epoca in cui visse l’Andreani, era il cosiddetto “secolo dei lumi”, cioè dell’illuminismo, movimento sociale e filosofico che metteva al centro la ragione: quello fu il periodo di numerose invenzioni, oltre che di scoperte in vari campi dello scibile.

Per chi desiderasse approfondire il tema dell’illuminismo, cliccare sul seguente link;
L’Accademia dei Pugni

Nel campo della chimica, ad esempio Antoine-Laurent de Lavoisier (1743 – 1794) diede un contributo significativo, ottenendo, con le sue scoperte, importanti risultati. Osservando il processo di combustione, attraverso alcuni esperimenti, affermò che una componente dell’aria, combinata con l’ossigeno, produceva una rugiada che appariva essere acqua (secondo gli studi del chimico inglese Joseph Priestley) e che era della stessa sostanza che, nell’aria, permetteva la combustione. Chiamò questo elemento idrogeno, dal greco “generatore d’acqua”. La scoperta più importante di questo fisico fu sicuramente la legge della conservazione della massa, secondo la quale in una reazione chimica, la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma delle masse dei prodotti. Le ricerche chimiche sulla composizione dell’aria, erano molte, in quest’epoca. Queste ricerche e i loro risultati, portarono al lavoro dei fratelli Montgolfier i quali, per primi, sfruttarono materialmente il principio fisico dell’aria calda (che, essendo più leggera, sale verso l’alto), per contrastare efficacemente gli effetti della forza di gravità (che, per il principio dell’attrazione terrestre, trascina i corpi verso il basso).

LA STORIA DEL GAS DI MONTGOLFIER

Dei due fratelli, Joseph fu il primo a considerare la possibilità di costruire una macchina volante. Si ipotizza che un giorno, osservando i panni posti ad asciugare sopra un fuoco, notò che alcune parti ripetutamente si sollevavano verso l’alto.
Joseph iniziò a svolgere degli esperimenti specifici nel novembre 1782, quando viveva ad Avignone. Come egli stesso riportò pochi anni più tardi, stava una sera davanti ad un fuoco mentre rifletteva su una questione militare di attualità: un attacco alla fortezza di Gibilterra, che si era dimostrata imprendibile sia da terra che da mare. Joseph iniziò a pensare alla possibilità di un attacco dall’alto, con truppe sollevate in aria dalla stessa forza che innalzava le scintille del falò. Egli ipotizzava che all’interno del fumo vi fosse una qualche sostanza, un gas speciale (il “gas di Montgolfier”), dotato di una speciale proprietà che definì “lievità”.
Sulla base di questi ragionamenti, Joseph costruì un contenitore a forma di scatola (delle dimensioni di 1 x 1 x 1,3 metri), usando un sottile foglio di legno per i lati e un rivestimento superiore in tessuto leggero di taffetà. Sotto il contenitore accese un falò di carta. L’oggetto si sollevò rapidamente dal suo supporto fino a urtare il soffitto. Joseph convinse poi il fratello a costruire un primo aerostato ad aria calda scrivendogli le seguenti poche, profetiche parole: “Presto, procurati una buona dose di taffetà e di corde, e ti mostrerò uno dei più sbalorditivi fenomeni al mondo!”. Da quel momento in poi i due fratelli lavorarono assieme al progetto.
I due fratelli costruirono un nuovo apparecchio, in scala, tre volte più grande (27 volte in volume). Nel suo primo volo, il 14 dicembre del 1782, la spinta di sollevamento fu così forte che essi ne persero il controllo. L’aerostato volò per circa 2.000 metri. Dopo l’atterraggio, l’oggetto venne distrutto da quella che Étienne definì “l’indiscrezione dei passanti”
Stanti questi successi, i fratelli Montgolfier decisero di svolgere una dimostrazione pubblica del funzionamento dell’aerostato ad aria calda, e stabilire così la paternità dell’invenzione. Realizzarono quindi un apparecchio a forma di pallone sferico, costruito con tela di sacco e tre strati interni di carta sottile. L’involucro sviluppava un volume interno di quasi 790 m3 d’aria e pesava 225 kg. Era composto da quattro parti (la cupola e tre segmenti laterali) tenute assieme da 1.800 bottoni. Una “rete da pesca” in cordame applicata all’esterno fungeva da rinforzo della struttura. Il 5 giugno 1783 l’aerostato fu fatto volare nella prima dimostrazione pubblica ad Annonay, di fronte a un gruppo di notabili degli “états particuliers”. Il volo coprì circa 2 km, durò 10 minuti e raggiunse l’altitudine stimata di 1.600-2.000 metri.
(…..)
Vi era qualche preoccupazione sui possibili effetti di un volo in alta quota su degli esseri viventi. Esistono dei riferimenti a un bando emanato dal re Luigi XVI, che proibiva qualsiasi volo da parte di persone finché gli eventuali effetti sugli animali non fossero stati valutati (anche se non vi è evidenza diretta di un tale editto). È più probabile che fossero gli stessi inventori, prudentemente, a decidere di sperimentare il volo inizialmente solo su degli animali.
Il 19 settembre 1783 l'”Aerostate Révellion” (come lo aveva chiamato Étienne) fu fatto volare con a bordo i primi aeronauti viventi: una pecora, un’oca ed un gallo, collocati in un cesto appeso alle corde del pallone. Questa dimostrazione ebbe luogo di fronte ad un’immensa folla raccolta nel palazzo reale di Versailles, presenti il re Luigi XVI e la regina Maria Antonietta. Il volo durò circa 8 minuti, coprì circa 3 km e raggiunse un’altezza di circa 500 metri; sarebbe potuto durare di più, ma l’aerostato era instabile, e perciò subito dopo il decollo si inclinò vistosamente su un lato, lasciando fuoriuscire dall’imboccatura una notevole quantità dell’aria calda contenuta all’interno. Gli animali, comunque, completarono il volo senza conseguenze.
Fra i primi a sopraggiungere sul punto di atterraggio vi fu Pilâtre de Rozier, che si era già candidato ad essere fra i primi aeronauti quando si fosse tentato il volo con uomini a bordo. Pierre Montgolfier infatti, padre degli inventori, aveva acconsentito che i figli lavorassero alla realizzazione degli aerostati invece di dedicarsi all’amministrazione delle cartiere di famiglia, a condizione che nessuno dei due tentasse di volare di persona.
A seguito del successo dell’esperimento di Versailles, e sempre in collaborazione con Réveillon, Étienne iniziò la costruzione di un aerostato da 1.700 m3 che potesse consentire il volo con un equipaggio. Il 21 novembre 1783 Pilâtre de Rozier e il marchese d’Arlandes realizzarono il primo volo libero umano su un aerostato intitolato alla regina Maria Antonietta (che tanto si era entusiasmata e prodigata a tale evento), coprendo in 25 minuti una distanza di circa 9 km, a una quota variabile intorno ai 100 m di altezza, sui tetti di Parigi. La trasvolata fece notevole scalpore. Numerose iscrizioni celebrarono lo storico evento. Si produssero sedie con lo schienale a forma di aerostato e orologi da tasca in smalto e bronzo con il quadrante iscritto in un pallone. I francesi meno benestanti potevano acquistare stoviglie decorate con immagini del volo.

[ rif. – Wikipedia ]

Le notizie circolano

Erano appena giunte a Milano le notizie di una serie di strepitose imprese dei cugini francesi, a cominciare dai fratelli Joseph-Michel (1740 – 1810) e Jacques-Étienne Montgolfier (1745 – 1799) imprenditori cartai, con la passione per la ricerca scientifica. Questi, il 5 giugno 1783, ad Annonay (Francia), per primi al mondo, avevano fatto “volare” per una decina di minuti, un pallone gonfiato ad aria calda (senza nessuno a bordo). Poi, il 19 settembre, un nuovo volo con animali a bordo, ed infine, il 21 novembre, a Parigi, il primo volo umano della storia, con un mezzo analogo!
Non era ancora tutto:  il 1 dicembre 1783, il fisico francese Jacques Charles e l’ingegnere meccanico Marie-Noël Robert avevano fatto volare il primo pallone pieno di idrogeno. Mentre da Lione era giunta notizia del mezzo fallimento del terzo volo umano della storia con La Flesselles (nome di una mongolfiera in omaggio all’intendente della città), che, il 19 gennaio 1784 era decollato da Les Brotteaux (un campo fuori Lione) con ben cinque persone a bordo, ma il pallone si era rotto dopo dodici minuti di volo ….

Oggi, queste notizie ci fanno quasi sorridere, ma, a ripensarci, allora, l’impresa del 21 novembre 1783 a Parigi, in particolare, fu effettivamente di portata storica. Con l’invenzione del pallone aerostatico riempito di aria calda (grazie alle scoperte nel campo della chimica), si era realizzato l’atavico sogno dell’uomo che, per la prima volta in assoluto, era riuscito ad inventare un sistema per sollevarsi da terra ed iniziare a “volare” nello spazio.

L’interesse per la novità

Rimasto decisamente impressionato, in particolare dall’impresa del 21 novembre (dei fratelli Montgolfier), il conte Paolo Andreani, allora ventenne, decise di provare a replicarla, nel giardino della villa di Moncucco (Brugherio), comprata pochi anni prima, nel 1779, dal fratello Gian Mario, come villa di residenza estiva.

Ndr. – L’Andreani aveva assunto il titolo di “conte” già all’età di 9 anni, alla morte di suo padre.

L’interesse per il volo umano e per gli studi di aerostatica, a quanto pare, si era diffuso in quegli anni anche in Italia con prove e tentativi vari. Questa notizia è riportata nel marzo 1916, sulla Rassegna Nazionale, ad opera del barnabita Orazio Premoli. Il prelato riferisce ad esempio, che ad Udine, il 24 febbraio 1783, padre Francesco Stella era riuscito a far “volare” un pallone gonfiato a idrogeno. L’esperimento sarebbe stato poi replicato l’1 ed il 22 marzo successivi. E’ interessante notare che padre Stella e i fratelli Montgolfier condussero i loro esperimenti, più o meno nello stesso periodo, a totale insaputa l’uno degli altri.

Villa Andreani a Moncucco (Brugherio)

Il 19 gennaio 1784, a Milano, alla presenza del ministro plenipotenziario conte Johann Joseph von Wilzeck, tre fratelli architetti Carlo, Giuseppe e Agostino Gerli, sulla scia dei fratelli Montgolfier, fecero innalzare nei pressi di Porta Venezia (l’allora Porta Orientale), un prototipo di palloncino di circa 2 m di diametro, che si elevò circa a un’altezza doppia della maggiore guglia del Duomo (cioè oltre 200 m).

Ndr. – Agostino Gerli (1744-1821), fu uno tra i primi architetti a introdurre a Milano il gusto neoclassico. Lavorò per i palazzi cittadini e le residenze di famiglie nobili, quali i Monti, gli Andreani, i Casati, i Litta, i Belgioioso, i D’Adda ed i Moriggi. 

Fu proprio in quell’occasione, che il conte Andreani conobbe i tre fratelli Gerli e propose loro di realizzare un progetto di pallone aerostatico per volo umano, su cui stava lavorando. Commissionò loro, a sue spese, la costruzione di una mongolfiera di circa 23 metri di diametro (33 braccia milanesi). Il progetto prevedeva un involucro perfettamente sferico in tela, rivestito all’interno di carta e racchiuso in una rete da pesca alla quale sarebbe stata appesa una navicella di vimini. Il braciere per il riscaldamento dell’aria all’interno dell’involucro, avrebbe utilizzato come combustibile, legno di betulla ed una mistura di alcool, trementina ed altri liquidi infiammabili.

La prima ascensione (25 febbraio 1784)

Fu davvero costruito a tempo di record (in solo 24 giorni), questo grande pallone aerostatico (di oltre 6.000 m3 di volume), se il 25 febbraio era già pronto per le prove! A differenza della galleria circolare per i passeggeri che caratterizzava i modelli realizzati in Francia, l’aerostato costruito dai Gerli, su commissione di Andreani, presentava una navicella sormontata dal bruciatore, una soluzione simile a quella delle moderne mongolfiere.

Quel giorno stesso, il 25 febbraio 1784, dopo un paio di tentativi non riusciti, il conte Paolo, assieme ai costruttori Agostino e Carlo Gerli, (Giuseppe era rimasto a terra) riuscirono a staccarsi dal prato del giardino della villa Andreani di Moncucco (al num. 109 della Sp 3, la vecchia strada provinciale che collega Milano a Vimercate), librandosi in aria per circa 25 minuti ed atterrando poi, senza danni, non molto lontano dal punto di partenza.

La mongolfiera pesava circa una tonnellata, a cui andavano aggiunti il peso dei tre occupanti e quello del combustibile, per un totale, al decollo, di circa 1300 kg.

A nemmeno tre mesi dal felice esperimento di volo umano dei fratelli Montgolfier, pure la prova di Andreani assieme ai fratelli Gerli era riuscita nel migliore dei modi, anche se l’esperimento era stato mantenuto segreto (riserbo francamente impossibile da rispettare, vista la mole del pallone, visibilissimo a distanza). Bastò comunque la felice conclusione di questa prova, perché Paolo Andreani si conquistasse la fama di aver compiuto lui il primo volo umano in Italia (volo che fu pure il primo realizzato fuori dalla Francia, ed il quarto in assoluto della storia dell’aerostatica).

Disegno del pallone perfettamente sferico realizzato dai fratelli Gerli su progetto di Paolo Andreani

Altri precedenti esperimenti in Italia

Prima di questo volo di Andreani, alcuni esperimenti di aerostatica nel nostro paese erano già stati compiuti, oltre a quello di Udine (di padre Francesco Stella, cui si è accennato precedentemente):

  • sei giorni prima del primo volo umano della storia – quello di Pilatre de Rozier e del marchese D’Arlandes con il pallone costruito dai fratelli Montgolfier – Il 15 novembre 1783, il conte milanese Marsilio Landriani, professore di fisica sperimentale al Ginnasio di Brera, aveva innalzato due palloni nella Villa Reale di Monza;
  • a Roma, il 21 dicembre 1783, il duca Sermoneta Francesco Caetani aveva innalzato un pallone ad idrogeno, realizzato dal suo astronomo, l’abate Luigi De Cesaris, per convincere gli increduli della bontà  della nuova invenzione;
  • a Verona, pochi giorni dopo, un altro esperimento dell’astronomo e matematico Pietro Cossali;
  • a Pavia, il 30 gennaio 1784, quello del famoso architetto Luigi Cagnola con a bordo una pecora;
  • a Venezia, subito dopo, quello del pallone che Francesco Pesaro, procuratore di San Marco, aveva fatto costruire ai fratelli Zanchi.

La seconda ascensione (13 marzo 1784)

Visto il buon esito del primo volo umano, il 13 marzo successivo, Paolo Andreani, approfittando della presenza a Milano dell’imperatore Giuseppe II, pensò di ripetere nuovamente l’esibizione di pochi giorni prima, sempre con i fratelli Gerli, questa volta però, pubblicizzando l’evento.

Il nobiluomo invitò ufficialmente l’imperatore e tutti i ministri del suo seguito, oltre a tutti i notabili della città ed i suoi numerosissimi amici. Per l’occasione, fece persino costruire dei palchi nel parco della sua villa di Brugherio. A differenza della volta precedente, l’aerostato era stato leggermente modificato e reso di forma un po’ più snella (leggermente ovoidale, invece che assolutamente sferica).

L’improvvisa defezione dei fratelli costruttori

L’imperatore, ospite d’onore per eccellenza, declinò però l’invito, ritenendo che fosse sconveniente per un monarca assistere, in diretta, al suicidio di un proprio suddito; a seguito di tale convinzione e appreso che il conte sarebbe stato accompagnato nella sua bravata anche da due dei costruttori della mongolfiera, a detta di Pietro Verri (impareggiabile cronista dell’evento), l’imperatore diede incarico al governatore plenipotenziario conte Johann Joseph von Wilzeck di corrompere (con una cospicua somma di denaro), i fratelli Gerli, perché non salissero a bordo della navicella, sperando in tal modo che, rimasto solo, anche l’imprudente conte Andreani, desistesse dall’insana impresa.

Al momento della partenza, colto di sorpresa dalla imprevista defezione dei fratelli costruttori (che avevano accolto l’invito del governatore), Andreani non si perse d’animo: al loro posto, fece salire con lui sulla navicella di vimini, due operai di Brugherio, previa una salutare sbronza, per far loro superare il terrore di trovarsi improvvisamente a ondeggiare in cielo. I malcapitati furono Gaetano Rossi e Giuseppe Barzago, che pare, avessero contribuito sia alla preparazione della “macchina”, che alla costruzione della piattaforma per il decollo.

Nonostante il tentativo di boicottaggio di un monarca decisamente poco illuminato come Giuseppe II, imperatore d’Austria, il volo partì regolarmente: fu seguito da migliaia di occhi increduli e stupefatti. La folla, dopo i primi minuti di silenzio carichi di tensione e di suspence, era rimasta letteralmente estasiata: quei tre uomini stavano “volando“! Le cronache locali riferiscono che la mongolfiera raggiunse i 1537 m di quota, librandosi in aria e scomparendo ad un certo momento alla vista dei presenti, avvolta in una nuvola, per riapparire poco dopo. Il volo durò poco meno di mezz’ora, andando poi ad atterrare dolcemente, a circa cinque miglia di distanza (8 km), su un campo davanti alla Cascina Seregna, nel confinante Comune di Caponago.

Ascensione di Paolo Andreani il 13 marzo 1784 dal giardino della villa estiva di Moncucco
La “macina del pallone”, una pesante macina di pietra alla quale Andreani avrebbe ancorato l’aerostato prima del decollo

I commenti dei presenti e dei protagonisti

Il concittadino Pietro Verri, che naturalmente aveva presenziato all’evento, così descrisse la storica impresa:
“Silenzio e timore occupavano l’immensa folla che dai palchi, dalle logge, dal giardino, dai campi, era spettatrice attonita di quell’impresa nuova per loro e nuova a tutti i passati secoli. La macchina intanto sale e l’animoso cavaliere comanda di tagliare le funi e, col suono di una tromba, dà l’avviso della sua partenza per le regioni dell’aria. Spettacolo più grande non erasi presentato a nessuno degli innumerevoli spettatori. Mirare l’ampia mole, pari a vasto palazzo e più capace assai di grandissimo nostro teatro, galleggiare senza ondeggiamenti, era portento da scuotere qualunque cuore.”

Altrettanto belle erano state le parole di Agostino Gerli, uno dei protagonisti del volo del 25 febbraio e che era stato convinto dal governatore a rinunciare a quello del 13 marzo:
“Il piacere grande che da noi si provava nell’osservare la sottoposta terra, l’impressione che in noi faceva il dominare da quell’altezza uno sterminato continente, il vedere tanti oggetti presentarci un aspetto insolito, ne rese estatici e rapiti. Nessuno potrà mai, per parole, descrivere la delizia di un aereo viaggio. L’entusiasmo era tale che si continuava ad alimentare il fuoco, fino a rimanere senza combustibile. […] Non può esere stata se non estrema la contentezza. Vedemmo col fatto smentite le dicerie, gli schiamazzi di coloro che dicevano il nostro un sogno, una temerarietà”.

I due voli di Paolo Andreani (quello del 25 febbraio e il successivo, del 13 marzo 1784) furono, cronologicamente, il quarto e quinto volo umano in assoluto della storia, i primi due al di fuori della Francia.

Il governo proibisce le ascensioni di palloni con fiamma libera

Il fatto che Giuseppe II avesse declinato l’invito a presenziare a quell’evento non era stato un buon segnale per Andreani. Obiettivamente non si poteva dare torto all’imperatore … l’involucro del pallone era di carta … non ci sarebbe voluto nulla perché il tutto diventasse in un secondo una palla di fuoco, con le conseguenze immaginabili per chi vi era a bordo! Queste esibizioni incontrollate non erano piaciute al governo austriaco che aveva giustificato le sue contrarietà apparentemente per salvaguardare la vita dei propri sudditi … ma la realtà era ovviamente diversa. Con incredibile tempestività, il 17 marzo 1784, (cioè quattro giorni dopo l’ultima esibizione di Andreani), l’imperatore proibì, con una legge, l’innalzamento di palloni con fiamma libera in tutto il territorio del Lombardo-Veneto. La motivazione per cui ne fu immediatamente ostacolato ogni eventuale ulteriore sviluppo, era evidente: lo sbocciare di questa “nuova scienza” in Lombardia, era stato interpretato con estrema diffidenza dagli austriaci; essendo l’aerostato una sorta di “macchina volante”, indipendentemente dai rischi per chi lo manovrava, era visto come qualcosa di potenzialmente pericoloso per loro, perché limitante il loro potere. Lo stesso Giornale Aerostatico, primo periodico al mondo (di aeronautica), che aveva iniziato le sue pubblicazioni proprio a Milano  nel gennaio 1784, fu costretto a chiudere i battenti già dopo tre numeri, il marzo di quello stesso anno, in seguito alla censura imposta dall’imperatore.

In effetti, visto a posteriori, il timore degli austriaci, non era del tutto infondato: di lì a breve, la Rivoluzione Francese avrebbe adottato il pallone aerostatico come uno dei propri simboli più emblematici, sintetizzando una delle maggiori aspirazioni dell’uomo, cioè il suo desiderio di libertà. Con Napoleone poi, non sarebbero tardati ad arrivare anche i primi usi militari della nuova invenzione: egli infatti avrebbe istituito, già dieci anni dopo (nel 1794), il corpo degli “Aerostieri militari”. Questi, librandosi in aria su palloni ancorati a terra (trattenuti da lunghe corde), avevano essenzialmente il compito di comunicare al comando a terra, gli spostamenti delle truppe nemiche in battaglia, osservando e spiando dall’alto, i loro movimenti.

Gloria per Andreani

L’eco dell’impresa del conte Andreani fu davvero enorme in città: 15 giorni dopo la sua seconda ascensione, venne accolto al Teatro alla Scala con quella che chiameremmo oggi una “standing ovation”. Tutti erano entusiasti per il successo della sua esibizione, oltre che ammirati per il grande coraggio dimostrato.

Persino Giuseppe Parini intese dedicargli due sonetti per la storica impresa.

Ecco il testo di uno di quelli, dal titolo “Per la macchina aerostatica“:
Ecco del mondo e meraviglia e gioco,
Farmi grande in un punto e lieve io sento;
E col fumo nel grembo e al piede il foco
Salgo per l’aria e mi confido al vento.

E mentre aprir novo cammino io tento
All’uom cui l’onda e cui la terra è poco,
Fra i ciechi moti e l’ancor dubbio evento
Alto gridando la Natura invoco:

O Madre de le cose! Arbitrio prenda
L’uomo per me di questo aereo regno,
Se ciò fia mai che più beato il renda.
Ma se nocer poi dee, l’audace ingegno
Perda l’opra e i consigli; e fa ch’io splenda
D’una stolta impotenza eterno segno.

Venne pure coniata per l’occasione, una moneta celebrativa con la sua effigie da un lato, e la sua mongolfiera dall’altro.

Moneta celebrativa dell’evento

Andreani espatria

Passato l’euforico momento di meritata gloria, non potendo più, per legge, continuare i suoi studi ed i suoi esperimenti sulle mongolfiere in patria, maturò in lui la drastica decisione di lasciare Milano e l’Italia, senza immaginare che non sarebbe mai più tornato a casa sua. Naturalmente amareggiato per l’ottusità degli austriaci, partì per Parigi quella stessa estate (1784) ove fu ricevuto con tutti gli onori dall’Accademia delle scienze di Parigi e lì, ed ebbe modo di conoscere anche i maggiori esponenti dell’aerostatica francese.

Di carattere impulsivo com’era sempre stato, visti gli assurdi divieti disposti dalle autorità austriache al prosieguo della sua attività di ricerca, decise di abbandonare per sempre l’aerostatica e tutti gli studi che aveva fatto fino ad allora, per dedicarsi a tutt’altro tipo di attività, non meno interessante; ricerche scientifiche in vari altri campi, e soprattutto lunghissimi viaggi ed esplorazioni, in giro per il mondo, alla scoperta della natura, seguendo lo spirito illuministico che lo spingeva verso sempre nuovi orizzonti. Eletto membro delle sette società scientifiche (tra esse figuravano anche l’American Philosophical Society e la Royal Irish Academy di Dublino), accettò di buon grado l’incarico da parte dell’Accademia delle scienze di Parigi di condurre una spedizione scientifica in Scozia ed Irlanda insieme al geologo francese Barthélemie Faujas de Saint-Fond. Sei anni dopo si recò a Londra per aggiornarsi sulle ultime novità riguardanti le tecniche aeronautiche, documentandosi nel contempo sulle terre americane e sui costumi delle popolazioni locali.

Il suo spirito eclettico lo spinse ad approfondire sia teoricamente, che praticamente, svariate materie e discipline: dall’alpinismo dei primordi (fece diverse ascensioni sulle Alpi), all’esplorazione (delle terre del Nord Europa e dell’America), dalla geologia, alla mineralogia e a tutte le altre branche delle scienze naturali. Si cimentò in tanti altri argomenti di studio, dall’architettura alla finanza, dalle scienze sociali alla etnografia, non trascurando di affrontare anche argomenti di politica, oltre allo studio di lingue e dialetti locali.

Ndr. – Fare etnografia significa recarsi tra coloro che si vuole studiare per un certo periodo di tempo, ed utilizzare alcune tecniche di ricerca (come l’osservazione o l’intervista) allo scopo di collezionare un insieme di dati che una volta interpretati, rendano possibile la comprensione della cultura in esame. Riti, rituali, cerimonie, norme, valori, credenze, comportamenti, artefatti, sono i principali fenomeni di interesse dell’etnografo, attraverso i quali la cultura si rende intelligibile.

Il suo viaggio nel Nuovo Mondo

Si era alla fine del Settecento: Oltreoceano, con la Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776, le tredici colonie britanniche avevano dichiarato il loro distacco dalla sovranità del Regno Unito ed erano, da pochissimo, diventate gli Stati Uniti, aperte su un territorio vastissimo, in gran parte inesplorato e ricco di opportunità anche per chi, vissuto da sempre in una ormai asfittica società nobiliare e clericale come quella europea, avesse desiderato cambiare aria, sperimentando qualcosa di diverso, un mondo di uomini  liberi, senza ranghi nobiliari e senza frontiere invalicabili. Questa ventata di novità incuriosì Andreani, al punto da decidere di voler andare a vivere di persona in questo mondo così diverso, per testarne i pro edi contro, Così, nel 1791, s’imbarcò alla volta dell’America e, una volta arrivato lì, con una buona dose di coraggio, si mise a fare lo scienziato esploratore solitario.

Andò in Centroamerica studiando le tribù indiane e risalì il Mississippi probabilmente scoprendone pure le sorgenti. Raggiunse la regione dei Grandi Laghi (fra Stati Uniti e Canada) fermandosi in particolare al Lago Superiore per esplorarlo, come primo europeo, in tutto la sua estensione e percorrendo, pare in cinque mesi, oltre 5000 chilometri a piedi e in canoa. Fra le varie esperienze, realizzò una lunga spedizione sulle orme dei mercanti di pelli compiendo una serie di scoperte geografiche e descrivendo le abitudini di numerosi popoli nativi. Annotò le sue osservazioni scientifiche e le sue note sui costumi locali su un giornale (di cuioggi sono rimasti alcuni diari) che venne utilizzato in seguito da François Alexandre Frédéric de La Rochefoucauld, duca de Liancourt, nel suo “Viaggi attraverso gli Stati Uniti del Nord America”. Considerato abilissimo osservatore e preciso estensore delle notizie, Andreani venne spesso menzionato nel lavoro del duca francese, il quale sottolineò che il giornale dell’italiano lo colpì per la grande precisione delle informazioni riportate. Citato nel 1827 da  L. Mc Kenney nel suo “Viaggi ai Laghi”, Paolo Andreani intraprese anche la prima circumnavigazione del Lago Superiore, accovacciato su una canoa e accompagnato nella sua esplorazione da gente nativa di quei posti (di cui non gli restava che fidarsi) in un viaggio che toccava territori di ben 6 tribù della zona di cui descrisse minuziosamente usi, costumi e cultura. Per ricordare l’impresa, Andreani documentò la spedizione indirizzando nel 1792, una lettera al cancelliere Livingstone. Purtroppo ci è arrivato ben poco dei suoi diari che, in larga parte andarono perduti durante l’attraversamento di un fiume parzialmente gelato. A George Washington, primo presidente degli Stati Uniti che ebbe modo di conoscere personalmente, Paolo Andreani fece dono di una copia delle quattro odi dedicate da Vittorio Alfieri alla Rivoluzione Americana. Fece amicizia pure con Thomas Jefferson (terzo Presidente degli Stati Uniti e Padre della Nazione) e con James Madison (il Padre della Costituzione Americana).

L’esilio e la morte

Ormai, quasi cinquantenne, Paolo Andreani decise di abbandonare la sua vita raminga per ritrovare quiete nella sua casa a Milano. Sopravvisse al vaiolo, ma cominciò a soffrire di gotta ed artrite. Partito nel 1813, dalla Louisiana ove era andato a vivere negli ultimi anni, dopo aver visitato Cuba e le Antille, con una nave, riuscì ad arrivare finalmente in Europa. Purtroppo però non gli fu possibile tornare nella sua Milano che lui tanto agognava (anche a causa dell’avanzare della gotta che, nella sua fase acuta, lo avrebbe portato a perdere totalmente l’uso delle gambe). Infatti, oberato di debiti com’era, non avrebbe potuto restituire ai numerosi creditori i prestiti che gli avevano concesso prima di partire, e poi temeva che gli austriaci lo incarcerassero, per via dei forti sospetti che nutrivano nei suoi confronti, a causa delle sue simpatie verso gli ideali illuministi e gli Stati Uniti. Così non gli restò che ripiegare, in forzato esilio, su una città come Nizza, dove si stabilì nel 1817.

Morì nella capitale della Costa Azzurra l’11 maggio 1823, all’età di soli sessant’anni, ormai completamente inabile e in condizioni di totale indigenza.

Riconoscimenti postumi

Comune di Milano

Nel 1923, (centotrentanovesimo anniversario dalla grande impresa) la città di Milano volle ricordare il nome di Paolo Andreani intitolandogli una via nel centro della città, proprio dietro a ciò che resta dell’originario grande parco del palazzo AndreaniSormani in corso di Porta Vittoria, l’edificio che oggi ospita la “Sormani“, cioè la più importante biblioteca cittadina. La via Andreani oggi è la strada che unisce via Francesco Sforza con via Freguglia, tagliando il grande parco originale, in due giardini, uno dei quali, è quello della Guastalla.

Ndr. – La biblioteca “Sormani” è una istituzione che prende il nome dalla omonima famiglia (i cui componenti erano cugini degli Andreani). Poiché né Paolo Andreani, né suo fratello Gian Mario ebbero eredi diretti, alla morte di Gian Mario nel 1830 (Paolo era già morto nel 1823), i cugini Sormani ereditarono lingente fortuna degli Andreani, costituita da diversi immobili di pregio, come la grandiosa villa di Moncucco, che fu teatro dell’impresa aeronautica di Paolo, il palazzo milanese in Largo Augusto, la rocca di Corenno Plinio, la villa di Casciago (oggi sede del Comune) e altri palazzi e tenute in Lombardia.

Comune di Brugherio

Nel 1984, in occasione del duecentesimo anniversario dello storico volo che, col suo decollo da Moncucco, sancì la nascita dell’aviazione italiana il 13 marzo del 1784, Brugherio volle commemorare l’evento, con un annullo filatelico.

Lo speciale annullo filatelico in occasione delle celebrazioni del bicentenario del primo volo ufficiale di Paolo Andreani

Recentemente, nel 2020, il Comune di Brugherio ha ufficialmente deliberato all’unanimità di istituire ogni anno, per la ricorrenza del 13 marzo, in onore di Paolo Andreani, una giornata dedicata al ricordo di questo evento epocale.

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