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L’influsso francese, nella Milano austriaca

Premessa

Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza“… E’ questa, la domanda di fondo, senza risposta, che si pone l’Alessandro Manzoni, nella sua Ode “Il Cinque Maggio”, a proposito di quel “Ei fu”, l’uomo Napoleone, indiscusso arbitro della storia, a cavallo di due secoli diversissimi fra loro, in tutto, il ‘700 e l’800, l’un contro l’altro armati.

E’ ricorso proprio in questi giorni, il duecentesimo anniversario della morte del grande condottiero francese. Fu poi, come insinuano certe voci, fatto avvelenare dagli inglesi, quel 5 maggio 1821, nella  Longwood House di Sant’Elena ove lo avevano relegato, o forse morì, naturalmente, di cancro allo stomaco, male questo, di cui soffriva da tempo? Probabilmente non lo sapremo mai!

A parte le guerre, le conquiste, e le vittorie di Napoleone, che inevitabilmente hanno portato sconvolgimenti politici, lutti e distruzioni in tutta Europa, cosa ci è rimasto di tutto questo sconquasso? Solo macerie? No di certo, c’è anche qualche aspetto positivo, di cui tutti, magari inconsapevolmente, godiamo oggi. Proviamo a metterci nei panni del popolo oppresso, che sbarcava il lunario vivendo alla giornata, con paghe da fame, rincasando distrutto, dopo dieci o più ore di duro lavoro. A prima vista, la vita doveva essere proprio grama, in quei cento anni così turbolenti, a cavallo del 1800! Già l’essere soggetti a dominazione straniera, come lo era Milano in quel periodo, significava per la gente, il dover sottostare alle bizze del reggente di turno, non sempre molto “illuminato”. Era pesante il dover subire passivamente editti e disposizioni senza una motivazione plausibile, l’accettare l’imposizione di pesanti e spesso assurdi dazi, persino sul panino proprio portato da casa fuori le mura, per evitare di doverlo comprare in città, a prezzo maggiorato. E tutto questo, solo per rimpinguare, alle spalle dei poveracci, le casse sempre esauste di uno Stato straniero sanguisuga, incurante delle frequenti pestilenze e carestie che deprimevano ulteriormente un’economia già disastrata, nonché un’infinita serie di balzelli, creati al solo scopo di foraggiare le continue campagne militari del Sovrano o dell’Imperatore, sì da ridurre il popolo alla fame.

La situazione prima dell’arrivo di Napoleone

A pensarci, vivere in quei tempi, non doveva essere davvero così semplice! A cominciare dagli infiniti problemi nel quotidiano … in una società dove la percentuale di povera gente era altissima e ll tasso di analfabetismo superava il 90% della popolazione. Anche la spesa spicciola per costoro, diventava spesso un problema sia per le quantità, che per la moneta. Non era certo il nome dell’unità di misura usata, fosse essa di lunghezza, superficie, peso, o capacità, a spaventare. La truffa era sempre dietro l’angolo, prendendo di mira i poveracci che non sapendo far di conto, non potevano che fidarsi.

La verità era che non si era mai voluto seriamente mettere mano a un sistema standard di misure. Il risultato era sconfortante; la stessa unità di misura aveva valori diversi non solo fra Stati confinanti, il che avrebbe potuto pure essere accettabile, ma addirittura fra città vicine della stessa Lombardia! Un esempio per tutti: l’unità di misura della lunghezza non era il nostro “metro”, ma il “braccio milanese”. Fino al 1781 la medesima lunghezza in braccia milanesi a Milano, era diversa dall’analoga lunghezza misurata a Pavia, piuttosto che a Cremona, a Como o a Lodi, senza poi contare che ognuna di queste località aveva tre diversi tipi di braccio (da seta, da panno o da fabbrica), tutti e tre rigorosamente di differente lunghezza in ogni luogo!
il braccio o piede era diviso in 12 once, ogni oncia da 12 punti, ogni punto in 12 atomi; come multipli il trabucco di 6 piedi, e il miglio lombardo di 3000 braccia 

L’unità di misura della LUNGHEZZA : braccio milanese.
Solo a partire dal 1781, Paolo Frisi  (uno degli illuministi dell’Accademia dei Pugni), stabilì un rapporto fisso di 1/3116 tra la lunghezza del braccio milanese e il miglio d’equatore (lunghezza dell’arco di equatore corrispondente a un minuto d’arco di longitudine, cioè circa 1 855,325 m).

L’unità di misura di SUPERFICIE per i terreni: pertica milanese si divideva in: 24 tavole, la tavola in 12 piedi, il piede, in 12 once

L’unità di misura del PESO : libbra da 24 once oppure libbra leggera da 12 once.

L’unità di misura della CAPACITA’ per i liquidi : brenta  pari a 112 libbre da 24 once

Ndr. – Si sarà notato l’incredibile uso dell’oncia intesa da un lato come misura di lunghezza, ma pure di peso superficie e infine di capacità, una confusione davvero assurda!

Per non parlare poi dei pagamenti, poiché, nelle transazioni di qualunque tipo, era ancora in uso il vecchio sistema carolingio. Come faceva la povera gente analfabeta a districarsi in mezzo a tutti questi rebus? Era evidente che il mercato era un autentico paradiso per i truffatori scaltri!
Il pagamento in moneta, in realtà, non si poneva tanto per il popolino, che, acquistando sempre gli stessi prodotti di prima necessità, alla fine, maneggiava sempre quei pochi spiccioli di cui disponeva, quanto per chi svolgeva scambi ed attività commerciali all’ingrosso, gente che “sapeva far di conto”, per i quali, ovviamente, il giro di danaro era molto più consistente, e il rischio di prendere cantonate, era decisamente più elevato. Le relazioni commerciali che si facevano con gli Stati vicini, imponevano un attento calcolo dei rischi sulla convenienza o meno dell’acquisto di una partita di prodotti da un fornitore piuttosto che da un altro. La cosa non era per nulla semplice, sia per le diverse unità di misura utilizzate, che per la moneta di scambio, che naturalmente era differente, visto che ogni Stato batteva moneta propria!

Prima dell’Unità d’Italia, i lombardi subirono un lunghissimo periodo di dominazioni, dapprima spagnola dal 1560, quindi austriaca dal 1706 al 1859, intervallata quest’ultima, da un ventennio di dominazione francese (1796 – 1814).

Fu proprio la “ventata” di quel ventennio di dominazione napoleonica a portarci indirettamente, all’unificazione dell’Italia. Il radicalismo di certe posizioni, propugnate dalla Rivoluzione francese con l’abbattimento del feudalismo e della vecchia monarchia, avvenuti in Francia nell’ultimo decennio del Settecento, oltre a creare uno sconvolgimento culturale, sociale e politico, portò a numerose innovazioni in vari campi. Queste, esportate dal Bonaparte in Italia e nell’ Europa conquistata, vennero salutate dal popolo lombardo, come un soffio di libertà. Furono apprezzate al punto, che il ritorno alle vecchie abitudini, imposto dalla Restaurazione alla caduta di Napoleone, fu interpretato come un soffocamento di quello spicchio di libertà, cui la gente ormai si era abituata, e finì col provocare malcontenti e disordini, che sfociarono nell’arco di circa quarant’anni, in movimenti d’insurrezione vari, sino alla definitiva cacciata dello straniero.

L’introduzione del sistema metrico decimale (S.D.M.)

In passato, come si è già visto, la presenza di valori diversi per la stessa misura non solo fra Stato e Stato, ma pure fra località diverse della stesso Lombardo-Veneto, rendeva molto difficoltosi gli scambi commerciali, senza contare i problemi di moneta nelle compravendite.
Per queste ragioni, trovò terreno molto favorevole, l’idea dei francesi di far adottare delle unità di misura uniche, che se riconosciute da tutti, avrebbero facilitato gli scambi commerciali fra i vari paesi.
Così in Francia, nel 1775, fu costituita una commissione di scienziati, presieduta da Luigi Lagrange, con l’obiettivo di definire in maniera univoca le varie unità di misura

Il sistema metrico decimale venne introdotto ufficialmente in Francia a partire dal 1795 e trovò subito largo consenso. Napoleone, appena salito al potere, per favorire gli scambi commerciali fra la madre Patria ed i paesi satelliti, impose in tutti i territori conquistati e quindi anche in Italia. l’applicazione del sistema metrico decimale (S.D.M.), già operativo Oltralpe, con unità di misure standard di lunghezza (metro), di capacità (litro), di peso (grammo), ecc ufficialmente accettate e riconosciute da tutti.

Ma a differenza di quanto si è usualmente portati a considerare, l’S.D.M. non si limitava unicamente ai pesi e alle misure, ma in effetti il sistema decimale era applicabile, col medesimo concetto di rapporto uno a dieci, uno a cento, uno a mille, ove attuabile, pure alla moneta, o al calendario, o all’unità di tempo!

A dire il vero, per quanto riguarda il calendario, chiamato anche calendario repubblicano, venne introdotto a Milano, ma la cosa, per fortuna dei milanesi, durò poco, giusto il tempo della durata della prima Repubblica francese (1792 – 1804). Morta la prima Repubblica, con la nomina di Napoleone Imperatore di Francia, morì di conseguenza anche il calendario repubblicano e si tornò al vecchio calendario gregoriano! Per quanto riguarda l’unità di tempo, seppur studiata da eminenti scienziati, rimase in vita per soli tre anni non riuscendo mai a decollare, probabilmente per la forte opposizione riscontrata nell’opinione pubblica e fra gli stessi orologiai. Vi sono ancora oggi, tracce di questo tentativo di adeguamento non a Milano ma in area torinese, a Chivasso. Per quanto riguarda la moneta invece, l’Imperatore non pretese la creazione di una moneta unica valida ovunque, tipo l’Euro, bensì la definizione di uno standard di multipli e sottomultipli di 10, uguale dappertutto. Fino al 1795, in tutta Europa era ancora in vigore un sistema vecchio di mille anni, chiamato riforma monetaria carolingia.

Il sistema decimale monetario fu adottato subito dalla maggior parte dei paesi del mondo, con esclusione del Regno Unito (notoriamente conservatore e strenuo difensore del suo sistema carolingio), e dell’America, che hanno continuato ad impiegare, rispettivamente, il sistema di misura inglese e quello americano.

Ndr. – Il Regno Unito, a dire il vero, dopo 170 anni di beato isolazionismo, adottò il sistema metrico decimale il 15 febbraio 1971, giorno passato alla storia come il ‘D. Day’ (non è lo sbarco in Normandia!) … ma il ‘Decimalisation Day’ o, come lo chiamano loro, il ‘Disaster Day’!

Tornando quindi alle ripercussioni di queste novità sulla vita di ogni giorno, è immaginabile e comprensibile il trauma per la gente, di un cambio così radicale. A parte lo sgomento iniziale, comunque la novità dell’introduzione del sistema metrico decimale venne recepita in maniera molto positiva, grazie essenzialmente alla sua semplicità. Questo ne favorì la rapida diffusione, fondandosi su unità di misura legate ai propri multipli e sottomultipli dal rapporto di uno a dieci, uno a cento, uno a mille.

La moneta

L’Italia del Settecento era ancora ben lontana dall’essere unificata …. era un mosaico di Stati sovrani, ognuno con la propria moneta (vedi Nota 1), con nomi diversi …. La babele di monete era davvero incredibile: baiocco, carantano, carlino, doppia, ducato, fiorino, franceschino, francescone, lira, lirazza, marengo, onza, paolo, papetto, piastra, quattrino, scudo, soldo, tallero, testone, zecchino. Queste non erano tutte, ma solo alcune delle monete italiane in circolazione in quegli anni nel Bel Paese! Riuscire a raccapezzarsi in mezzo a tutte queste monete, non doveva essere semplicissimo per nessuno, nemmeno oggi con la calcolatrice a portata di mano!

Per fortuna, quasi mille anni prima, nel 774, ci aveva pensato un lungimirante Pipino il Breve, che aveva iniziato una riforma monetaria, proseguita e completata da poi suo figlio Carlo Magno fra il 781 ed il 795.

Riforma monetaria carolingia

Carlo Magno (re dei Franchi, poi anche dei Longobardi, e dall’800 pure Imperatore del Sacro Romano Impero), con questa riforma, chiamata ‘riforma monetaria carolingia’, riuscì a coinvolgere tutti gli Stati europei dell’epoca, rappresentando la prima unificazione monetaria a livello europeo, dopo il marasma delle invasioni barbariche, che aveva portato soprattutto l’Italia, ad un livello di sottosviluppo senza pari.

Il “denaro”

Data l’estrema rarità dell’oro in quel periodo, questa unificazione monetaria era basata sulla creazione un’unica moneta d’argento, chiamata ‘denaro’. ll fatto che tale moneta non avesse né multipli né sottomultipli, non rappresentava un problema. Era ben accetto in un’economia sottosviluppata, dove gli scambi commerciali erano spesso basati sul baratto, e dove spesso il ‘denaro‘ veniva utilizzato ad integrazione del baratto stesso.

denaro d’argento carolingio

Quella riforma monetaria imponeva pertanto che, chiunque avesse portato una libbra (unità di peso) d’argento presso una qualsiasi zecca, aveva diritto gli venissero consegnati 240 ‘denari’. Quindi, da quel momento, si iniziò a considerare un ‘denaro’ come 1/240 di libbra.   

Da ‘Libra’, intesa come unità monetaria, deriva la nostra vecchia ‘Lira’ (siamo alla preistoria del nome della ‘Lira’, che dal punto di vista monetario, era puramente un’unità fittizia). Il peso della libbra carolingia era pari a 408 grammi. Il primo ‘denaro’ carolingio pesava 408 : 240 = gr. 1,7. di una lega con circa 950/1000 di argento puro. Un ‘soldo’, invece, era un multiplo corrispondente a 12 ‘denari’, o a 1/20 di ‘lira’.
Solo il ‘denaro’ era la vera e propria moneta coniata nell’impero (era il mezzo di pagamento), mentre la lira e il soldo erano solamente (unità di conto) fittizie usate nella stipula di contratti o altro. Le emissioni erano condizionate dalla disponibilità sul mercato del raro metallo prezioso. Il valore del denaro era naturalmente rapportato alla disponibilità del metallo prezioso

Ndr. – Una unità di conto è un numerico standard per la misurazione del valore di mercato di beni e servizi.

La scoperta dell’oro

Alla fine del XV secolo, la via dell’Africa, percorsa soprattutto da genovesi e portoghesi, o la via delle Americhe (1492), percorsa principalmente dagli spagnoli, portarono sul mercato internazionale notevoli quantità di oro e di argento a basso costo. Per cui le monete d’oro si cominciarono a vedere sul mercato, a partire dall’inizio del XVI secolo.

Originariamente, il valore della moneta corrispondeva al valore del metallo prezioso usato per coniarla (valore intrinseco). Quindi a parità del numero di grammi, una moneta d’oro valeva più di una d’argento e molto più di una di rame o bronzo (lega rame-stagno)! Tale corrispondenza di valore era naturalmente una garanzia per i commercianti che accettavano di buon grado il pagamento con monete di metallo prezioso, dato il valore riscontrabile. del metallo stesso.

Aderendo anche il Ducato di Milano alla riforma monetaria carolingia, poiché da una libbra (peso) si ottenevano alla zecca 240 denari, si iniziò a far equivalere 240 denari a una “lira” (unità di conto). Senza voler fare tutta la storia di queste monete, ecco quali erano le monete a corso legale, circolanti a Milano nel XVIII secolo :

Alle monete italiane già esistenti …

Lira Soldo Sesino Quattrino Sestino Denaro
1 = 20 = 40 = 60 = 120 = 240
1 = 2 = 3 = 6 = 12

cioè 1 lira, erano 20 soldi o 40 sesini ecc… ,
Bisogna aggiungere le monete austriache in circolazione ai tempi di Maria Teresa: il fiorino, la svanzica, il kreuzer, e il Pfennig.

Fiorino Svanzica Kreuzer Pfennig
1 = 3 = 60 = 240
1 = 20 = 80

Per la cronaca, la svanzica (dal tedesco zwanzig kreuzer cioè venti kreuzer) era una moneta d’argento diffusa nell’Impero austro-ungarico e quindi anche nei territori italiani occupati (cioè il Ducato di Milano),

La svanzica

Fiorino e Lira equivalevano verso il 1715 … poi la Lira cominciò a svalutarsi progressivamente e, ad inizio 1800, già ci volevano 3 Lire per 1 Fiorino!

fiorino d’argento equivalente a 60 soldi

Già da queste due semplici tabelle, ci si può rendere conto della complessità del sistema monetario in vigore in Lombardia, prima dell’introduzione del sistema decimale monetario

Il cambio di sistema da carolingio a decimale, risultato così semplice, venne salutato con grande favore dal popolo. .

A partire dal 1805 , in seguito all’incoronazione di Napoleone a Re d’Italia, la Zecca di Milano coniò, il ‘Doppio Marengo’ d’oro da 40 Lire.

Doppio Marengo d’oro 1808 – La M sotto la data, indica la zecca di Milano

Con la riforma decimale monetaria diffusa in Italia, il soldo divenne pari a 5 centesimi e 20 soldi formavano una lira.

L’adeguamento dell’Europa

Nel Lombardo-Veneto, dopo la caduta di Napoleone, al loro ritorno, gli Austriaci al momento della Restaurazione, non ebbero coraggio di riproporre ai lombardi il vecchio sistema monetario in vigore prima del 1796! Anzi cominciarono a far circolare per Milano le prime nuove monete d’argento da 20, 10, 5 kreuzer, segno questo, che pure loro, pur essendo strenui nemici del condottiero corso, avevano implicitamente riconosciuto la validità del sistema decimale monetario, che lui aveva imposto d’autorità ai vinti. Seguirono a ruota, dopo gli austriaci, tutte le altre nazioni dello scacchiere europeo.

20 Kreuzer d’argento 1832 Lombardo-Veneto

Vittorio Emanuele I di Savoia, l’unico contro corrente

L’unico fra i regnanti europei che, una volta caduto Napoleone nel 1814, abrogò immediatamente il sistema decimale ripristinando il retaggio monetario settecentesco sabaudo, fu Vittorio Emanuele I di Savoia, da sempre, strenuo oppositore di Napoleone. Volle subito dare quindi corso alla coniazione di doppie d’oro da 24 lire e mezzi scudi d’argento da 3 lire. Ma questo tentativo di Restaurazione monetaria durò giusto il tempo di un anno, trovando una netta opposizione tra i suoi stessi sudditi, ormai da anni abituati al facile sistema decimale napoleonico. Per evitare movimenti insurrezionali popolari, delusissimo, fu obbligato dal popolo, a fare marcia indietro, ripristinando l’odiato sistema decimale monetario.

Il calendario rivoluzionario (o repubblicano)

Il calendario repubblicano fu una delle prime cose introdotte in Francia, dopo l’abolizione de l’Ancien Régime (l’antica monarchia feudale), votato il 21 settembre 1792, a un mese e poco più di distanza dalla presa del Palazzo delle Tuileries (10 agosto) e un giorno dopo la vittoria della Francia rivoluzionaria, contro le forze della prima coalizione austro-prussiana, nella battaglia di Valmy (20 settembre) . Il primo giorno dell’anno repubblicano fu il 1° Vendemmiaio Anno I, ovvero il 22 settembre 1792.

Il dibattito sulla razionalizzazione del calendario è antico e già nell’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert se ne sollecitava una divisione razionale decimale. I rivoluzionari considerarono l’istituzione del nuovo calendario come momento di rottura, che segnava la fine dell’Era Cristiana e l’inizio del Tempo Nuovo. Esemplari le parole di Gilbert Romme: “L’Era Volgare fu l’Era della crudeltà, della menzogna, della perfidia e della schiavitù; essa è finita con la monarchia, sorgente di tutti i nostri mali (….) la nomenclatura (antica) è un monumento di servitù e d’ignoranza alla quale i popoli hanno successivamente aggiunto il segno del loro avvilimento”. Per contro il tempo nuovo nasceva il giorno dell’equinozio “così l’uguaglianza del giorno e della notte era segnata nel cielo nello stesso momento in cui l’uguaglianza civile e morale è proclamata dai rappresentanti del popolo francese come il fondamento consacrato del suo nuovo giorno” (Romme “rapporto sull’Era della Repubblica” tenuto alla Convenzione il 20 settembre 1793). In quest’atto si fondavano diverse motivazioni: da quelle anticristiane, con l’abolizione delle festività religiose e in particolare della domenica; a quelle razionalizzanti; dalla volontà di rommpere in maniera inequivocabile col passato, e segnare l’inizio dell’Umanità Nuova; a quella più prosaica di aumentare i giorni lavorativi, più numerosi che nel calendario tradizionale. [rif. – Antichità Santoro]

Napoleone impose l’uso di questo nuovo calendario fin dal suo arrivo in Italia nel 1796, ma non ebbe vita lunga come vedremo.

L’antico calendario gregoriano [ ndr. – il calendario che usiamo oggi ] , quel retaggio arcaico, che attribuiva ai mesi il nome di divinità pagane (gennaio, febbraio, marzo, ecc.), era, nella visione rivoluzionaria, il frutto di una società antiquata, piena di superstizioni e soprattutto ancora legata al concetto di “diritto divino” e al sistema feudale, ricordo del passato. Bisognava quindi modificare radicalmente questo sistema di scansione temporale, sostituendovi un conteggio basato sulla scienza e sulla razionalità, ma soprattutto sulla natura e sulla realtà dei fatti.

Lo spirito della Rivoluzione, che aveva già portato all’adozione del Sistema Metrico Decimale, si allargò con la Prima Repubblica, pure al calendario. Il nuovo calendario repubblicano venne ufficialmente adottato il 24 ottobre del 1793, rimanendo in vigore fino alla sua sospensione al 1 gennaio 1806, ad opera di Napoleone Bonaparte, in seguito alla caduta della prima Repubblica. Al suo posto venne ripristinato il calendario gregoriano, ancora oggi in uso in Francia. Il calendario repubblicano venne elaborato da una commissione scientifica composta, tra gli altri, anche da Joseph-Louis Lagrange e Pierre Simon Laplace e presieduta da Gilbert Romme, professore di matematica.

La riforma fu motivata, come dichiarò Gilbert Romme, dal fatto che il tempo nuovo determinato dalla Rivoluzione doveva «incidere con un nuovo bulino gli annali della Francia rigenerata», rinnegando «l’era volgare, era della crudeltà, della menzogna, della perfidia, della schiavitù; essa è finita con la monarchia, fonte di tutti i nostri mali». [rif. Wikizero]

Capodanno = Equinozo d’autunno

Il Capodanno repubblicano coincideva con l’equinozio d’autunno del calendario gregoriano e gli anni erano composti di 365 giorni suddivisi in 12 mesi ciascuno di 30 giorni, a cui, a fine anno, si aggiungevano 5 giorni. I nomi attribuiti ai mesi si basavano sulle condizioni climatiche francesi e sulla successione delle stagioni: vendemmiaio, brumaio, frimaio, nevoso, piovoso, ventoso, germinale, fiorile, pratile, messidoro, termidoro, fruttidoro.

L’Illuminismo aveva contrassegnato l’ideologia su cui si era basata la Rivoluzione. In conformità al pensiero “illuminato“, perciò, era necessario introdurre un calendario scevro da superstizioni e convenzioni sociali, basato invece sul naturale scorrere del tempo e delle stagioni, nonché sui cicli del raccolto.

Nel calendario rivoluzionario, i tre mesi appartenenti alla stessa stagione, avevano il medesimo suffisso:

  • aire  per i mesi autunnali
  • ose  per i mesi invernali
  • al  per i mesi primaverili
  • idor per i mesi estivi

Così erano dunque chiamati i mesi: fra parentesi, il corrispondente intervallo di tempo fisso, di 30 gg.

  • VendémiaireVENDEMMIAIO (dal 22 settembre al 21 ottobre)
  • BrumaireBRUMAIO (dal 22 ottobre al 20 novembre)
  • FrimaireFRIMAIO (dal 21 novembre al 20 dicembre)
  • NivôseNEVOSO (dal 21 dicembre al 19 gennaio)
  • PluviôsePIOVOSO (dal 20 gennaio al 18 febbraio)
  • VentôseVENTOSO (dal 19 febbraio al 20 marzo)
  • GerminalGERMINALE (dal 21 marzo al 19 aprile)
  • FloréalFLOREALE (dal 20 aprile al 19 maggio)
  • PrairialPRATILE (dal 20 maggio al 18 giugno)
  • MessidorMESSIDORO (dal 19 giugno al 19 luglio)
  • ThemidorTERMIDORO (dal 10 luglio al 17 agosto)
  • FructidorFRUTTIDORO (dal 18 agosto al 16 settembre)

Poiché la prima Repubblica francese era stata proclamata il 22 settembre (1° vendemmiaio) 1792, questa data venne ad indicare l’inizio ufficiale del calendario rivoluzionario (anno I). Gli anni erano indicati in numeri romani.

Calendario rivoluzionario francese

Da quel momento, pertanto, il primo giorno dell’anno smise di essere il 1° gennaio, e venne sostituito dal 1° vendemmiaio, un giorno che, a seconda degli anni (bisestili o meno), cadeva tra il 22 e il 24 settembre. Rispetto al calendario tradizionale, coincideva dunque con l’equinozio d’autunno.

Tutti i mesi di 30 giorni + i Sanculottidi

Contrariamente al calendario tradizionale, ogni mese durava 30 giorni precisi, per un totale di 360 giorni dell’anno. Per fare in modo che i giorni dell’anno fossero 365 o 366 (se bisestile), dal 17 al 22 settembre venivano indicati 5 o 6 giorni di festa aggiuntivi chiamati Sanculottidi (Sans-culottides) o Giorni complementari (Jours complémentaires), che non rientravano in alcun mese e che erano esattamente:

  • 17 settembre: Giorno della virtù
  • 18 settembre: Giorno del genio
  • 19 settembre: Giorno del lavoro
  • 20 settembre: Giorno dell’opinione
  • 21 settembre: Giorno delle ricompense
  • 22 settembre: Giorno della rivoluzione

Quest’ultimo giorno (Giorno della Rivoluzione) veniva festeggiato solo negli anni bisestili. Negli anni non bisestili, la festa non esisteva, e il 22 settembre aveva inizio il mese di “vendemmiaio”.

Non più settimane, ma 3 decadi fisse ogni mese

Al posto delle vecchie settimane, vennero introdotte le decadi (periodo di 10 giorni), per un totale di tre decadi per ciascun mese. Al posto di lunedì, martedì ecc, Ogni giorno, nell’ambito della decade, aveva nome diverso Primdi, Duodi, Tridi, Quartidi, Quintidi, Sextidi, Septidi, Octidi, Nonidi, Decadi. Il giorno di Decadi era considerato festivo (al posto delle ex-domeniche).

Ndr. – In realtà per tutto il tempo della durata in vigore del calendario rivoluzionario in tutto l’Impero, soprattutto nelle campagne, si continuò a usare il vecchio calendario. Solo gli atti pubblici (matrimoni, contratti, leggi, disposizioni amministrative, ecc.) per legge furono redatti secondo il nuovo ordine, pena severe multe e prescrizioni, più volte reiterate in editti successivi.

 Il 24 fruttidoro anno XIII (11 settembre 1805) Napoleone firmò il decreto che aboliva, a partire dal I gennaio 1806, il calendario rivoluzionario e ripristinava quello Gregoriano.

Venne riutilizzato di nuovo, brevemente, in Francia nel Journal officiel per alcune settimane, durante un breve periodo della Comune di Parigi, dal 6 al 23 maggio 1871 (16 Floréal – 3 anno prateriale LXXIX).

L’orologio repubblicano

La Rivoluzione volle cambiare pure l’orologio! Perché mantenere le arcaiche 24 ore con un’unità di tempo di tipo sessagesimale cioè 1ora, 60 minuti e 1 minuto, 60 secondi? Bisognava cambiare l’unità di tempo in decimale! Ecco quindi il giorno (le attuali 24 ore) fatto di sole 10 ore, dove ogni ora sono 100 minuti e ogni minuto, 100 secondi.

Orologio decimaleuna rotazione totale delle lancette delle ore corrisponde ad un giorno

1 ora repubblicana = 2 ore e 24 minuti (attuali)

Fu Antoine Laurent Lavoisier (vedi Nota 2) , lo scienziato che inventò quest’orologio nel  Novembre del 1793, dopo che la Convention Nationale aveva disciolto l’Academie des Sciences.
Stravolgimento totale rispetto agli orologi sessagesimali.! La lancetta piccola compiva sul quadrante una sola rotazione nell’arco delle 24 ore convenzionali. Quindi teoricamente la metà alta del quadrante avrebbe indicato le ore notturne, mentre la metà bassa, quelle diurne. Il 5 rappresentava il mezzogiorno, il 10 la mezzanotte! In tal modo l’ora repubblicana risultava lunghissima, pari alle attuali 2 ore e 24 minuti. un minuto era 86,4 secondi convenzionali (44% più lungo di un minuto convenzionale) e un secondo era 0,864 secondi convenzionali (13,6% più breve di un secondo convenzionale)!

Antoine Laurent Lavoisier
orologio repubblicano

Il vantaggio principale di un sistema di tempo decimale era che, poiché la base utilizzata per dividere l’ora era la stessa utilizzata per rappresentarla, l’intera rappresentazione del tempo poteva essere gestita come una singola stringa. Pertanto, diventava più semplice interpretare un timestamp ed eseguire conversioni.
Ad esempio, 1:23:45 è 1 ora decimale e 23 minuti decimali e 45 secondi decimali, o 1,2345 ore decimali o 123,45 minuti decimali o 12345 secondi decimali; 3 ore equivalevano a 300 minuti o 30.000 secondi. Questa proprietà rendeva anche semplice rappresentare un timestamp come un giorno frazionario, in modo che 2021-04-02.54321 potesse essere interpretato come cinque ore decimali e 43 minuti decimali e 21 secondi decimali dopo l’inizio di quel giorno, o una frazione di 0,54321 ( 54,321%) fino a quel giorno (poco dopo le tradizionali 13:00). Si adattava bene anche alla rappresentazione digitale del tempo usando le epoche , in quanto la rappresentazione interna del tempo poteva essere utilizzata direttamente sia per il calcolo che per la visualizzazione rivolta all’utente. [rif. – Tempo decimale – https://it.other.wiki/wiki/Decimal_time]

Il 21 piovoso anno II (9 febbraio 1794) un decreto indisse un concorso a premio tra gli orologiai, su come decimalizzare l’ora. L’uso obbligatorio del tempo decimale fu ufficialmente sospeso il 18 germinale anno III (il 7 aprile 1795), anche se alcune città continuarono a utilizzare il tempo decimale fino al 1801.

Orologio decimale sul timpano di Palazzo Einaudi a Chivasso
Orologio decimale sul timpano di Palazzo Einaudi a Chivasso

Note curiose

1 –

A proposito dell’origine della parola “moneta”

Si era nel 390 a.C., con Roma assediata dai Galli di Brenno. Vicino al Campidoglio, c’era un tempio dedicato a Giunone, dove venivano allevate le oche sacre alla dea. Una notte, nel tentativo da parte dei Galli di assaltare il colle Capitolino, le oche, spaventate, si misero a starnazzare svegliando l’ex-console Marco Manlio, che naturalmente diede l’allarme. Grazie alle oche sacre, l’attacco fu sventato.
Da quel momento, il popolo attribuì alla dea Giunone l’appellativo ‘Moneta’, (dal verbo latino ‘monere’ che significa avvertire, ammonire), in base alla convinzione che fosse stata la Dea a svegliare le oche perché avvertissero del pericolo imminente. Poiché centovent’anni dopo (269 a.C.), vicino al tempio della Dea Moneta, i romani costruirono la prima Zecca, questa venne messa sotto la protezione della Dea. Fu poi la parlata romanesca che coniò l’appellativo ‘moneta’ dato alla Dea, per indicare sia la zecca, che i dischetti metallici coniati dalla stessa.

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A proposito di Lavoisier e del suo orologio decimale

Lavoisier, inventore della chimica moderna, stava collaborando in quel periodo con altri scienziati alla definizione del sistema metrico decimale. In quei giorni in particolare era impegnato a determinare con precisione il chilogrammo, definito come la massa  di acqua distillata contenuta in un cubo con il lato di un decimetro. Il metro era stato definito già nel 1791 come la 1/10 000 000 della distanza tra polo nord ed equatore, lungo la superficie terrestre, calcolata sul meridiano di Parigi.

Uscendo da casa per andare a proseguire i suoi studi sul chilogrammo, uno  dei suoi assistenti, incontrandolo per strada, gli aveva appena comunicato che quella stessa mattina, era il 4 Frimaio ( 24/11/1793 ), la Convention aveva promulgato la legge! D’ora in avanti tutti gli orologi avrebbero dovuto essere decimali!” Non durò molto la soddisfazione per quella notizia … qualche minuto dopo Lavoisier venne affiancato da due gendarmi armati di fucile, che lo accompagnarono alla prigione di Port Libre, perché fornisse spiegazioni a certe richieste del magistrato rivoluzionario, che lo aveva fatto convocare. Quello fu il suo ultimo giorno da uomo libero!

Lavoisier stava lavorando per il governo sia per l’introduzione del sistema metrico decimale, sia per il miglioramento della polvere da sparo, ma pure, per sua sfortuna, a partire dal 1769, per una ventina d’anni era stato Fermier General, ossia esattore delle tasse, una delle figure più invise alla popolazione. La Ferme era una società per azioni privata, operante per conto del Governo, Dopo lo scoppio della Rivoluzione Francese del 1789, la Ferme venne abolita e il controllo dell’esazione delle tasse trasferito direttamente allo Stato. Nel 1793, fu ordinato l’arresto di tutti i responsabili della Ferme General. Malgrado la fama di grande scienziato, il tribunale rivoluzionario condannò a morte lui, insieme al suocero e agli altri Fermier General. La sentenza di morte venne emessa il 7 maggio 1794. Lo stesso Lavoisier chiese inutilmente di posporre l’esecuzione della sentenza di due settimane, nelle quali avrebbe completato la procedura per la definizione del chilogrammo. Non ci fu verso! Il magistrato rivoluzionario fu irremovibile: il giorno successivo venne ghigliottinato, all’età di soli 51 anni!

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