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Santa Maria della Pace, una chiesa diversa

La chiesa che si vede in questa foto, non è sicuramente uno dei luoghi di culto più conosciuti di Milano, pur essendo situata in centro, nei pressi della Ca’ Granda e del Policlinico. Siamo in via San Barnaba 40-46, esattamente dietro il Palazzo di Giustizia. Come mai è poco nota? Il motivo è presto detto: è difficile da visitare! Infatti, un eloquente cartello giallo, posto sulla cancellata metallica, all’ingresso di un giardinetto antistante la facciata del luogo sacro, avvisa che la chiesa è aperta al pubblico per due sole ore (dalle 10 alle 12), ogni primo giovedì del mese, esclusi festivi e mese di agosto! Inoltre, risulta poco nota anche perché la sua facciata, trovandosi all’interno di un giardino circondato da alte siepi, sfugge facilmente alla vista tanto che la sua presenza risulta evidente solo da lontano o quando ci si trovi a transitare dall’altra parte della strada, da dove si vede svettare la parte frontale dell’edificio, al di sopra della recinzione.

E’ una chiesa che, dalla metà degli anni settanta del secolo scorso, risulta essere di proprietà della Fondazione di Religione “Opera per la venerazione del Santo Sepolcro e dei Luoghi Santi” ed è stata data in uso all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (istituzione di Diritto Canonico dello Stato Pontificio).

L’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (OESSG), detto anche Ordine del Santo Sepolcro o Ordine dei cavalieri del Santo Sepolcro, è un ordine cavalleresco cattolico, sotto forma di associazione pubblica di fedeli della religione cattolica, di sub-collazione pontificia (ossia conferita per delega apostolica dal Cardinale Gran Maestro) e avente personalità giuridica, canonica e civile. E’ l’unica Istituzione laicale dello Stato Vaticano
La costituzione dell’Ordine si fa risalire a quella dei Milites Sancti Sepulcri, storia che corre parallela a quella dei Canonici regolari del Santo Sepolcro di Gerusalemme, istituzione fondata dallo stesso Goffredo da Buglione dopo che, a conclusione della Prima Crociata, nel luglio 1099, le milizie cristiane liberarono Gerusalemme dal giogo musulmano.

Insegne cavalleresche dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

Legato alla basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, proprio perché di sub-collazione pontificia, può definirsi come incaricato di sopperire alle necessità del Patriarcato Latino di Gerusalemme e di sostenere le attività e le iniziative a favore della presenza cristiana in Terra Santa.
La missione specifica assegnata dal Santo Padre all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, è quella di animare nella comunità ecclesiale lo zelo verso la Terra di Gesù e di sostenervi la Chiesa Cattolica e la presenza cristiana. L’Ordine, nei suoi membri, si prefigge la pratica delle virtù evangeliche.
Il Patriarcato ha quindi come principale fonte contributiva istituzionale, le oblazioni erogate dai Cavalieri e dalle Dame dell’Ordine. [ Vedi altre note al riguardo, in fondo a questo articolo ].

Santa Maria della Pace è una chiesa cattolica a tutti gli effetti, ma “privata”, ove si effettuano conferenze, investiture di nuovi membri dell’Ordine, e funzioni solo in occasione di particolari celebrazioni (come la Pasqua o il Natale) riservate comunque agli affiliati (e in occasioni particolari, aperta anche al pubblico).

Ndr. – La basilica del Santo Sepolcro, conosciuta dai locali come “chiesa della resurrezione”, è per i cristiani Il cuore della città vecchia di Gerusalemme: al suo interno, si trovano il Calvario, luogo della crocifissione e morte di Gesù, e la Tomba di Cristo, dalla quale il Figlio di Dio risuscitò il terzo giorno. I due Luoghi Santi sono correlati e inseparabili, come lo è il mistero pasquale della morte e risurrezione di Gesù Cristo che lì si è compiuto e si compie continuamente.
Nel XIV secolo la S. Sede ottenne dal Sultano d’Egitto, dietro il pagamento di un altissimo riscatto, che la custodia dei Santuari della Fede cristiana fosse affidata ai Frati Minori di S. Francesco. Da oltre ottocento anni, i frati francescani dell’Ordine dei Frati Minori, sono quindi i custodi del Santo Sepolcro, per conto della Chiesa Cattolica, e condividono la proprietà della basilica con la Chiesa greco-ortodossa e la Chiesa Armena Apostolica. 

A dispetto del suo nome, Santa Maria della Pace è una chiesa del tardo Quattrocento, con un passato molto travagliato, davvero senza ‘pace’.

L’attuale aspetto dell’edificio è il risultato di radicali restauri eseguiti nel 1997 a cura della Fondazione “Opera per la venerazione del Santo Sepolcro e dei Luoghi Santi”, proprietaria dell’edificio, seguiti ad altri lavori effettuati nei secoli XVII, XIX e XX sia l’esterno che l’interno, lavori che purtroppo non sempre furono migliorativi. A guardarla oggi pare davvero impossibile la sua storia di deturpazioni e rimaneggiamenti succedutisi nel corso dell’Ottocento e del Novecento, fino alle distruzioni operate dai bombardamenti dell’ultima guerra .… ma procediamo con ordine:

Le origini

La storia della chiesa di Santa Maria della Pace ha origine nel XV secolo, durante il ducato degli Sforza, periodo questo, che coincise col fiorire delle arti, grazie alla presenza in città di architetti ed artisti di fama (Filarete, Solari, Bramante, Leonardo, per fare solo alcuni nomi).

E’ una storia legata a quella di Amedeo De Silva, al secolo João Mendez De Silva (1420-1482), il suo fondatore, un giovane religioso di origine portoghese. Si sa pochissimo dei suoi primi anni. Pare sia nato da padre castigliano e madre portoghese, nell’enclave spagnola di Ceuta in Marocco. Aspirante santo, decise di lasciarsi il mondo alle spalle, e di ritirarsi all’età di soli 22 anni (nel 1442), nel monastero di Guadalupe, nella provincia spagnola di Cáceres, comunità autonoma  dell’Estremadura.

Dopo circa un decennio passato nel monastero gerolamino di Guadalupe e dopo taluni tentativi falliti di trovare il martirio tra gli infedeli a Granada e in Nordafrica (combattendo contro i Saraceni, rimediò in battaglia una profonda ferita, riuscendo però a sopravvivere), nel dicembre 1452 ottenne licenza dai suoi superiori di passare all’Ordine dei francescani minori e di recarsi nella penisola italiana, in particolare ad Assisi. Là giunto, dovettero passare parecchi mesi prima che fosse accolto nell’Ordine dei frati minori: cosa che avvenne con il Ministro generale, Giacomo da Mozzanica, che, nel 1454, prese il posto di Angelo da Perugia. Per decisione del nuovo Ministro generale, il Mendez de Silva fu destinato al convento di S. Francesco , in Porta Vercellina a Milano, sito nell’attuale piazza Sant’Ambrogio.

Fu proprio stando in questo convento, che iniziarono a manifestarsi i primi segnali della sua intensa spiritualità, una forte personalità religiosa, dotata di virtù taumaturgiche e capacità visionarie. Si fece notare subito anche fra gli stessi confratelli francescani sia dell’Osservanza che Conventuali, per essere un soggetto particolarmente incline a vivere da eremita, desideroso di condurre una vita ascetica di digiuno, preghiera e penitenza, nella linea di una rigorosa osservanza della regola dei frati minori.

Ndr. – All’interno del primitivo Ordine francescano, creato subito dopo la morte di San Francesco, si formò un gruppo di frati (detto della regolare Osservanza), caratterizzato dall’aspirazione ad una vita più ritirata e da un più rigoroso controllo sull’uso dei beni. Questo entrò in conflitto con un altro gruppo di frati che viceversa accettava il possesso comunitario dei beni (detti frati della comunità e poi Conventuali). I due gruppi, che sarebbero diventati due Ordini autonomi, appena nel 1517, grazie ad una bolla “Ite vos”, di papa Leone X, alla data dell’arrivo del De Silva, stavano ancora insieme, anche se i rapporti tra di loro non erano sempre idilliaci.

Le visioni e le virtù taumaturgiche che Amedeo de Silva dimostrò di avere (gli venivano attribuite guarigioni di varia natura), gli dettero fama di santità, cosa questa che lo resero noto a Corte, persino all’allora duca Francesco Sforza e a sua moglie Bianca Maria Visconti. Quest’ultima, nei lunghi periodi in cui era costretta a reggere le sorti del Ducato (mentre il marito era impegnato in missioni militari), si servì del suo aiuto, per condurre delicate missioni presso alcuni capi politici e pure presso il Papa.

Amedeo Mendez De Silva (1420-1482)

  Data la sua spiccata personalità, Amedeo de Silva fu visto, agli occhi dei membri dei conventuali e degli osservanti dell’Ordine dei minori, come concorrente troppo ingombrante. Venne pertanto spinto ad allontanarsi da Milano e si trasferì nei piccoli luoghi francescani di Mariano Comense e di Opreno, dove nel 1459, ricevuti gli ordini sacri, celebrò la sua prima messa. 

L’anno successivo, pare con la mediazione della duchessa Bianca Maria, gli venne affidata la gestione un convento a Bressanoro non lontano da Castelleone, in diocesi di Cremona, provvedendo a rinnovare e ampliare le strutture del monastero e a creare una piccola comunità «sub regulari observantia».

Stava creando le condizioni per la nascita di una «famiglia osservante» che, pur esprimendosi secondo forme e modalità non diverse da quelle che connotavano la componente osservante, ufficiale e riconosciuta dell’Ordine, non si collegava con le gerarchie di tale componente, rimanendo invece sottoposta al vertice dello stesso Ordine, in quel periodo in mano ai conventuali.

La posa della prima pietra

Tornato Amedeo a Milano, espresse all’allora arcivescovo Stefano Nardini, l’intenzione di creare in città un convento francescano, con annessa chiesa, da intestare alla Vergine. Questi, plaudendo all’iniziativa, gli concesse il terreno ove sorgeva la vecchia chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo, fuori Porta Tosa, da usare come area per edificarvi, al suo posto, un complesso monastico con chiesa annessa.

La sua diretta richiesta all’Arcivescovo di poter costruire una chiesa in Milano scavalcando le gerarchie dell’Ordine creò naturalmente complicazioni e dissapori nel panorama francescano istituzionalizzato. La reazione degli Osservanti non si fece attendere, coinvolgendo non solo il vertice dell’Ordine, ma lo stesso Papato che, dopo l’iniziale propensione a dare una certa autonomia istituzionale ai luoghi già riconosciuti ad Amedeo de Silva cercò di fare in modo che la sua nascente «organizzazione» restasse sotto l’autorità del ministro generale dell’Ordine. Nonostante l’ambiente francescano gli fosse tutt’altro che favorevole, lui ebbe pure Il riconoscimento pontificio, che si tradusse in una vera e propria protezione, quando nel 1471, Francesco Della Rovere, già ministro generale dei minori, divenne papa Sisto IV. Per placare i forti contrasti interni nati fra parti opposte della dirigenza dell’Ordine a causa del De Silva, il Papa, per allontanarlo da Milano, lo richiamò a Roma affidandogli la gestione di un convento e promuovendolo a suo confessore personale.

Il De Silva commissionò la costruzione del convento e della chiesa, all’architetto Solari. Secondo alcuni, la paternità del progetto e della costruzione dell’edificio apparterrebbe a Pietro Antonio Solari, secondo altri invece, a Guiniforte Solari (padre di Pietro Antonio), ingegnere della Fabbrica del Duomo, e architetto di Maria delle Grazie. Comunque, alla sua morte improvvisa nel 1481, gli succedette il figlio in tutti i principali cantieri del ducato (fabbrica del Duomo, Ospedale Maggiore e Certosa di Pavia) e in quelli minori ancora aperti. Fra l’altro, sia Guiniforte, che suo figlio Pietro Antonio, ai tempi, avevano il monopolio, a Milano, di questo tipo di architettura religiosa. Purtroppo, nel corso dei secoli, l’edificio subì varie ristrutturazioni e cambiamenti significativi.

La posa della prima pietra di questa chiesa avvenne il 29 ottobre 1476 (periodo piuttosto inquieto della Storia del Ducato).

Superando difficoltà varie e pause edilizie, grazie al decisivo aiuto economico da parte del duca di Milano, i lavori della chiesa e del convento annesso, durarono circa un ventennio.

La morte improvvisa del fondatore

Nel 1482, ottenuta l’autorizzazione dal papa per andare a visitare i «suoi» monasteria della pianura padana, Amedeo de Silva giunse verso fine giugno al convento milanese di S. Maria della Pace, rimanendovi per qualche tempo. L’area era tutta un cantiere: i lavori del convento francescano avviati pochi anni prima, erano quasi finiti, mentre la costruzione della nuova chiesa era ancora ben lungi dall’essere ultimata. Non l’avrebbe mai vista finita. Ai primi di agosto, mentre aveva ripreso il cammino per tornare a Roma, poco fuori città, Amedeo de Silva fu colto da malore: fece giusto in tempo a tornare a Milano, prima di spirare nel suo convento di Santa Maria della Pace, all’età di 62 anni. Quindici anni dopo la sua morte, una volta consacrata la nuova chiesa, le sue spoglie sarebbero state tumulate davanti all’altare maggiore.

La consacrazione della chiesa e del monastero

La chiesa venne solennemente consacrata nel 1497 dall’Arcivescovo Guido II Antonio Arcimboldi. Avrebbe dovuto essere dedicata alla Vergine, ma pare che prese il nome di Santa Maria della Pace (unitamente al monastero), nell’intento di auspicare il definitivo ritorno della pace per la città, rimasta a lungo sconvolta dopo l’assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza (26 Dicembre 1476).

Per approfondimenti riguardo all’assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza, leggi l’articolo
Cola Montano, un pezzo di Storia di Milano

La struttura del complesso

Santa Maria della Pace con pronao in facciata, in un dipinto di Carlo Canella, Galleria di piazza della Scala

Esternamente, si presentava in laterizio (come oggi) con la classica facciata a capanna, tipica di tante chiese lombarde di quel periodo. Aveva un pronao con due colonne (simile a quello ancora oggi presente in facciata a Santa Maria delle Grazie).

Internamente, la chiesa, ancora nuda (cioè senza affreschi) alla data della consacrazione, a navata unica, pare avesse 13 cappelle laterali (6 da un lato e 7 dall’altro, successivamente, in buona parte eliminate). L’attiguo, grande monastero con ben quattro chiostri ed un refettorio molto simile, quanto a dimensioni, a quello di Santa Maria delle Grazie (ove, proprio in quegli anni, Leonardo stava completando il Cenacolo). Nel corso dei secoli successivi, sia la chiesa, che anche questo refettorio, sarebbero stati affrescati da pittori famosi.

Questa chiesa rimase ai frati francescani per 237 anni. In particolare fra il Cinquecento ed il Seicento, essa godette il suo massimo splendore perché fu man mano arricchita di opere di scultori e pittori famosi. Operarono in questa chiesa con tele ed affreschi i migliori artisti sulla piazza come Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari, Giovanni Paolo Lomazzo, Giulio Cesare Procaccini, Simone Peterzano, Giovan Battista Crespi (detto il Cerano), Antonio Campi, Ottavio Semino, Tanzio da Varallo, Marco Oggiono e altri.

L’improvviso declino

Dopo tanto splendore, ai primi dell’Ottocento, iniziò la vera ‘Via Crucis’ per questo monumento: con l’arrivo di Napoleone Bonaparte, l’8 giugno 1805, il convento e la chiesa furono confiscati, e l’Ordine francescano venne sciolto.

Cambio di destinazione d’uso

La proprietà dell’intero complesso passò al demanio dello Stato. La chiesa “gioiello” venne letteralmente vandalizzata: poche furono le opere che si riuscì a salvare e a trasferire alla Pinacoteca di Brera o al Museo di Arte Antica del Castello Sforzesco, le altre (la maggioranza) furono rubate, finendo in Francia, o andarono disperse perché distrutte nel vano tentativo di staccarle dalla parete. L’edificio sconsacrato venne utilizzato dapprima come magazzino d’artiglieria, poi come scuderia, quindi come ospedale, successivamente come scuola di equitazione ed infine, pure come maneggio.

Dopo l’Unità d’Italia, sotto i Savoia, il 15 maggio 1875, la proprietà dell’intero complesso passò all’Istituto Marchiondi-Spagliardi, un riformatorio per ragazzi difficili.

Una rara immagine della chiesa e del Pio Istituto di Santa Maria della Pace (che sarebbe in seguito diventato Istituto Marchiondi-Spagliardi)

Il tentativo di ricupero

Nel 1893, la chiesa e alcuni locali del vicino convento vennero ceduti alla Società Oratori Perosiani, che affidò ai fratelli Bagatti Valsecchi, nella loro veste di architetti, l’importante completo restauro della ex-chiesa.

Ndr. – La Società Oratori Perosiani fu fondata da Lorenzo Perosi. Questi era un sacerdote, insigne musicista, particolarmente portato per la musica sacra. Alla ricerca di un posto “più ecclesiastico di un teatro e più teatrale di una chiesa”, scelse questa ex-chiesa (Santa Maria della Pace) per l’esecuzione delle sue composizioni di musica sacra.

Il resto del convento (con refettorio ed i suoi quattro chiostri), rimase ancora per un decennio, a disposizione del riformatorio. Ad inizio Novecento parte di quei locali venne affittata pure ad una officina meccanica (adiacente a quell’area vi era lo stabilimento della Brown Boveri (nota azienda elettrotecnica svizzera). A partire dal 1907, il complesso monastico rimanente, venne acquistato dalla Società Umanitaria (istituita nel 1893), con il contributo del lascito testamentario del suo fondatore, il mecenate Prospero Moisè Loria, divenendo questa, da allora, la sede principale di una delle più importanti istituzioni culturali milanesi.

Sala da concerti

Tornando alla chiesa sconsacrata, nel gennaio 1900, completamente restaurata dai Bagatti Valsecchi, venne adibita a sala per concerti di musica classica. La chiamarono ‘Salone Perosi’.

Tra il 1900 e il 1906, ebbero luogo in questo Salone, molti concerti di musica perosiana: avendo davvero un’ottima acustica, il 16 novembre 1901 si tenne proprio in questa chiesa, l’esecuzione “in prima mondiale” dell’oratorio Mosè di Lorenzo Perosi sotto la direzione del Maestro Arturo Toscanini.

Perosi e Toscanini, davanti al Salone Perosi in occasione della prima del Mosè (1901).

L’unica traccia rimasta a tutt’oggi di quel periodo, è l’organo del 1891 di Pietro Bernasconi, restaurato a fine Novecento (1997) insieme alla resto della chiesa.

Ritorna alla sua funzione originale

Pare che per motivi fiscali, la Società Oratori Perosiani, fu costretta a interrompere i suoi concerti già nel 1906 e a cedere la proprietà, all’ordine delle Suore di Maria Riparatrice (una Congregazione fondata a Strasburgo nel 1857 da Emilia d’Outremont, con lo scopo di riparare le offese recate a Dio, dal genere umano). Nel 1907, la chiesa venne restituita alla sua funzione originaria, dopo la riconsacrazione solenne effettuata dall’allora arcivescovo di Milano Andrea Carlo Ferrari.

Com’era l’altare della chiesa nel 1939

Purtroppo però l’ubicazione della Chiesa, troppo vicina al già allora frequentatissimo palazzo di Giustizia, poco si addiceva al silenzio, all’isolamento e alla tranquillità della vita monacale, per cui l’Ordine, dopo un po’ di anni, decise il trasferimento delle suore in luogo più consono, sui colli vicino a Perugia.

I bombardamenti del 1943

La chiesa e il convento furono per fortuna preservati dalla distruzione. Ci furono danni, ma limitati alla distruzione di alcune Cappelle.

Cessione della chiesa alla Fondazione di Religione

E così siamo arrivati ad oggi. La chiesa, a metà degli anni settanta, è stata ceduta, come detto, alla Fondazione di Religione “Opera per la venerazione del Santo Sepolcro e dei Luoghi Santi” e concessa in uso all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (istituzione di Diritto Canonico dello Stato Pontificio).

Il complesso, oggi

Vista aerea del complesso. La chiesa fiancheggia la strada a sinistra, il resto è il convento con i 4 chiostri

La chiesa

Gli ultimi radicali restauri eseguiti nel 1997 a cura della Fondazione “Opera per la venerazione del Santo Sepolcro e dei Luoghi Santi”, proprietaria dell’edificio, hanno dato alla chiesa l’aspetto che vediamo oggi.

L’esterno – la facciata

Esternamente il luogo di culto, si presenta con frontale a capanna, molto simile a quello di altre chiese della zona, costruite in cotto, tipo quella di San Bernardino alle Monache, o san Pietro in Gessate, o ancora Santa Maria delle Grazie (prima dell’intervento del Bramante);  è sicuramente testimonianza di una tipologia di costruzione ispirata a forme che affondano le loro radici nella tradizione romanica e gotica lombarda.

Facciata di Santa Maria della Pace come è oggi

Prima dei restauri di Bagatti-Valsecchi del 1900, il portale in facciata, era preceduto da un pronao barocco sorretto da due colonnine tuscaniche. Il suo timpano, affrescato da Simone Peterzano (il maestro di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio), raffigurava la Madonna in trono col Bambino, fra i santi Filippo, Giacomo e un francescano. Traccia di dov’era il tettuccio del pronao è visibile ancora oggi distintamente: (vedi la diversa colorazione dei mattoni, a metà, fra la cima del portale e la base dell’apertura circolare sovrastante, che dovrebbe ospitare un rosone inesistente). Ai lati del portale, vi sono due alte monofore ogivali. Sul sagrato antistante il portale, si può notare, dal diverso colore della pietra, il disegno dell’insegna (a cinque croci) dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

A pavimento, sul sagrato, la croce dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme

L’interno – Navata unica e Cappelle

Un elemento importante che contraddistingue questa chiesa dalle altre simili cui si è precedentemente accennato, è che, malgrado le sue dimensioni importanti, ha un’unica grande navata.

NOTA
Ciò risulterebbe essere in accordo con il desiderio degli ordini predicatori (e i francescani erano fra quelli) di non avere pilastri e colonne ad ostacolare il contatto fra il predicatore e il suo pubblico, contatto che doveva essere il più diretto possibile, specie in un’epoca in cui certamente non esistevano né microfoni, né impianti di amplificazione. La presenza di colonne avrebbe ‘velato’ la voce del predicatore e ‘occultato la vista’ ai fedeli.

La chiesa, quindi, ha una volta a grandiose crociere costolonate, in effetti le più ampie che si conoscano e che fanno percepire lo spazio della navata come ancora più ampio di quello che è realmente.

Una veduta generale dell’interno della chiesa di Santa Maria della Pace
Le insegne delle varie sezioni dell’Ordine in Italia

La profondità dell’ambiente, è esaltata da una successione di cinque campate con volta a crociera cordonate su archi a testa ogivale (coperta con affreschi del XV secolo raffiguranti dei Soli radianti con all’interno le scritte PAX (pace in latino) e IHS (indicante il nome ΙΗΣΟΥΣ cioè “Iesous”, Gesù, in lingua greca antica e caratteri maiuscoli). Infine, sette cappelle laterali a forma semiottagonale (di cui solo una consacrata), le altre, non accessibili al visitatore, sono attualmente adibite ad uffici della congregazione.

Il presbiterio, rifatto in stile moderno, dopo il Concilio Vaticano II, appare rialzato di alcuni gradini rispetto al resto della chiesa ed occupa la quinta campata della navata (preclusa al pubblico); esso ospita l’altare maggiore marmoreo e, sulla destra di chi guarda, l’ambone ligneo (tribuna usata per la lettura dei testi sacri o per la predica). Alle spalle del presbiterio, l’abside a pianta rettangolare, coperta con volta a botte riccamente decorata con affreschi del Seicento.

Il particolare di un candelabro

Quadri ed affreschi

Purtroppo, come già detto, è rimasto pochissimo degli affreschi che adornavano le pareti di questa chiesa. Quello che i francesi non sono riusciti a rubare o distruggere, è ora in parte conservato a Brera e in parte in altri musei anche fuori Milano. Non rimane che andare a fare una visita alla Pinacoteca di Brera e lavorando di fantasia, immaginare come doveva essere …..

Le opere del Luini ad esempio, risalenti al periodo 1516-1521, che erano presenti in una cappella dedicata a San Giuseppe in questa chiesa, sono visibili oggi traslate alla Pinacoteca di Brera in una copia della cappella stessa, lì ricostruita dal Portaluppi e dal Ricci, a inizio Novecento.

Sempre a Brera, è visibile oggi l’Adorazione dei Magi di Marco di Oggiono che, pare facesse parte delle decorazioni andate perdute, di un’altra delle cappelle.

Gaudenzio Ferrari, fu l’autore delle magnifiche decorazioni di una delle cappelle dedicata alla Nascita della Vergine: sempre a Brera è possibile ammirare le Storie di Sant’Anna e San Gioacchino, (genitori di Maria) che risalgono al 1540-1545.

Una parte ancora affrescata della chiesa (oltre alle tipiche decorazioni a sole raggiato sulla volta e le evidenziazioni dei costoloni) è rappresentata dalla volta del coro, affrescata dai Fiammenghini con scene delle Storie della Vergine, sovrastate dai Profeti e da altre figure di Girolamo Chignoli.

Le uniche opere di particolare pregio rimaste in questa chiesa, sono quelle visibili nell’abside a pianta rettangolare, coperta con volta a botte riccamente decorata con affreschi di Tanzio da Varallo, realizzati tra il 1630 e il 1633, pittore secondo solo a Caravaggio quanto ad effetti luce ed intensità di espressione. Si tratta di autentici capolavori ‘Adorazione dei Magi’, ‘Gloria in Excelsis’, e ‘Adorazione dei pastori’ (opere che peraltro non visibili da vicino, non essendo consentito accedere all’altare).

‘Adorazione dei Magi’, ‘Gloria in Excelsis’, e ‘Adorazione dei pastori’ di Tanzio da Varallo

Di particolare interesse e pressoché sconosciute, anche perché precluse alla vista, sono poi le decorazioni della sesta e settima cappella. Entrambe queste cappelle non sono accessibili essendo oggi riservate agli uffici di rappresentanza della Luogotenenza per l’Italia Settentrionale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Al centro del soffitto della sesta cappella, è posto un ottagono con la figura del Cristo Giudice: tutt’intorno, figure delle Storie di San Pietro, il tutto attribuibile al genovese Ottavio Semino. Entrambi queste opere risalgono al periodo della Controriforma (seconda metà del Cinquecento), inserendosi nell’ottica del rinnovamento che le chiese milanesi conobbero con Carlo Borromeo.

Un quadro di autore ignoto, ma non per questo meno interessante, risalente al XVI secolo, è presente nell’unica cappella consacrata: si tratta della ‘Madonna della Pace’. Quadro questo che da solo, potrebbe giustificare il nome assegnato alla chiesa. Si tratta di una Madonna col Bambino, abbastanza particolare. Lei, in piedi, (con un abito davvero unico, in pizzo eseguito ripetendo numerose volte su dei rombi, la parola Pax) mentre osserva amorevolmente il Bambino, a terra (col dito in bocca), adagiato sul guscio di una mandorla (a mo’ di culla), da cui si dipartono dei raggi di luce.

La cappella laterale consacrata
Quadro della Madonna con bambino

Curiosità

Tabernacolo

L’altare è privo di tabernacolo (sembra ne esista uno, nell’unica cappella laterale visibile, anche se personalmente non lo ho visto). Dicono sia comunque possibile fare la comunione durante le funzioni, verificando quanti sono i presenti che potrebbero farla, quindi portando un piattino con le ostie contate. …

Divisorio centrale

Sono state ritrovate tracce di un divisorio (ora scomparso) probabilmente a metà fra la seconda e terza campata della navata, atto a separare la parte di chiesa riservata ai soli frati, da quella riservata ai fedeli (stile chiesa di San Maurizio).

Le bandiere

La singolare presenza delle bandiere, a parte il ‘tocco’ di vivacità e di folclore, oltre ad indicare alcune delle nazioni in cui è presente l’Ordine, sembrerebbe avere una funzione pratica difficilmente intuibile se non spiegata da chi pare essere un esperto. [Ndr. – Non avendo specifiche competenze in merito, ma ritenendola plausibile, la riporto come mi è stata riferita].
Pare che inizialmente, per le esigenze del Salone Perosi, l’organo fosse celato alla vista, sistemato in una fossa creata ad hoc, dietro l’altare maggiore. Nell’opera di ristrutturazione, operata successivamente, l’organo è stato spostato e sistemato in posizione sopraelevata nella parte absidale. Sono state anche aggiunte delle canne mancanti, dei registri e pulsanti vari alla consolle. Al momento della prova acustica, il dramma … il suono risultava abbastanza distorto, o meglio, non adeguato al nome altisonante di un Bernasconi. La sistemazione delle bandiere ha fatto sì che l’acustica diventasse perfetta. Pare che ora (con la presenza delle bandiere), il suono dell’organo sia meraviglioso!

Il Convento francescano

Facendo parte del complesso monumentale, merita sicuramente un accenno pure il convento associato alla chiesa, anche se ora fa parte di una struttura totalmente separata essendo stata acquistata, come già detto, a inizio Novecento, dalla Società Umanitaria. Alla sinistra dell’ingresso di via San Barnaba 46, c’è attualmente un cancello normalmente aperto, che permette di accedere al convento, percorrendo la stradina che fiancheggiante il muro esterno della parte absidale della chiesa di Santa Maria della Pace.

I chiostri

Varcato l’ingresso, un lunghissimo porticato consente l’accesso a quattro bellissimi chiostri, incredibile oasi di pace e tranquillità, a pochi metri dal trambusto cittadino.

Il refettorio

Molto interessante da visitare è l’ex-refettorio o il cosiddetto Salone degli Affreschi, del tutto simile, anche per dimensioni, a quella del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie. Anche qui, le due pareti più corte del refettorio, un tempo erano decorate con due grandi affreschi, un’Ultima Cena e una Crocifissione posti alle estremità del salone. Purtroppo uno dei due, l’Ultima Cena di Giovanni Paolo Lomazzo, originariamente sopra l’ingresso del salone, nell’agosto del 1903, venne staccato dalla parete e trasportato al refettorio di Santa Maria delle Grazie; qui venne distrutto durante i ripetuti bombardamenti su Milano della Seconda Guerra Mondiale. Di questo affresco, rimangono ora soltanto i disegni preparatori (le sinopie). Sulla parete di fronte, c’è una Crocifissione di scuola leonardesca, attribuita inizialmente a Marco d’Oggiono e datata 1510. Solo recentemente l’affresco è stato attribuito al vigevanese Bernardino Ferrari, pittore cinquecentesco che ricorda l’analoga opera di Donato Montorfano del refettorio a Santa Maria delle Grazie, soprattutto nella suddivisione degli spazi, pur rielaborando il tema con modalità assolutamente personali. A soffitto sono visibili raffinate decorazioni di finta architettura che ricalcano vagamente il disegno della volta della chiesa.

Il Salone degli Affreschi è oggi utilizzato per conferenze, mostre, show-room, riunioni aziendali, sala concerti, ecc.

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Note

Le fondazioni di religione

Questi enti, che si fondano su una massa patrimoniale destinata al perseguimento di un fine di culto, possono ottenere il riconoscimento in sede civile se dimostrano di avere: la sufficienza dei mezzi per il raggiungimento del fine e la rispondenza alle esigenze religiose della popolazione.
Se il primo requisito non si differenzia da quello richiesto per gli altri enti, l’accertamento del secondo, svolto dalla pubblica amministrazione, implica l’esame di diversi elementi: il rapporto tra il fine che si intende perseguire e i bisogni della popolazione per la quale la fondazione nasce, il rapporto tra i mezzi a disposizione e la popolazione per la quale la fondazione intende operare, ecc…

Questo il riconoscimento in Gazzetta Ufficiale della personalità giuridica della fondazione di religione “Opera per la venerazione del Santo Sepolcro e dei Luoghi Santi”.

Le origini storiche dell’Ordine

Le origini storiche dell’Ordine rimangono ancora oscure, anche se una tradizione senza basi documentarie le fa risalire alla prima crociata. In realtà, i primi documenti che attestano un’investitura di Cavalieri denominati “del Santo Sepolcro” sono del 1336.  Da quando l’esistenza dell’Ordine è così testimoniata, vale a dire dal XIV secolo, i papi hanno progressivamente e regolarmente manifestato la loro volontà di annettere giuridicamente la sua organizzazione alla Santa Sede.
L’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ha sempre beneficiato, infatti, della protezione dei sommi pontefici che, nel corso dei secoli, l’hanno riorganizzato, amplificando ed arricchendo i suoi privilegi. Clemente VI affidò ai religiosi francescani la cura di servire il Santo Sepolcro nel 1342, ma quella era ancora l’epoca in cui solo i Cavalieri potevano conferire l’Investitura ad altri membri dell’Ordine. Alessandro VI si dichiarò moderatore supremo dell’Ordine nel 1496, e delegò ai francescani il potere di conferire il cavalierato ai nobili e gentiluomini in pellegrinaggio in Terra Santa (potere di  investitura). La conferma verbale o con bolla di questo privilegio francescano fu rinnovata da Leone X nel 1516, da Benedetto XIV nel 1746, fino alla ricostituzione del Patriarcato Latino di Gerusalemme da parte di Pio IX nel 1847.
La delega pontificia fu allora trasferita al Patriarca poi, nel 1868, Pio IX fece conoscere diffusamente la ricostituzione dell’Ordine con lettere apostoliche. Il cavalierato si aprì con la nomina delle Dame del Santo Sepolcro grazie a Leone XIII, nel 1888. Pio X inoltre decise nel 1907 che il titolo di Gran Maestro dell’Ordine sarebbe appartenuto al Papa stesso.Nel 1932 Pio XI approvò i nuovi statuti e permise a Cavalieri e Dame di ricevere l’Investitura nei loro luoghi di appartenenza, dunque non più solamente a Gerusalemme. Pio XII nominò nel 1940 un cardinale come Protettore dell’Ordine, centralizzando l’organizzazione a Roma, nell’ambito del Gran Magistero,  trasferendo il titolo di Gran Maestro al cardinale Canali. Giovanni XXIII approvò i nuovi statuti presentati dal cardinale Tisserant nel 1962. Con il rinnovamento conciliare furono pubblicati nuovi statuti da Paolo VI nel 1977. In seguito Giovanni Paolo II concesse all’Ordine la personalità giuridica vaticana. Oggi l’Ordine cerca di favorire maggiormente l’impegno dei suoi membri nelle Chiese locali  auspicando la loro santificazione. E’ questa la ragione essenziale e profonda che ha motivato il riesame degli statuti all’epoca della « Consulta » del 2013.

 Le finalità attuali dell’Ordine

L’Ordine ha per scopo di:

  • rafforzare nei suoi membri la pratica della vita cristiana, in assoluta fedeltà al Sommo Pontefice e secondo gli insegnamenti della Chiesa, osservando come base i principi della carità dei quali l’Ordine è un mezzo fondamentale per gli aiuti alla Terra Santa.
  • Sostenere ed aiutare  le opere e le istituzioni culturali, caritative e sociali della Chiesa Cattolica in Terra Santa,  particolarmente quelle del Patriarcato Latino di Gerusalemme, con il quale l’Ordine mantiene legami tradizionali.
  • Zelare  la conservazione e la propagazione della fede in quelle terre, interessandovi i cattolici sparsi in tutto il mondo, uniti nella carità dal simbolo dell’Ordine, nonché tutti i fratelli cristiani.
  • Sostenere i diritti della Chiesa Cattolica in Terra Santa.
  • L’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme è l’unica Istituzione laicale dello Stato Vaticano a cui, come già detto, è affidato il compito di sopperire alle necessità del Patriarcato Latino di Gerusalemme e di tutte le attività ed iniziative a sostegno della presenza cristiana in Terra Santa. Le oblazioni dei suoi membri rappresentano dunque la principale fonte contributiva istituzionale del Patriarcato.

[ rif. – www.vatican.va/roman_curia/institutions_connected/oessh/cenni_storici.html ]

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