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Ricordando Antonio Canova

Milano – Gallerie d’Italia

I bassorilievi in mostra permanente

Nel corso del 2022, si sono celebrati i 200 anni dalla morte di Antonio Canova (Possagno, 1° novembre 1757 – Venezia 13 ottobre 1822), genio italiano della scultura classica e del bassorilievo, ma anche pittore, architetto e patriota. Nei due autoritratti in apertura così si definisce l’artista: “Antonio Canova, come pittore” (a sinistra, 1792), “Antonio Canova come scultore si dipinse” (a destra, 1799) .

Canova, autoscultura, Museo civico Bassano del Grappa
Canova, auto-scultura, Museo civico di Bassano del Grappa

È stata per molti un’occasione speciale  per recarsi alle Gallerie d’Italia, in Piazza della Scala, sede museale di Intesa San Paolo, dove sono  esposti  i famosi tredici bassorilievi di Antonio Canova. Considerati una delle serie più complete e prestigiose nel settore specifico del bassorilievo, queste opere sono entrate, di diritto, a far parte della ricca collezione della Fondazione Cariplo.

I tredici grandi bassorilievi di Antonio Canova sono presenti nello spazio riservato alle collezioni permanenti dell’Ottocento, occupando le prime quattro delle 23 sale, dove si trovano  esposti  quasi duecento capolavori dei più famosi artisti dell’epoca, frutto della collaborazione tra Fondazione Cariplo e Intesa San Paolo.

Gallerie d’Italia, la sala che raggruppa i tre bassorilievi sulla morte di Socrate

Le tredici sculture  confluirono nel 1997 nelle raccolte della Fondazione Cariplo, dopo che nel 1991, attraverso diversi passaggi, (tra cambi di proprietà, vendite ed eredità avvenuti nel corso di tanti anni), erano stati acquistati dalla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde (CARIPLO). Si tratta dunque di un tesoro delle collezioni di Piazza della Scala che, unitamente alla serie conservate alla Gipsoteca di Possagno e a quella presente al Museo Correr di Venezia, rappresenta il più completo insieme di sculture del grande Maestro.

Bassorilievi: una forma di arte scultorea scenografica

Tutto ebbe inizio quando il ventunenne Antonio Canova, durante il suo primo soggiorno romano nel 1778, incontrò Abbondio Rezzonico (Venezia 1742 Roma 1810), allora trentaseienne, figlio del procuratore di San Marco e nipote di papa  Clemente XIII (Venezia 1693 – Roma 1769). Discendente di una delle più importanti famiglie veneziane, era già noto a Roma, dove appena ventitreenne, nel 1765, era già stato eletto Senatore, assumendo la carica civile di maggior prestigio e rilevanza nello Stato Pontificio.

Canova aveva così iniziato a frequentare i circoli artistici romani che si riunivano attorno al senatore Abbondio e all’Ambasciatore veneto presso la città pontificia,  Girolamo Zulian,  cogliendo l’opportunità di maturare la propria sensibilità per l’antico. I due patrizi veneziani diventarono di fatto i suoi protettori e principali committenti. Tra Canova e Abbondio Rezzonico nacque una forte amicizia e subito lo scultore ricevette diverse commissioni di lavori destinati alla villa, che i  Rezzonico possedevano a Bassano.

Interno della bottega di Canova a Roma, olio su tela 1880 ca, cm 119,5 x 97,2. dipinto di Pompeo Calvi (Milano 1806-1884). collezione privata
Interno dell’atelier di Canova a Roma, olio su tela 1880 ca, cm 119,5 x 97,2, Pompeo Calvi (Milano 1806-1884). Collezione privata

Nel 1781, Canova decise di lasciare la città di Venezia per trasferirsi definitivamente a Roma, dove,  all’inizio, fu ospite a Palazzo Venezia  di Girolamo Zulian, grande mecenate, che gli commissionò le prime opere. La fama  del Canova crebbe  rapidamente e nuove ed importanti commissioni gli arrivarono da ogni parte d’Europa.

Tra il 1782 e il 1796, l’artista visse uno dei periodi più produttivi della sua carriera, realizzando le più famose  sculture conosciute in tutto il mondo. Per far fronte alle tante richieste, aprì un  suo laboratorio, in via delle Colonnette, vicino al Tevere, fiume del quale si servì per il trasporto dei blocchi di marmo di Carrara.

È in questo suo secondo periodo romano,no che l’artista realizzò, tra il 1787 e il 1795, per conto di Abbondio, la serie dei famosi tredici  bassorilievi  destinati alla villa  patrizia Rezzonico di Bassano, che, consegnati man mano che venivano completati, volle donare all’amico. Rimasero in quella villa fino al 1836, quando vennero dapprima acquistati dal collezionista padovano Antonio Piazza, che li tenne nel proprio palazzo, ed infine ceduti ai conti di San Bonifacio, ultimi proprietari prima della cessione alla Cariplo.

Monumento funebre a papa Clemente XIII

Monumento funebre papa Clemente XIII. Basilica di San Pietro
Monumento funebre papa Clemente XIII. Basilica di San Pietro

La solida amicizia e la stima che univano Antonio Canova ad Abbondio Rezzonico,  spinsero quest’ultimo, d’accordo con i fratelli, a commissionare all’artista, lo studio e la realizzazione del monumento funebre commemorativo per il loro zio, papa Clemente XIII (al secolo Carlo Rezzonico, il cui pontificato durò dal 1758 fino alla morte nel 1769), destinato ad essere eretto nella Basilica di San Pietro a Roma. La scultura funebre, in marmo di Carrara, venne realizzata tra il 1783 e il 1792 a distanza di molti anni dalla morte del Pontefice avvenuta già nel 1769.   Ed è proprio mentre lavorava a questa grande opera scultorea, che Canova eseguì la serie dei bassorilievi relativi a poemi classici e a figure etiche, ispirato dall’ascolto dei racconti che,  su sua specifica richiesta, gli venivano letti, per cercare di ‘alleggerire’ il lavoro impegnativo, che lo avrebbe tenuto occupato per diversi anni. 

Cosa rappresentano i bassorilievi?

Si tratta di scene che, tra epica omerica ed etica socratica, tra virtù cristiane e filantropia illuminata, rimandano ad episodi ispirati dai poemi di Omero e Virgilio e dal Fedone (libro-dialogo) di Platone sul suicidio di Socrate e ad alcune allegorie sulle virtù cristiane e sulle opere di misericordia ed educative.

I tredici bassorilievi sono così composti:

  • TRE riguardano le allegorie di alcune virtù (Speranza, Carità, Giustizia);
  • CINQUE si riferiscono ad episodi mitici;
  • TRE sono la sequenza sulla morte di Socrate
  • DUE   illustrano opere di misericordia consegnati per ultimi (nel 1795),

Allegorie delle Virtù

La Speranza, virtù teologale

Allegoria La Speranza, virtù teologale
Allegoria La Speranza, (1792), cm 123 x132

È rappresentata di profilo, con le sembianze di una giovane donna, che è seduta su un blocco con le figure dell’ancora e del serto floreale, indossando un peplo, abito molto ampio e lungo, come usavano le donne dell’antica Grecia.

La Carità, virtù teologale

Allegoria La Carità. virtù teologale
Allegoria La Carità, (1792), cm 122 x 135

La figura allegorica della Carità, insieme a quella della  Speranza,  è  stata scolpita anche accanto alla lapide in occasione della realizzazione del sarcofago di  papa Clemente XIII.

La Giustizia, virtù cardinale

Allegoria La Giustizia, virtù cardinale
Allegoria La Giustizia, (1792), cm 129 x 129

L’allegoria della giustizia è presentata con una figura coronata che, nella mano destra, tiene il classico attributo iconografico della bilancia, simbolo di equità.

Episodi mitici

Canova scolpisce i vari episodi senza elementi ornamentali, dedicandosi esclusivamente alla resa di una rappresentazione asciutta senza narrazione, ma di grande effetto.

Briseide viene consegnata da Achille agli araldi di Agamennone

Briseide viene consegnata da Achille agli araldi di Agamennone
Briseide viene consegnata da Achille agli araldi di Agamennone (1787-1790), cm 112 x 213

L’episodio,  derivato dal primo canto dell’Iliade, raffigura l’addio di  Achille alla schiava Briseide, allontanata dall’eroe per decisione di Agamennone. A causa di questa decisione, Achille abbandonerà l’accampamento greco sotto le mura di Troia.

Ecuba e le donne troiane offrono il peplo a Pallade

Ecuba e le donne troiane offrono il peplo a Pallade
Ecuba e le donne troiane offrono il peplo a Pallade (1790 – 1792), cm 125 x 278

L’episodio,  derivato dal sesto canto dell’Iliade, raffigura la regina di Troia, Ecuba, che offre un peplo (abito delle donne della Grecia classica) al simulacro di Pallade-Atena, dea greca della sapienza, delle arti e della strategia delle battaglie, nella speranza di ingraziarsi la dea. La lunga fila di donne velate, occupa di fatto, tutta la scena e la raffigurazione della fanciulla inginocchiata in primo piano, rendono la scena molto significativa.

Morte di Priamo

La morte di Priamo
Morte di Priamo (1787 – 1790), cm 142 x 280

In questo episodio, l’unico tratto dall’Eneide, emerge il tono drammatico della scena. Tra le altre figure, si nota la donna che esce dal fondo, in un sottile spessore, dalle braccia aperte al cielo e la testa buttata all’indietro.

Danza dei figli di Alcinoo

La danza dei figli di Alcinoo
Danza dei figli di Alcinoo (1790 – 1792), cm 141 x 281

L’episodio, derivato dall’ottavo canto dell’Odissea,  permette a Canova di esprimersi in un soggetto tipicamente neoclassico, la danza, secondo esempi pompeiani.

Ritorno di Telemaco a Itaca e incontro con Penelope

Ritorno di Telemaco a Itaca e incontro con Penelope (1787 x 1790), cm 109 x 219

Canova si riferisce al ritorno di Telemaco da un viaggio presso le corti di Menelao, alla ricerca del padre. Incontra la madre Penelope e la avverte che Ulisse è vivo e si trova nell’isola di Ogigia, trattenuto dalla ninfa Calipso che, per ordine di Zeus, lo lascerà partire per Itaca.

La morte di Socrate: 15 febbraio 399 a.C.

Socrate (Atene 469 – 399 a.C.) è stato uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi.  Fu processato per le sue idee, che difese fino alla morte. Venne giudicato colpevole di “corrompere i giovani durante i suoi dialoghi, di non credere negli dèi, di credere in altre e nuove divinità e fu condannato a morire tramite avvelenamento. Non invocò la grazia e affrontò la morte con serenità e distacco. Canova dedica, all’episodio tre sculture, traendo ispirazione – così come narrato da Platone, suo discepolo e ammiratore- dal Fedone, il libro-dialogo in cui il filosofo descrive la morte di Socrate e le ore che la precedono. 

 1 – Socrate congeda la propria famiglia

Socrate congeda la propria famiglia
 Socrate congeda la propria famiglia (1787 – 1790), cm 125 x 271

È la prima delle tre scene dedicate alla morte di Socrate dove il filosofo, condannato a morte, saluta e allontana da sè la famiglia, prima di avviarsi dagli amici che lo assisteranno nel momento del suicidio.

2 – Socrate beve la cicuta

Socrate beve la cicuta
Socrate beve la cicuta (1787 – 1790), cm 123 x 263

La cicuta, è una pianta erbacea, potente veleno di odore sgradevole e nauseabondo, usata ad alte concentrazioni nella Grecia antica come un mezzo per infliggere la pena capitale. Socrate, accettando la condanna, beve l’infuso tutto d’un fiato, si sdraia sul lettino ed attende con calma la fine.

3 – Critone chiude gli occhi a Socrate

Critone chiude gli occhi a Socrate
Critone chiude gli occhi a Socrate (1790 – 1792), cm 123 x 263.

Discepolo di Socrate, Critone raccoglie le ultime parole del filosofo che gli ricorda ”dobbiamo un gallo ad Asclèpio: dateglielo e non ve ne dimenticate”. L’offerta di un gallo era il sacrificio quale ringraziamento al dio della medicina tradizionale, da parte di chi guariva da una malattia. Critone lo rassicura “Si, sarà fatto: ma vedi se hai altro da dire”. A questa domanda Socrate non risponde più e rimane con gli occhi aperti e fissi: Critone capisce e, piangendo, gli chiude gli occhi.

Opere di misericordia

Canova realizzò le ultime due sculture su desiderio dell’amico Abbondio Rezzonico, che le volle destinare all’interno dello spazio della scuola da lui creata per l’educazione dei bambini del popolo, nell’ambito della sua villa a Bassano del Grappa.

Dare da mangiare agli affamati

Dar da mangiare agli affamati, opera di misericordia
Dare da mangiare agli affamati (1795), cm 120 x 133.

Nel bassorilievo si evidenzia in particolar modo la figura della donna che, con il figlio in braccio, porge un pane ad una bambina.

Insegnare agli ignoranti

Insegnare agli ignoranti, opera di misericordia
Insegnare agli ignoranti, (1795), cm 120 x133

Il bassorilievo testimonia i criteri educativi del tempo: mentre al fanciullo si insegna la lettura, le ragazze imparano a filare e tessere. In primo piano una fanciulla, inginocchiata, recita il Rosario.

Sulle tracce di Canova tra storia, arte  e cultura

Per ricordare degnamente il bicentenario della morte del Canova, si sono svolti diversi eventi nel 2022 e nei primi mesi del 2023.  Uno dei più recenti, è stato quello realizzato presso i Musei Vaticani a  chiusura delle celebrazioni canoviane; un progetto espositivo  ideale per ricordare la figura del celebre scultore italiano, che in Vaticano, ha coperto un ruolo istituzionale  di rilievo  tale che il papa Pio VII gli affidò  il compito, non facile,  per il  recupero delle opere sottratte all’Italia a seguito dalle campagne napoleoniche, compito  che svolse con successo, spinto dall’amore per l’Arte e per l’Italia. Quindi fu anche un Patriota!

Gli eventi più significativi si sono svolti a Possagno (Treviso), suo paese natale, dove nel Museo Canova, sono raggruppate le testimonianze artistiche e personali del grande scultore veneto, indiscusso genio del neoclassicismo ed artista dalla fama internazionale.  

Possagno. Veduta aerea del complesso museale, sullo sfondo il Tempio Canoviano
Possagno. Veduta aerea del complesso museale, sullo sfondo il Tempio Canoviano

Il complesso museale a lui dedicato, è formato dalla Gypsotheca e dalla Casa nataleFanno da contorno il Tempio Canoviano, sempre a Possagno, e il Museo civico di Bassano del Grappa.

La  gypsotheca 

Rappresenta  la  testimonianza  del metodo usato dallo scultore che gli avrebbe  permesso di  riutilizzare i gessi  per altre  statue in marmo  simili o uguali all’originale. In questo modo non si trattava di riprodurre  ‘copie’ ma  di ricreare  vere e proprie  opere originali’ che oggi sono  parte di  un patrimonio artistico internazionale  di rara bellezza.

Sala Museo Canova, Gypsotheca, Possagno
Una delle sale del Museo Canova, Gypsotheca

 È la parte principale del complesso museale, una meravigliosa galleria, dove sono custoditi i modelli originali in gesso delle opere di Antonio Canova, dai quali sono stati riprodotti i marmi delle tante sculture che oggi si trovano esposte in diversi musei italiani e stranieri  ed anche in alcune collezioni private.

La parola “gypsotheca” deriva dal greco e significa raccolta di gessi e quella di Possagno, viene considerata la più grande gypsotheca monografica d’Europa.  Alla morte di Antonio Canova il fratello acquisito, nato dal secondo matrimonio della madre, Mons. Giovanni Battista Sartori (Possagno  1775-1858),  si adoperò per erigere un edificio a Possagno,  in grado di  accogliere degnamente tutte le opere presenti nello studio romano. Così, nel 1829, da Roma, furono imbarcate a Civitavecchia e, dopo settimane di viaggio in mare, giunte a Marghera, vennero portate su carro, fino a Possagno. 

La tecnica: la riproducibilità che non toglie l’autentico

Dal disegno al marmo

Al fine di poter replicare un lavoro in parte o per intero, il Canova rivoluzionò la tecnica di realizzazione di un’opera in marmo. Partendo da un disegno ed un bozzetto in carta, seguito da un modellino in creta, ne realizzava poi un altro a grandezza naturale, di cui faceva un negativo per ottenere la copia in gesso. Dalla forma (il negativo/calco) potevano essere ricavati diversi esemplari. Uno di questi veniva scelto per essere il modello in cui andavano inseriti i chiodini di bronzo – le repères – che servivano poi per riportare le misure esatte di tale modello, dal gesso al marmo.

Riportando la posizione dei chiodi sul blocco di marmo mediante un pantografo, il Canova faceva abbozzare la statua dai suoi assistenti, per riservarsi la finitura con trapano e vari tipi di scalpello, trattando il marmo con sabbie abrasive sempre più impalpabili, fino a lucidare perfettamente la materia su cui a volte stendeva, uno strato di cera leggermente colorata, per rendere l’idea dell’incarnato.

La tecnica: strumento per la misurazione delle repère, Gypsotheca,

Lo strumento usato per collocare i chiodini nei punti utili per la “replica

La tecnica del “repère” (segnale)

Come accennato, il metodo usato da Canova  per la realizzazione delle  sculture in marmo, prevedeva diverse fasi: disegno, bozzetto , modellino in gesso, modello  in argilla a grandezza reale, per passare poi alla forma del modello in gesso, anche questo, a grandezza reale. A questo punto,  applicando la tecnica del repère,  sarebbe stato  possibile ‘replicare’ più esemplari in marmo dello stesso soggetto. Un metodo necessario  per far fronte alla grande richiesta  che gli giungeva da tutta Europa..

Le tre Grazie, dettaglio del gesso con le repères, Gypsotecha

Sul modello scelto venivano collocati dei   chiodini di bronzo (generalmente realizzati con una lega di bronzo ottenuta dalla fusione di zinco, rame e stagno)  sistemati in posizioni simmetriche. Le distanze tra i chiodini venivano misurate e minuziosamente riportate sul marmo mediante l’ausilio di un compasso. Per tale motivo i gessi non venivano mai venduti, ma rimanevano nella bottega dell’artista a Roma  per essere usati nelle commissioni future.

La Casa Natale

Casa Natale, Possagno
La Casa Natale

Accanto alla Gipsoteca, la Casa Natale è parte del percorso museale ed è composta dall’appartamento dell’artista, dove sono perfettamente conservati i suoi disegni, i dipinti, gli abiti, gli effetti personali, gli strumenti di lavoro. Lo scultore era solito ritornare nel suo paese natale per prendersi una pausa dalla mole di lavoro che aveva nel suo studio romano.  In questi ‘intermezzi’, si dedicava alla pittura, ed è per questo motivo, che qui ci sono molti dei suoi dipinti. Quindi non solo scultore, ma anche pittore!

Museo Canoviano

Museo Canoviano, Gypsotheca, Possagno
Museo Canoviano e Gypsotheca, Possagno

Tempio Canoviano

Tempio Canovano, Possagno
Tempio Canovano, Possagno

Questa risulta essere l’opera architettonica più celebre del Canova: il tempio venne progettato tra il 1804 ed il 1818, con il supporto di validi disegnatori ed architetti, in sostituzione della vecchia chiesa di Possagno, che mostrava segni di danneggiamento. L’artista si accollò la quasi totalità delle spese, ma grazie anche alla grande partecipazione di tutta la comunità del paese e del circondario, che offrì materiale e lavoro volontario, compresi i giorni festivi, la posa della prima pietra avvenne l’11 luglio 1819 tra grandi feste di paese, presenti Antonio Canova e le autorità. 

Canova morì il 13 ottobre 1822, a lavori iniziati da poco, ma nel suo testamento affidò al fratellastro, Mons. Giovanni Battista Sartori il compito di completare il grande tempio da lui fortemente voluto. Il 7 maggio 1832, ci fu la cerimonia di inaugurazione, celebrata personalmente da Mons. Sartori, con la consacrazione del Tempio come Parrocchia della Santissima Trinità.  Al suo interno, oltre a diverse opere dell’artista, sono conservate parti delle sue spoglie.

Museo Civico di Bassano del Grappa

Canova era nato a  Possagno, ma con Bassano intrattenne un rapporto privilegiato. Nel Museo Civico è conservata una considerevole raccolta di documenti manoscritti, la sua biblioteca, le incisioni delle sue opere, dipinti, sculture, disegni.  Per ricordare i 200 anni della sua morte è stata allestita una grande mostra “Io, Canova. Genio europeo”, dove erano presenti tante opere in prestito provenienti da diversi musei e da collezioni private.

Chiosco del Museo Civico di Bassano
Chiosco del Museo Civico di Bassano
 

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