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Grand Hotel et de Milan

Premessa

Perché quest’albergo si chiami così, me lo sono chiesto tante volte, passando dalle parti di via Manzoni, di fronte al n. 29, incapace di trovare una risposta convincente. Che vorrebbe dire quella “et”, posta fra ‘Grand Hotel’ e ‘de Milan’? Quella “et” alla francese, significa proprio “e”, cioè una banalissima congiunzione! All’inizio, e questo non potevo proprio saperlo, quando l’hanno inaugurato, quest’albergo, si chiamava “Hotel Milan”.
Solo in seguito, gli hanno cambiato il nome, chiamandolo “Grand Hotel et de Milan”. Questa sarebbe la forma contratta di “Grand Hotel de Milan” e “Hotel Milan”, cioè la “et” , che fa indubbiamente tanto chic, richiamerebbe, nel nuovo nome, la vecchia denominazione dell’albergo!

L’Albergo e la sua posizione

E’, probabilmente, uno dei più antichi alberghi della città, (se non il più antico). Fu inaugurato due soli anni, dopo l’Unità d’Italia, quel lontano sabato 23 maggio 1863. E’ il palazzo all’angolo fra la Corsia del Giardino e la via Croce Rossa, proprio nel punto dove la strada si allarga, per assumere, da quel punto, il nome di Corso di Porta Nuova, fino all’antica Porta Nuova medioevale. Oggi, tutta la strada, da piazza della Scala, alla Porta medioevale, ha preso il nome di via Manzoni.

Hotel Milan

Carlo Guzzi lo commissionò all’architetto Andrea Pizzala (1798 – 1862), che ne curò il progetto, seguendone poi i lavori. Pizzala non ebbe il tempo di veder compiuto il suo operato, perchè la morte lo colse sei mesi prima dell’inaugurazione dell’hotel.

Andrea Pizzala era un architetto già noto a Milano, per aver costruito, nel 1832, la Galleria De Cristoforis, una strada pedonale commerciale coperta, tutta in ferro e vetro, sul modello francese, prima del genere in città.  Aveva un tracciato a T, unendo Corsia dei Servi (oggi corso Vittorio Emanuele II), da un lato a via Montenapoleone, dall’altro ad una viuzza non più esistente (via Galleria De Cristoforis), che, passando subito dietro l’abside della chiesa di San Carlo al Corso, si apriva sulla via San Pietro all’Orto. Adesso, la galleria non c’è più, demolita con tutto il resto del quartiere, nel 1931. Pizzala aveva anche disegnato, nel 1842, i Bagni Diana a Porta Venezia, con la prima grande piscina scoperta di Milano, aperta al pubblico.

Grand Hotel et de Milan

Questo nuovo albergo, era inizialmente un edificio a tre soli piani, sistemato in una posizione centralissima, a meno di 200 mt di distanza dal Teatro alla Scala. La piazza della Scala, come la conosciamo oggi, allora, ancora non c’era. Era appena stato demolito il quartiere compreso fra l’attuale Teatro alla Scala e Palazzo Marino ma tutta la zona, era ancora un cantiere. Non esisteva nemmeno la Galleria Vittorio Emanuele II. Già da alcuni anni si stava pensando di dare un nuovo look a tutto il centro pensando di sventrare intere aree.

Contrada della Scala nel 1855

In quel periodo, tutto il centro era oggetto dell’attenzione, da parte del Sindaco Beretta e della sua Giunta, per la scelta di uno dei numerosi progetti presentati dai migliori architetti di allora, nell’intenzione di dare un assetto definitivo e monumentale a tutta l’area, a cominciare da piazza del Duomo.

In compenso, proseguendo lungo il Corso di Porta Nuova, e più oltre, verso i Bastioni, fervevano i lavori per l’ultimazione della nuova grande stazione ferroviaria Centrale, in piazza Fiume (l’attuale piazza Repubblica), stazione che sarebbe stata inaugurata l’anno successivo. Si era, ancora, agli albori del traffico ferroviario. Erano state inaugurate da pochi anni la Torino-Milano e la Ferdinandea, la Milano-Venezia.

Il perché della sua ‘fortuna’

E’ un edificio di stile eclettico, sulla cui facciata, e più precisamente nei suoi ornamenti, erano stati impiegati riferimenti decorativi propri del repertorio neogotico. La facciata, semplice, ma elegante: le finestre sono ingentilite da una cornice costituita da un motivo di foglie d’edera, stilizzate.
La fortuna iniziale di questo albergo, fu sicuramente dovuta alla lungimiranza del suo proprietario, che ‘fiutò’ , fin da subito, i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie, dotando l’albergo, unico in tutta Milano, di servizi postali e telegrafici. Basti considerare che il telegrafo, fu inventato da Morse, negli Stati Uniti, nel 1844 e che ci vollero alcuni anni di prove ed esperimenti, prima che prendesse piede l’effettiva applicabilità dello strumento, in trasmissioni non militari. Naturalmente questi ‘plus’ di tecnologia, furono decisivi a fine Ottocento, rendendo l’albergo, meta prediletta di viaggiatori d’affari e di diplomatici. La possibilità di scambio rapido di messaggi, sia pure, inizialmente in via embrionale, stava aprendo nuovi interessanti orizzonti legati alla velocità delle comunicazioni.

Senza voler entrare in eccessivi dettagli, basti considerare che nel giro di soli 70 anni, per trasmettere o ricevere un messaggio da Milano a Parigi si era passati dai 5 giorni minimi a cavallo, nel 1793, per il recapito della missiva , ad un solo giorno già nel 1810, grazie al telegrafo ottico , al solo minuto necessario per transcodificare il messaggio tramite il sistema Morse , nel 1863. E’ quindi comprensibilissimo l’enorme interesse per questo nuovo, ultimo sistema di comunicazione, che stava aprendo nuovi orizzonti.

Inoltre, l’Albergo, vicinissimo alla contrada del Monte (attuale via Montenapoleone) , cioè alla via dello shopping, alle varie vie della moda, e al polo finanziario della città, era ed è, indubbiamente, il posto ideale, in posizione strategica, adatto a un certo tipo di pubblico. Aggiungi a tutto questo, l’ambiente raffinato, la ricercatezza dei suoi arredi, l’eleganza dei suoi saloni, le sue suites spaziose e arredate con classe, lo splendido giardino d’inverno, la delicatezza del cibo servito nei suoi ristoranti, la bontà dei suoi drink al Gerry’s Bar, e non ultima l’assoluta discrezione del personale e la cortesia del suo proprietario, ed ecco spiegato, il perchè di tanto successo.

Classificato come albergo a cinque stelle, fu naturalmente fin dall’inizio, il luogo preferito d’incontro per una clientela selezionata, senatori, nobili, uomini d’affari, politici, diplomatici, autorità, artisti. La vicinanza poi, al Teatro alla Scala, convogliò su quest’albergo, pure, nomi illustri di coreografi, ballerini, cantanti, librettisti e musicisti.

A quei tempi, l’elettricità non c’era ancora: sarebbe arrivata, in quella zona, non prima del 1885. Dopo il 1870, questo, fu uno dei primissimi edifici in città, ad essere dotato persino di un ascensore idraulico costruito dalle Officine meccaniche Stigler (incredibile a dirsi, ascensore che. dopo l’ultima opera di restauro, è ancora funzionante!).

Il fatto quindi, che le sue camere fossero sempre tutte prenotate, non può destare meraviglia, per cui sorse presto, l’esigenza di aumentare l’offerta. il Milan“, come presero a chiamarlo i concittadini, era già considerato avveniristico, quasi futuribile.

L’ampliamento

Il proprietario, vedendo aumentare la domanda, tentò di acquistare i palazzi attigui per ampliare l’albergo, tuttavia si scontrò ben presto con un problema molto delicato. Uno dei due edifici, era una casa di tolleranza, il cui titolare, fiutando l’affare, era molto restio a vendere, mirando ad alzare, di volta in volta, la posta. A nulla valse, sembra, l’informare le autorità competenti, sperando che, sensibili alle numerose lamentele dei residenti nella zona, prendessero provvedimenti adeguati per eliminare dal centro, quel luogo a ‘luci rosse’ , così poco consono ad un quartiere signorile, qual’era quello.

Alla fine, il problema si risolse, decidendo di alzare l’edificio di un piano. Il lavoro di sopralzo venne affidato all’architetto Giovanni Giacchi, lo stesso che aveva curato il disegno e la costruzione dei magazzini La Rinascente. Lui riprese il disegno di Pizzala e aggiunse un quarto piano più semplice rispetto agli altri, senza particolari decorazioni alle cornici alle finestre. Le settantadue camere, le ventitre suites e junior suites hanno mantenuto il mobilio ed i dettagli dell’epoca, anche dopo il recente restauro, che ha ridato vita a tessuti, tappeti, decori e colori.

Ospiti illustri

Ogni suite dell’albergo, ha oggi, come nome, quello della personalità famosa che vi ha soggiornato, anche per brevi periodi e conserva la traccia del loro passaggio con autografi, foto, memoriali e oggetti a loro appartenuti. Come girando per i saloni, la fantasia vola, così aprendo con circospezione una ad una quelle porte, pare quasi di rivivere pezzi di Storia non necessariamente di Milano, episodi curiosi avvenuti in quelle stanze, pagine di un libro, raccontate, attraverso le voci dei nomi famosi che vi hanno soggiornato.

Nella hall dell’Albergo, desta subito l’attenzione, una statua un pò fuori dell’ordinario. Viene spontaneo avvicinarcisi per capire meglio cosa rappresenti. Come mai una statua simile, così particolare? Cosa rappresenta? E’ in effetti, una statua allegorica, raffigurante un’india piumata, che “uccide i serpenti della schiavitù”.

Le Loro Altezze Imperiali

Il pensiero vola a quel pomeriggio del 30 aprile 1888. L’allora proprietario dell’hotel, signor Giuseppe Spatz, accoglieva, con tutto il personale schierato, le Loro Altezze Imperiali Dom Pedro II di Braganza e l’Imperatrice Teresa Cristina di Borbone delle Due Sicilie (cioè il sessantatreenne ‘Imperatore Pietro II del Brasile e la consorte).

Per l’occasione, Spatz, aveva provveduto a fare ridecorare gli appartamenti reali e a ingentilire, sia l’ingresso, che le scale dell’albergo. in un lussureggiante giardino tropicale.

Dom Pedro II de Braganza – Superior Suite n. 123

Capitò, che durante le settimane di previsto soggiorno a Milano, Dom Pedro si ammalasse gravemente di pleurite, al punto da trascorrere due intere settimane a letto, in albergo, fra la vita e la morte. Ovviamente, il suo rientro in patria dovette essere diplomaticamente ritardato, consentendo a sua figlia, la reggente Donna Isabella, di firmare in Brasile, la famosa e contrastata legge che aboliva la schiavitù, cosa che avrebbe fatto lui stesso, al suo rientro dall’Italia, essendo assolutamente favorevole alla libertà di tutti. Sembra che la statua dell’atrio, venne, in effetti, commissionata da Spatz, per celebrare l’evento, ma alla fine, donata all’albergo, dagli Imperatori stessi, quale grazie riconoscente per tutti gli imprevisti disagi arrecati all’hotel, a causa della loro lunga ed imprevista permanenza.

Dom Pedro II de Braganza – Superior Suite n. 123

La Suite Presidenziale 105  (Suite Verdi)

Giuseppe Spatz, patito di musica, il classico loggionista melomane, ammiratore incondizionato di Giuseppe Verdi (1813 – 1901), lo ospitò nel suo albergo, sempre nello stesso appartamento (il n. 105), quasi ininterrottamente, per ben 27 anni, dal 1872, fino alla morte del Maestro, nel gennaio 1901. Verdi lo scelse infatti per lunghi soggiorni che alternava a quello nella sua tenuta in campagna, a Sant’Agata di Villanova sull’Arda.

Era un appartamento molto luminoso e comodo, al primo piano, composto da un salone e tre stanze, e balcone, tutte con vista su Corsia del Giardino. Indubbiamente, la presenza, la notorietà del Maestro e la lunga durata del suo soggiorno, contribuirono a dare notevole lustro all’albergo. Le arie dell’Otello, e del Falstaff , le sue ultime opere, furono scritte sullo scrittoio che si conserva ancora oggi nella sua suite. (Il mobilio che si vede oggi, è tutto originale, dell’epoca).

 Fu proprio in occasione della prima dell’Otello, il 5 febbraio 1887, che, acclamato dalla folla adorante, Verdi dovette affacciarsi al balcone del suo appartamento, assieme al tenore Francesco Tamagno, assoluto protagonista alla prima della Scala, per intonare alcune romanze dell’opera. 

Giuseppe Spatz si prodigò per accontentare e favorire in ogni modo, l’illustre ospite: solo a lui, ad esempio, concesse di suonare il pianoforte, ad ogni ora del giorno e della notte. La confidenza, con lui, era tale che, perfino la figlia di Spatz, Olga, chiese al Maestro (nel 1895), prima ancora che al padre, il consenso per sposare un altro cliente dell’albergo, il compositore Umberto Giordano, che Verdi conosceva benissimo, perché giovane molto promettente. In quel momento era alle prese con il suo Andrea Chénier, che di lì a poco, avrebbe debuttato alla Scala.

Suite Verdi
Salotto della suite Verdi

Tra i vari aneddoti che lo riguardano, sembra che non fosse difficile, passando di là, vedere il Maestro Verdi, in ameno conversare, dal balconcino del suo studio, con la contessa Clara Maffei, al balconcino del primo piano della casa di fronte (via Bigli 21), al di là della strada. I due erano amici di vecchia data: lui l’aveva conosciuta in uno dei salotti letterari che la contessa aveva aperto per ‘tentare di dimenticare‘ la prematura morte della figlia Ottavia, di solo nove mesi.

Leggi l’articolo su Clara Maffei

Come si sparse la notizia in città dell’ictus che sorprese Verdi, mentre stava lavorando, ci vollero sei lunghi giorni prima che il suo fisico cedesse. Le cronache raccontano che, dopo aver lavorato dal primo mattino al tardo pomeriggio, verso le cinque Verdi, accompagnato dalla Strepponi , da Boito e Ricordi, si era concesso una passeggiata nel centro cittadino. Poi era rientrato e aveva cenato in camera, vicino al caminetto. Era un buongustaio: sette portate, a rileggere solo il menù ordinato cinque giorni prima del colpo apoplettico. La sera era poi sceso per lo scopone e, si narra, non disdegnasse barare!

In quei giorni, furono tanti i milanesi che, silenziosamente, sostarono a lungo davanti al Grand Hotel, sperando di avere qualche notizia sul suo stato di salute. Il direttore di allora, fece addirittura affiggere all’ingresso dell’albergo, ad uso di coloro che sostavano all’esterno in attesa, i bollettini, sullo stato di salute del Maestro, man mano che venivano emessi. Per immenso rispetto nei suoi confronti, e per alleviare le sofferenze di Verdi nei giorni precedenti la sua morte, venne addirittura sparsa della paglia, sull’ intera Corsia del Giardino, affinché potesse attutire i rumori delle ruote delle carrozze e degli zoccoli dei cavalli, in transito sotto le finestre della sua stanza.

Enrico Caruso – Junior Suite n. 306

Altro grande ospite dell’albergo, nell’aprile del 1902, fu il giovane ventinovenne tenore napoletano, Enrico Caruso (1873 – 1921), che venne a Milano per cantare alla Scala, la nuova opera “Germania”, diretta da Toscanini.

Enrico Caruso – Junior Suite n. 306

Seguendo alla Scala, le prove del giovane tenore, Fred Gaisberg, pioniere dell’incisione fonografica della “Gramophone Company”, rimase affascinato dalla sua voce. La  casa discografica inglese “Gramophone & Typewriter Company” era intenzionata a registrare un disco con la sua voce, ma a fronte di una pretesa di Caruso di 100 sterline per accettare di incidere, la Casa discografica si tirò indietro, ritenendo la cifra assolutamente esorbitante. Non così Gaisberg , che, convinto dell’errore che stava commettendo la sua Casa discografica, decise di finanziare, lui personalmente, l’operazione, pregando Caruso di fare allestire in albergo, nella sua suite, una sorta di sala di registrazione.
Così, in questo appartamento, avvenne un fatto unico nella storia della musica: la prima registrazione al mondo di un disco a matrice piatta. La scena doveva essere davvero molto originale: Caruso in piedi davanti ad un imbuto metallico che un muro separava da uno strano marchingegno destinato a raccogliere la voce. Lui cantò dieci arie d’opera e tutto si concluse in due ore. Alla fine, Caruso intascò le sue 100 sterline e andò a pranzo. 
I dischi prodotti, vennero venduti in America, in oltre un milione di copie! Successo strabiliante, considerando che il cantante napoletano fu il primo a cimentarsi, con grande successo, nella nuova tecnologia, fino ad allora snobbata da tutti gli altri cantanti.

Tamara de Lempicka – Junior Suite n. 405

Prenotata la Suite a nome del vate Gabriele d’Annunzio, vi soggiornarono in tempi diversi due delle sue numerosissime fiamme.

Risulterebbe infatti che, prima di innamorarsi perdutamente di Eleonora Duse, ebbe una vita sentimentale decisamente turbolenta (gli storici riferiscono che ebbe. addirittura, un’ottantina di donne, pronte a cadere ai suoi piedi!.

Suite D’Annunzio

Sue ospiti, al Grand Hotel, furono la ‘famme fatale’, la bellissima pittrice polacca Tamara de Lempicka, (1898 – 1980) (già sposata per conto suo), della quale si era sicuramente invaghito, e forse contava lei gli facesse un quadro al Vittoriale. Infatti vi è traccia di lettere affettuose scritte da D’Annunzio a suo indirizzo, su carta intestata del’Hotel.

Successivamente, nel medesimo appartamento, ospitò la stilista milanese  Biki, pseudonimo di Elvira Leonardi Bouyeure , che ebbe, nel suo atelier, fra le varie clienti, anche Maria Callas.

La 418

Altro artista che trascorse lungo tempo al Grand Hotel, fu lo scultore Medardo Rosso (1858 – 1928), importante esponente dell’impressionismo italiano. Trasformò la sua camera, la 418 ,(al quarto piano) in una sorta di studio, dove lavorava. Essendo amante di fotografia, aveva impiantato lì, un piccolo laboratorio. Faceva quindi fotografie e se le sviluppava in camera oscura. Fu proprio in quella stanza che, un giorno, una pesante lastra fotografica gli scivolò di mano e gli cadde su un piede. La ferita non si rimarginò e da quel momento fu un lungo calvario. L’amputazione del piede non fu sufficiente per fermare la setticemia dilagante. Morirà di lì a poco.

Maria Callas – Junior Suite 114

La “divina” (era così, che chiamavano la soprano Maria Meneghini Callas (1923 – 1977), i suoi estimatori), visse per parecchio tempo in questa suite. Nei tre anni, dal 1950 al 1952, fece tantissime recite alla Scala, inanellando strepitosi successi con l’Aida, I Vespri Siciliani, il ratto del Serraglio, la Norma, Macbeth, la Gioconda.

Maria Callas – Junior Suite 114

Si dice, che lei e Meneghini, il suo primo marito, fossero capaci di discutere per ore, alla reception, davanti alla cassetta di sicurezza aperta, per la scelta dei gioielli da indossare durante la serata.

Maria Callas

Nel febbraio del ’53, si trasferì nella sua nuova villa di Milano (via Buonarroti 38), dove visse per almeno una decina d’anni. Oggi, grazie alla speculazione edilizia, la villa è stata incredibilmente “cancellata”. Si trovava proprio di fianco alla Clinica Columbus. Al suo posto, hanno costruito un palazzo moderno di una decina di piani. Di quella villa, rimane solo una targa, posta dal Comune “a memoria”, all’ingresso del palazzo, targa che suona tanto, come un postumo “mea culpa”.


Ritornò comunque al Grand Hotel et de Milan per incontrarsi con Luchino Visconti, anch’egli, ospite abituale dell’albergo, per le recite della Traviata nel 1955.

Luchino Visconti – Superior Suite n. 418

Non tragga in inganno lo stesso numero di camera assegnata a Medardo Rosso. La sua camera fu totalmente distrutta durante il II conflitto mondiale e ricostruita ex-novo, subito dopo la guerra.

Luchino Visconti (1906 – 1976) era un frequentatore assiduo del Grand Hotel et de Milan. Nella sua suite avvenivano gli incontri di lavoro, e ci si dava appuntamento fra amici per andare tutti insieme ad una prima della Scala. Una volta arrivati tutti, ci si avviava verso il Teatro, tutti in fila lungo via Manzoni.

Luchino Visconti
Luchino Visconti
Luchino Visconti – Superior Suite n. 418

Giorgio De Chirico – Deluxe Room n. 308

ll Grand Hotel et de Milan, col passare degli anni, acquisì la fama di essere un punto di riferimento per i più grandi artisti italiani e stranieri di passaggio per Milano. Era inevitabile che anche il pittore Giorgio De Chirico (1888 – 1978), massimo esponente della pittura metafisica, lo scegliesse come sua residenza, nei soggiorni milanesi fin dagli anni Cinquanta. Fra l’altro, in via Manzoni, a due passi dall’albergo, c’era la galleria d’arte del suo amico greco Alexander Jolas, collezionista e gallerista. Quindi la galleria dell’amico finiva con l’essere la dependance della sua ‘room’ in albergo.

Giorgio De Chirico – Deluxe Room n. 308

Fra gli altri nomi illustri, il regista, attore e sceneggiatore Vittorio De Sica (1901 – 1974) nella 312, lo scrittore e giornalista Ernest Hemingway (1899 – 1961),  e poi l’attore Richard Burton (1925 – 1984).

Nureyev – Junior Suite n. 112

Come non immaginare, aprendo la porta di questa suite, al primo piano, di trovarsi davanti il più grande ballerino coreografo del ‘900 , Rudol’f Nureev (1938 – 1993), ‘il tartaro volante’ … a provare passi di danza sulle punte dei piedi, al ritmo di un’aria dello Schiaccianoci?
Tartaro volante‘ era il soprannome che gli avevano dato, perché legava la provenienza esotica alla prodigiosa agilità e potenza dei suoi salti.

Rudol’f Nureev

Le cronache giornalistiche, che annunciavano alla Scala, il Romeo e Giulietta inglese, puntarono tutto sul ritorno dell amatissima Margot Fonteyn, la celeberrima partner del giovane russo. La prima apparizione alla Scala, del tartaro volante, avvenne il 9 ottobre 1965. Nureev, allora ventisettenne, ballava con la Royal ballett di Londra, di cui era diventato ‘ospite’ principale, in occasione di una settimana inglese a Milano. Le recensioni, inclusa quella di Eugenio Montale, sul “Corriere della Sera”, furono entusiastiche soprattutto per il prodigio Nureev cui la Fonteyn, riconoscendone il talento, con un tenerissimo inchino, aveva offerto il suo sacrificio di star.
Il 13 ottobre 1965, alla seconda apparizione scaligera, della coppia Nureev-Fonteyn in la baiadera, fu un nuovo immenso trionfo. Milano sedotta dal suo astro sfolgorante, gli chiese di tornare al più presto ed ecco che, nuovamente nel 1966, la coppia regina, venne ad esibirsi, sempre alla Scala, in un magistrale passo due de il Corsaro e in Marguerite et Armand, un balletto appositamente pensato per Margot e Rudolf, dal direttore della Royal Ballett.

Parlando delle sue origini, raccontava di essere nato sul vagone di un convoglio della Transiberiana nei pressi di Irkutsk, in Siberia, mentre sua madre si recava dal marito, commissario politico dell’Armata Rossa, a Vladivostok.

Nureyev – Junior Suite n. 112

Giorgio Strehler – Junior Suite n. 206

Pure il triestino Giorgio Strehler (1921 – 1997), era di casa al Milan.

Venuto giovanissimo a Milano, fondò, subito dopo la guerra, nel 1947, il Piccolo Teatro della Città di Milano assieme a Franco Parenti, Paolo Grassi e Nina Vinchi, dando vita ad allestimenti famosi come L’albergo dei poveri di Gorkij e I giganti della montagna di Pirandello. Lavorò quasi ininterrottamente al Piccolo Teatro, come regista teatrale e direttore artistico, finché una crisi istituzionale, lo costrinse alle dimissioni nel dicembre del 1996. La sua ultima regia, “Così fan tutte” di Mozart, finalmente nella nuova sede, fu interrotta dalla morte.

Giorgio Strehler
Giorgio Strehler
Giorgio Strehler – Junior Suite n. 206

Aggirandosi per i corridoi, al secondo piano dell’Hotel, si ode dietro una porta, il debole suono di un flauto … chi suona? E’ il grande flautista Severino Gazzelloni (1919 – 1992), pure lui ospite dell’albergo.

Riuscì a raggiungere col suo flauto traverso. vette davvero incredibili, e infatti lo soprannominarono “flauto d’oro”. Fra i tanti aneddoti che lo riguardavano … amava raccontarne uno riguardo ai suoi rapporti con i vicini di stanza, in albergo:

Severino Gazzelloni

Poichè non ero solito andare a riposare, usavo esercitarmi nel primo pomeriggio, con i toni in sordina, per evitare di disturbare quelli delle stanze vicine, che a quell’ora, probabilmente, stavano riposando. La mia camera era comunicante con altre, sia pure con doppie porte chiuse. Un giorno, mentre stavo suonando, sentii bussare. Credendo di suonare troppo alto e di dare quindi ancora fastidio, abbassai di un’ottava. Bussarono di nuovo, e io diminuii ulteriormente l’intensità del suono, riducendolo quasi ad un impercettibile zufolo. Al di là della porta, sentii una vocina di donna che mio pregava di alzarlo invece che abbassarlo, perchè desiderava godere in privato, di quel suono celestiale.

E questi nomi non sono tutti: il passaggio di illustri ospiti che hanno eletto negli anni il Grand Hotel et de Milan come loro “casa milanese”, è celebrato oggi, dalle suite a loro dedicate. Quindi tra quelli non citati,
Eleonora Duse – Junior Suite n. 314 , Lucio Dalla – Deluxe Suite n. 305
Duchi di Windsor – Deluxe Suite n. 205

Ristrutturazioni periodiche

Fra il 1900 e il 1901, tutto il pianterreno dell’albergo venne ristrutturato pesantemente dall’architetto Augusto Brusconi coadiuvato dall’ingegner Francesco Bellorini che, interessando sia l’atrio che i vari saloni, riuscirono ad ottenere degli ambienti più vasti e lussuosi con pavimenti alla veneziana e un grande lucernario con velario di vetri colorati più confacenti ai gusti dell’epoca per un pubblico selezionato, ma sempre più esigente.

Negli anni trenta, l’edificio subì una ristrutturazione più radicale, quando ogni camera fu dotata di bagno e telefono.

La Seconda guerra mondiale

Durante il conflitto, i pesanti bombardamenti inglesi su Milano, del 1943, provocarono ingenti danni all’edificio ed in particolare, la distruzione dell’intero quarto piano. Si trattò della stessa terribile incursione che colpì, poco più avanti, in maniera devastante. anche il Teatro alla Scala.

Successivamente lo Stato Maggiore della 5a Armata americana requisì l’albergo, per utilizzarlo come luogo di vacanze premio per gli ufficiali americani ed alleati. Addirittura l’hotel ebbe, in quel periodo, un suo “Direttore Militare”. Nei suoi saloni, si tennero balli, concerti, mentre il lussuoso ed esclusivo “restaurant”, venne riservato alle feste.

Nel dopoguerra, lo stabile, che aveva bisogno di essere rimesso in condizioni di operare. fu dato in gestione alla famiglia Bertazzoni, che, negli anni 60 , affidò la ristrutturazione all’architetto Giovanni Muzio. Questi s’impegnò al rinnovo completo dell’albergo, con lavori di ripristino conservativo con adeguamenti normativi. L’hotel ridivenne ambito, negli anni ’60 e ’70, quando cominciò ad essere frequentato dagli stilisti italiani ed esteri, che partecipavano alle annuali settimane milanesi della moda.

Un esempio per tutti, quando esplosa la moda del “prêt à porter” italiano, e l’hotel aprì i suoi saloni alle sfilate di moda, Ferré e il suo produttore Mattioli, fecero in quest’hotel il loro primo importante defilé, e tanti altri stilisti furono qui “tenuti a battesimo” nel loro percorso verso la notorietà.

Ritrovato un pezzo della cinta muraria del III sec. d.C.

Interessante l’ultima ristrutturazione compiuta negli anni dal 1991 al 1993, quando, ristrutturando il ristorante Don Carlos, venne portato alla luce un breve tratto del muro di difesa dell’antica Mediolanum, risalente al terzo secolo, ai tempi dell’imperatore romano Massimiano, (circa 287 – 307 d.C.).

In effetti, la cinta muraria passava proprio di lì. All’altezza di via Manzoni. in quel punto, c’era una delle porte della città, la Porta Nuova, (arretrata di qualche centinaio di metri rispetto a quella medioevale, oggi in fondo alla via. Passata la porta, la muraglia proseguiva lungo via Bigli, seguendo il percorso del Seveso, (che oggi è interrato sotto le case, fra via Montenapoleone e via Bigli).

Il nucleo della struttura delle mura era stato costruito con conglomerati di ciottoli e frammenti laterizi, legati tra loro da una malta molto tenace. I resti trovati, accuratamente restaurati, sono oggi visibili scendendo le scale della cantina dei vini pregiati nazionali ed esteri del ristorante Don Carlos e sono sistemati in mezzo alla sala, come elemento decorativo dell’ambiente, ottima occasione per gustare un aperitivo, in un angolo molto particolare

L’hotel ha attualmente due ristoranti:

  • Il primo è il Don Carlos, uno dei più esclusivi della città, un ambiente molto raffinato ed elegante con le pareti tappezzate da quadri, bozzetti e scenografie, ispirati alla musica lirica, giunti direttamente dal Teatro alla Scala.
  • Il secondo è il Caruso, la cui veranda immersa nel verde ed illuminata da preziosi lampadari di Murano anni Venti, ricorda sotto molti aspetti i bistrot parigini. La sua cucina rivisita, in chiave contemporanea, la tradizione culinaria meneghina.

il Gerry’s Bar, angolo preferito come dopo-teatro aperto fino a tarda notte.

Ristorante Don Carlos

I dati dell’albergo

Gli ultimi lavori di restauro completo, risalgono al 2011.
L’hotel, aperto tutto l’anno, ha attualmente 5 piani, per un totale di 72 camere doppie, 8 suites e 15 junior suites, Non ci sono attualmente nè appartamenti, nè camere singole. Tutte le camere sono con impianto di aria condizionata individuale.
Reception aperta 24 ore al giorno con personale plurilingue.
In funzione del suo utilizzi, la classifica lo vede sia come hotel, hotel in città, business hotel, hotel per conferenze o congressi, hotel suite.

L’albergo fa parte, attualmente, del gruppo The Leading Hotels of the World (associazione dei 400 migliori alberghi al mondo)

Mappe personalizzate di Divina Milano

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