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Lo “Idroscalo Provincia di Milano”

Il mare di Milano

Non c’è che dire, la città non si fa mancare proprio nulla! “Il mare di Milano”, così tanti chiamano questo specchio d’acqua, è in effetti un lago artificiale di 0,8 km2, alimentato sia da acque sorgive provenienti dalla falda freatica del fiume Lambro, che dalle acque del Naviglio della Martesana, circondato da un ampio parco con oltre cinquemila piante, in un’area vasta 1,6 km2. Si trova a 8 km dal centro di Milano, a est della città, adiacente all’Aeroporto Enrico Forlanini di Linate, tra i Comuni di Segrate e Peschiera Borromeo.

Pur non essendo fisicamente nel Comune di Milano, fa parte del Parco Agricolo Sud, ed è sicuramente uno de più grandi parchi di divertimento della città metropolitana, fra i più ambiti, frequentato soprattutto d’estate, da giovani e famiglie con bambini. E’ un polmone verde adattissimo a picnic e dotato di molte attrazioni, per trascorrere qualche ora di svago, e relax, lontani dai trambusti della città. Nelle acque di questo lago si può non soltanto immergersi e nuotare, o prendere il sole lasciandosi cullare su un gommone alla deriva, ma è possibile praticare diverse discipline sportive acquatiche (come nuoto, vela, canottaggio, sci nautico, canoa, surf). Il bacino risulta essere un eccellente campo di gara per competizioni internazionali di canoa, kayak e canottaggio. Il parco poi, tutt’intorno, offre la possibilità di fare passeggiate, percorsi nel verde, allenamenti, corse, staffette, maratone, ciclismo, tennis, pallavolo, beach-volley, pattinaggio, rugby, skate, arrampicate, equitazione oltre a partecipare alle manifestazioni sportive come le gare nazionali di Triathlon,…. senza contare naturalmente la possibilità di sbizzarrirsi con divertimenti per tutti i gusti, come il luna park, giostre, il cinema all’aperto, gli spettacoli musicali e canori, il festival del cibo di strada per non parlare di quelli più importanti che si organizzano di anno in anno ….(negli anni passati, ad esempio ci sono stati i Festival dei Gods of Metal, Evolution, MI AMI e Aquabike Music).

L’Idroscalo è pure sede di molti servizi culturali e di ricerca, in collaborazione con l’Università di Pavia (analisi potabilità dell’acqua, del sottosuolo, delle alghe, dei fanghi ecc.) così come centro per le eccellenze sportive, per gli atleti professionisti e amatoriali: in definitiva, l’occasione per tutti di stare all’aria aperta. Come si dice oggi, è praticamente luogo di “sport a km 0”, di socialità, distrazione, ristorazione, divertimento, cultura, musica e gioco.

Quando è nato questo lago?

Come s’intuisce già dal nome, originariamente è stato realizzato non esattamente per scopi sportivi o ludici. Dobbiamo tornare indietro di un secolo … la vita, allora, era molto meno frenetica di oggi.

I pionieri dell’aviazione, o meglio coloro che, con buona dose di “fegato”, nel primo decennio del 900, riuscirono indenni a mettere a punto le loro prime “fragili” macchine volanti, fecero delle scelte molto pragmatiche sui luoghi da dove provare a far librare in aria i loro fragilissimi apparecchi. I velivoli terrestri ed acquatici nacquero in quel periodo, quasi in contemporanea. Le esigenze, allora, erano naturalmente limitate e senza grosse pretese: bastava disporre di un campo pianeggiante, oppure di un piccolo specchio d’acqua, per tentare di spiccare il volo, sperando di non schiantarsi!

In Italia. il veronese Mario Calderara (1879 – 1944) fece i suoi primi esperimenti nel 1907, nel Golfo di La Spezia con un biplano munito di galleggianti.

Ndr. – Mario Calderara, fu il primo italiano titolare del brevetto di pilota n. 1 in Italia (rilasciato dalla Federation Aeronautique Internationale, nel 1910), e fu lui a costruire il primo idrovolante italiano nel 1911.
Nel 1898 fu ammesso all’Accademia Navale di Livorno, e fu promosso guardiamarina nel 1901. Era fortemente attratto dalla possibilità dell’uomo di volare, cosa che in quegli anni cominciava pian piano a trasformarsi da pura fantasia a realtà. Sono di quel periodo infatti i tanti studi e i primi successi del tedesco Otto Lilienthal e dei fratelli statunitensi Wilbur e Orville Wright.
È proprio con questi ultimi che Mario Calderara ebbe un’intensa corrispondenza. Nel 1905, dopo aver appreso la notizia che avevano effettuato con successo il primo volo con il proprio aereo, egli chiese loro alcuni lumi e dettagli tecnici. Ricevette le risposte che cercava, e negli anni nacque tra loro un’intensa amicizia.
Con le informazioni dei fratelli Wright, nel 1907, iniziò i primi esperimenti di volo a vela nel golfo della Spezia. Nel corso degli esperimenti con un biplano trascinato da una nave, raggiunse prima un’altitudine di oltre quindici metri, poi però cadde in ’acqua e rischiò la morte per annegamento.

Durante la Prima Guerra Mondiale, risulta che sia gli idrovolanti che i velivoli terrestri furono ampiamente usati per bombardamenti sul suolo nemico. Nel 1917, per esempio, Gabriele D’Annunzio fece delle incursioni contro le installazioni navali del golfo di Cattaro, usando dei biplani da bombardamento Caproni CA 33; nell’agosto del 1918, sempre lui, fece un’azione dimostrativa del sorvolo di Vienna (territorio nemico) con degli SVA 5 della 87ª Squadriglia aeroplani “Serenissima”.

Idroscalo, un errore di previsione

Per chi si trova a visitare l’Idroscalo oggi, risulta difficile credere che quest’area così rigogliosa, fosse solo un secolo fa, semplice terreno agricolo, e che una trasformazione così radicale sia stata opera dell’uomo! In particolare quello specchio d’acqua, inizialmente “pensato” per motivi non certo sportivi o ludici, come potrebbe sembrare, è in realtà il frutto (ben mascherato), di un “errore di previsione”. In ultima analisi, è proprio di questo, che si tratta! Non sempre, come si vede in questo caso, gli errori vengono per nuocere!

E’ nato infatti, come pista di ammaraggio per idrovolanti, ma ahimè troppo tardi, così ne ha visti davvero ben pochi planare su quello specchio d’acqua! ll suo utilizzo pertanto, in quella funzione, è stato decisamente sporadico, non essendo mai stati realizzati dei regolari collegamenti aerei da Milano con le altre città, cosa che viceversa, avvenne già dal 1926 in poi, dall’ idroscalo fluviale di Torino, ben più precario e modesto di questo. Come mai? Vediamo un po’ la storia di questo Idroscalo fin dalle sue origini.

Quale il futuro? Aeroplano o idrovolante?

Eravamo negli anni Venti del secolo scorso. Quando, all’inizio di quegli anni, la prospettiva di trasformare gli aeroplani in un vero mezzo di trasporto civile cominciò a diventare più concreta l’esigenza per i velivoli terrestri, di utilizzare delle ampie superfici pianeggianti come piste permanenti per il loro decollo e atterraggio, si scontrò subito con il problema degli alti costi di simili realizzazioni. Per gli idrovolanti invece, la possibilità di sfruttare gli specchi d’acqua esistenti, fossero essi mare, laghi, fiumi. o bacini artificiali, si presentava come la soluzione economicamente più vantaggiosa e pure di rapida attuazione, specie in un paese come l’Italia, dal grande sviluppo costiero, e anche abbastanza ricco di bacini idrici all’interno.

Inoltre, verso la metà degli anni 20, gli aerei e gli idrovolanti italiani si erano distinti per affidabilità, anche a livello internazionale, rendendosi protagonisti di grandi imprese (Coppa Schneider e trasvolate varie) e godevano quindi di grande popolarità e pure di autorevoli sostegni.

Ndr- – La Coppa Schneider nata come una competizione per idrovolanti, istituita nel 1911, per incoraggiare il progresso tecnologico, soprattutto in campo motoristico nell’aviazione civile, divenne ben presto una gara di pura velocità su circuito triangolare, inizialmente di 280 km, e poi di 350 km. La prima edizione risale al 1913, ma divenne popolare soprattutto fra gli anni venti e i primi anni trenta: alcune corse attirarono folle di oltre 200.000 persone.

Quanto alle trasvolate di italiani (con areoplani) è sufficiente ricordare:
– nel 1920, il volo Roma-Tokio, i cui protagonisti furono Arturo Ferrarin e Guido Masiero e due giovani motoristi, Gino Cappannini e Roberto Maretto.
Dopo la costituzione della Regia Aeronautica come Forza Armata autonoma, il 28 marzo del 1923, lo sviluppo dell’aviazione conobbe in Italia un nuovo impulso: l’aeroplano incarnava perfettamente il modello di modernità, eroismo, capacità di imprese assolute, propugnato dal regime.
– nel 1925, Francesco De Pinedo e il motorista Ernesto Campanelli volarono per 55mila chilometri, da Sesto Calende a Melbourne, a Tokio e poi a Roma.
– nel 1927, De Pinedo, Carlo Del Prete e Vitale Zacchetti compirono una crociera di 46.700 chilometri sul percorso Elmas-Porto Naval-Rio De Janeiro-Buenos Aires-Asunción-New York-Terranova-Lisbona-Roma.

CURIOSITA’ LESSICALE :
Perché si chiama idroscalo?
Quando si parla di evoluzione della lingua in funzione del progresso, il termine idroscalo è una delle parole inventate all’inizio del secolo scorso, quando si presentò la necessità di definire degli specchi d’acqua dotati di attrezzature specifiche, ove gli idrovolanti potessero fissare le loro basi, usufruendo di punti d’attracco, di rampe, gru semoventi, piani di alaggio, hangar per il ricovero ecc. ovviamente diversi rispetto alle strutture delle normali aree portuali ove trovavano ormeggio le navi e gli altri natanti in generale. Peraltro, a ripensarci, è abbastanza curioso come, ad esempio, la parola “porto”, che di solito fa pensare alle navi, quindi all’acqua, sia usata spesso in italiano per definire invece dei luoghi terrestri, tipo gli “aero-porti” o gli “auto-porti”, utilizzati dagli aerei o dagli autotreni che, con l’acqua non hanno nulla a che fare. La logica suggerirebbe il termine “porto” associato piuttosto ai luoghi di sosta degli idrovolanti, che con l’acqua hanno una certa familiarità. Ai primordi dell’aviazione, prima della Grande Guerra, gli aeroporti si chiamavano aerodromi” di chiara assonanza con autodromi”, ma la cosa durò solo pochi decenni, quelli in cui gli aeroplani, ancora in fase pionieristica, sembravano dei rischiosi attrezzi sportivi per pochi audaci, ancora più pericolosi delle già poco affidabili automobili di allora. Comunque la lingua italiana aveva “sdoganato” il termine “idro-volante” con chiaro riferimento all’acqua usando una radice greca“idro”, radice che mantenne anche nel definire le loro basi. Preferì aggiungere alla radice “idro” il lemma “scalo”, non volendo, evidentemente, creare confusione con le navi, visto che il lemma “porto” era già stato usurpato per le basi dei velivoli terrestri.

Cosa stava accadendo nel resto d’Italia in quegli anni?

La Società Italiana Servizi Aerei

I primi voli turistici con idrovolanti

I fratelli Callisto, Fausto e Alberto Cosulich, proprietari della Fratelli Cosulich, importante impresa armatoriale di Monfalcone, già fondatrice e proprietaria del Cantiere Navale Triestino (oggi Fincantieri), nel 1921, acquistarono un vecchio biplano FBA Type H, dismesso dalla Regia Marina, allo scopo di trasportare la clientela di riguardo, da Trieste ai loro alberghi di Portorose, in Istria (oggi in Slovenia), evitandole un lungo viaggio in automobile.
Constatato quanto venissero apprezzate quelle brevi escursioni aeree, i fratelli  Cosulich decisero di affiancare alla loro attività turistica, anche un’impresa di navigazione aerea. La S.I.S.A. (Società Italiana Servizi Aerei) venne quindi fondata nel 1922 a  Lussinpiccolo (oggi in Croazia), con lo scopo di gestire una scuola di volo per piloti di idrovolanti civili e militari, oltre che per effettuare voli turistici tra Trieste, Venezia  e Portorose.

Nel 1924 i primi voli civili sperimentali Trieste-Venezia

I primi collegamenti (non ancora regolari) con idrovolanti, furono effettuati già nel 1924 tra Trieste e Venezia, La risposta dell’utenza a questi esperimenti, fece intravedere buone opportunità di sviluppo del servizio, convincendo i Cosulich ad estendere i collegamenti oltre i confini del Triveneto.

Nel 1926, la prima linea ufficiale dell’aviazione civile in Italia, Torino-Trieste

Nel 1926, la S.I.S.A. ottenne l’autorizzazione per l’istituzione della linea trisettimanale Torino-Trieste, andando a servire un bacino d’utenza comprendente l’intero Nord Italia e facendo di questa società. la prima compagnia di aviazione civile operante in Italia e la maggiore compagnia aerea dell’Italia settentrionale di quel periodo. Oltre al servizio passeggeri, faceva pure servizio postale e trasporto di giornali e pacchi di dimensioni contenute. La costruzione del primo idroscalo di Trieste, intitolato ad Oscar Cosulich, risale al  26 settembre 1926  e fu contemporanea a quella di analoghe strutture nei principali scali di Venezia, Pavia e Torino. Si trattava inizialmente di un hangar galleggiante ormeggiato alla radice del Molo Audace, lato Nord (solo più tardi sarebbe stata costruita, lì vicino una stazione fissa)

Trieste – L’hangar della SISA alla radice del molo Audace

Il volo inaugurale

La cerimonia ufficiale d’inaugurazione della linea aerea avvenne il 1º aprile 1926, a Pavia sul Ticino, alla presenza delle autorità locali e di Benito Mussolini giunto appositamente da Roma. per presenziare allo storico evento. Per la verità storica, il primo volo si levò non da Trieste, bensì, causa – guarda caso – la Bora, da Portorose, dove autorità ed invitati vennero trasferiti rapidamente a mezzo automobili.

La targa commemorativa dell’evento, alla radice del molo Audace (foto di Daniela Costantin)
CANT 10 TER in fase di flottaggio
Tratta degli idrovolanti della società SISA

Il volo inaugurale partì in contemporanea da Portorose (Trieste) e dall’Idroscalo di Torino con due coppie di idrovolanti biplano monomotore CANT 10 Ter (dotati ognuno di sei posti interni), costruiti dalle Officine Aeronautiche del Cantiere Navale Triestino di Monfalcone. Fra le autorità, a bordo di uno dei quattro velivoli vi era il generale Bonzani (Sottosegretario di Stato all’Aeronautica e Capo di Stato maggiore del Regio Esercito).
In condizioni normali il volo copriva una distanza di 574 km in circa cinque ore, alla velocità di crociera di 140 km/h, tenendo conto che la rotta, partendo da Trieste, prevedeva scalo a Venezia e poi, seguendo il corso del Po, un secondo scalo a Pavia, prima di arrivare alla destinazione finale di Torino.

La Società Italiana Servizi Aerei fu, nel 1934, assorbita dalla Soc. Aerea Mediterranea, che, a sua volta, nell’ottobre dello stesso anno, confluì, assieme  ad altre società, nella neo costituita “Ala Littoria”.

Curiosità

Prezzo del biglietto

La tariffa del biglietto della tratta Torino-Trieste costava sulle 350 Lire a passeggero, importo astronomico, che corrispondeva circa a uno stipendio (mensile) medio di un professionista dell’epoca.

I servizi di bordo

Poiché la carlinga dei velivoli non era ancora pressurizzata e vi erano abbondanti spifferi, ai passeggeri veniva offerta la possibilità di disporre di una coperta, di una borsa dell’acqua calda per difendersi dal freddo e dei batuffoli di ovatta per attutire l’assordante rumore del motore. [Ndr. – il tutto compreso nel prezzo del biglietto] 

La sosta a Pavia

La sosta a Pavia era necessaria per poter effettuare le operazioni di rifornimento carburante e le verifiche tecniche all’idroscivolante. Durante tale sosta, ai passeggeri era offerta la possibilità di potersi ristorare nella struttura dell’idroscalo grazie alla presenza di un ottimo ristorante e di una confortevole sala d’aspetto. [Ndr. – il tutto, non compreso nel prezzo del biglietto] 

Servizi vari erano inoltre a disposizione sia dei passeggeri sia del pilota dell’aereo stesso.

Cronologicamente, quel 1926 fu un anno importantissimo per l’aviazione civile italiana.

  • 1 aprile la Torino-Trieste, (via Pavia , Venezia) prima linea interna nel Nord Italia
  • 1 agosto la Brindisi-Atene-Istanbul. prima linea internazionale
  • 16 settembre la Torino-Zara (via Pavia, Venezia, Trieste e fermata facoltativa a Lussinpiccolo)

Nell’arco di brevissimo tempo, erano poi nati numerosi altri idroscali e nuove rotte sia in città sul mare come Genova, Ravenna, Ancona, Brindisi, Taranto, Orbetello, Alghero, Olbia, Cagliari, Marsala, Augusta, Siracusa che in località sui laghi come Sesto Calende, Como, Bracciano e anche sui fiumi come Casale Monferrato. Roma, Perugia …. per elencare solo i più importanti!

Avrebbe potuto la metropoli lombarda continuare a rimanere tagliata fuori da queste rotte? No di certo, anche perché l’idroscalo di Pavia, l’unico di tutta la regione, era comunque troppo lontano per i milanesi. Fra l’altro, lo scalo pavese sulla linea aerea Torino-Trieste rappresentava in quegli anni, una importante risorsa per le esigenze di comunicazione di buona parte della Lombardia, al punto che il Comune di Milano, in attesa di trovare una diversa soluzione, aveva deciso di istituire un collegamento con l’Idroscalo di Pavia, tramite autocorriere che arrivavano e partivano in coincidenza con i voli.

Visto il successo della linea Trieste-Venezia-Pavia-Torino, della S.I.S.A. . rotta questa, che interessava tutto il nord Italia, ci si era definitivamente convinti che gli idrovolanti sarebbero stati il futuro dell’aviazione. Milano città d’acqua, priva di sbocchi al mare, o di laghi o di adeguati bacini idrici nelle vicinanze, proprio nel 1926, richiese la stesura di un progetto per dotare la città di una “pista” di ammaraggio per gli idrovolanti, cosa che avrebbe permesso di ampliare indirettamente l’Aerodromo di Taliedo, l’unico aeroporto della città e uno dei primi in Italia (costruito nel 1910 e situato in un’area delimitata dalle attuali via Mecenate, viale Ungheria e via Salomone).

AERODROMO DI TALIEDO
Fu il primo campo di aviazione di Milano che nacque a seguito di una grande manifestazione aviatoria, gara di velocità aperta a piloti e apparecchi stranieri, denominata Circuito Aereo Internazionale di Milano 1910.
Fu ideato dalla Società Italiana di Aviazione, con lo scopo di promuovere iniziative aviatorie. Per l’occasione, fu adibito a zona di volo, un vasto terreno agricolo, di oltre un milione di metri quadrati, di proprietà della Società Immobiliare Lombardo Veneta, su cui sorgevano varie cascine fra cui la  Taliedo, la più grande della zona. [Taliedo è un nome derivato dalla presenza in zona di numerosi alberi di tiglio (tilietum in latino)].
L’area venne attrezzata con hangar e officine di manutenzione, tribune stampa, torrette di segnalazione, edifici del Comitato Organizzatore, magazzini per il carburante. Nell’Aerodromo d’Italia (come quel campo fu pomposamente chiamato), venne ricavato un percorso di gara chiuso, di forma triangolare. Furono requisite ed abbattute tutte le cascine della zona ad eccezione della Cascina Taliedo che venne eliminata successivamente. L’Aerodromo venne collegato con la città da una linea tramviaria, la numero 35, con capolinea in Piazza Ovidio. Nel 1913, il campo divenne aeroporto militare, con due squadriglie del Battaglione Aviatori del Regio Esercito.
Questo campo utilizzato per prove e collaudi, anche dalle adiacenti officine aeronautiche Caproni, venne ufficialmente denominato Aerodromo di Taliedo, realizzando, in tal modo, una delle più moderne strutture aeroportuali dell’epoca.

Hangar Aerodromo di Taliedo


Questo aerodromo, che oggi non esiste più, andò in disuso verso la fine degli anni Trenta, quando, dopo l’inaugurazione del nuovo Aeroporto Forlanini di Linate, nell’ottobre del 1937, il nuovo scalo divenne totalmente operativo.

Primo progetto per l’idroscalo

Il progetto per il miglioramento dell’Aerodromo di Taliedo, prevedeva di unificare in una sola struttura, l’operatività degli idrovolanti e quella degli aeroplani, (mantenendo comuni i servizi). Si era pensato di creare un bacino d’acqua della lunghezza di circa un chilometro, al di là della via Marco Bruto  (l’attuale via Mecenate) che fiancheggiava l’Aerodromo, via sulla quale si affacciavano tutti i principali servizi, e parallela agli scavi del progettato canale industriale Milano-Po (che fu effettivamente iniziato ma mai realizzato compiutamente).

Ma il progetto dell’Idroscalo fu ben presto accantonato a causa dei costi eccessivi, dovuti alla necessità di dover demolire e ricostruire altrove, diverse costruzioni esistenti nell’area interessata.

Per qualche mese non se ne parlò più finché l’emanazione di una legge dello Stato (la n. 1639 del 27 giugno 1927), che, per favorire lo sviluppo dell’aviazione, imponeva a tutte le province di avere almeno un campo per l’atterraggio degli aerei terrestri ed uno specchio d’acqua per l’ammaraggio degli idrovolanti, fu lo spunto per obbligare, anche i più riottosi all’idea, a ripensare in fretta una soluzione definitiva al problema.

Secondo progetto per l’idroscalo

A questo punto, l’allora podestà di Milano, Giuseppe De Capitani d’Arzago, decise di riprendere in mano il progetto (precedentemente accantonato), nell’intento di individuare una soluzione accettabile, trovando l’immediato appoggio da parte del presidente della Lega Aerea Nazionale, Fabio Mainoni. Questi fece rifare un nuovo progetto a Gino Utili, un valente geometra della Società Caproni che si era già fatto notare come esperto progettista di campi d’aviazione e di scali sull’acqua. Gli dette carta bianca sulla scelta della zona, con l’unica clausola che l’area prescelta non fosse troppo distante dalla città. Analizzato attentamente il territorio circostante l’Aerodromo di TaliedoGino Utili individuò un’area ancora più ampia dello stesso aerodromo, non molto distante da lì, anche se un poco più lontana dalla città, nella zona di Tregarezzo, quartiere di Segrate, proprio l’area dell’attuale Idroscalo. Tutta quella zona infatti, oltre ad essere totalmente pianeggiante e priva di cascinali, quindi completamente agricola e ricca di fontanili, aveva pure il notevole vantaggio di essere anche parzialmente già scavata. Essendo destinata a lago artificiale con una decina di metri di profondità, il poter utilizzare già delle cave esistenti avrebbe indubbiamente ridotto sensibilmente sia i tempi di scavo che quelli di asporto materiale, riducendo quindi tempi e costi di realizzazione del suo nuovo progetto. Le cave presenti nella zona infatti, erano frutto di consistenti sbancamenti operati dalla ditta Lucchini, impresa edile tuttora esistente. Avendo questa azienda, vinto, qualche anno prima, la gara d’appalto per la costruzione del grande scalo merci nei pressi della stazione di smistamento di Lambrate, aveva effettuato degli scavi consistenti in quella zona, per ricavare sabbia e ghiaia, da utilizzare in quel cantiere,

Il nuovo progetto di Gino Utili, prevedeva un bacino di circa 2500 metri di lunghezza, da 150 a 300 metri di larghezza e una profondità di una decina di metri. Per quanto riguarda i collegamenti del nuovo Idroscalo, con l’Aerodromo di Taliedo e col centro città (distante circa 8 km), essendo concepito come una moderna stazione idro-aviatoria, oltre ad utilizzare verso nord l’esistente strada Rivoltana, Gino Utili aveva pensato al prolungamento in linea retta di Corso XXII Marzo, aprendo una nuova carreggiata lunga più di 3 km e larga una trentina di metri (l’attuale viale Forlanini), sino all’area interessata, dove, alla fine del lungo rettilineo, sarebbero stati costruiti i moli d’imbarco per gli idrovolanti. In prossimità dell’invaso era anche previsto un ampio anello stradale di ventiquattro metri di larghezza. La zona era, inoltre, facilmente raccordabile con la stazione di smistamento di Lambrate.

Approvazione definitiva e inizio lavori

Questo nuovo progetto, anche se non vicinissimo all’Aerodromo di Taliedo, piacque in linea di massima, alla Commissione giudicante. Con mirabile lungimiranza, ci si rese ben presto conto che, data la sua considerevole lunghezza, allargandolo un po’, il bacino avrebbe potuto essere utilizzato, non solo come pista di ammaraggio per idrovolanti ma pure ad uso sportivo, per lo svolgimento di competizioni acquatiche. Pertanto, in previsione di un possibile utilizzo anche sportivo dell’impianto (quando non utilizzato dagli idrovolanti), venne richiesto al geometra un significativo ampliamento della larghezza dello specchio d’acqua, cosa questa che, a causa del notevole aumento dei volumi di scavo che simile richiesta avrebbe comportato con i mezzi tecnici ancora piuttosto modesti di allora, avrebbe inevitabilmente dilatato i tempi di consegna dell’impianto. Era infatti stato richiesto di prevedere rispettivamente una larghezza di 300 metri all’estremità nord e 450 metri a quella sud.

Seguendo il necessario iter burocratico, ottenuta la positiva valutazione dagli uffici della Provincia di Milano, il progetto venne inviato all’esame del Ministero dell’Aeronautica, allora retto da Benito Mussolini, il quale, rimase impressionato dalla grandiosità dello stesso. Ne fu talmente entusiasta, che sollecitò lui personalmente, con una lettera scritta di suo pugno, la Provincia affinché fossero sveltite al massimo le pratiche burocratiche necessarie per consentire l’inizio dei lavori il prima possibile. Lui dal canto suo, avrebbe sollecitato la stesura e l’approvazione di un Decreto che definisse quella, come opera di pubblica utilità, Decreto necessario per permettere alla Provincia un veloce esproprio dei terreni di quella zona (appartenenti ai Comuni di Segrate e di Peschiera Borromeo). Completate velocemente le procedure burocratiche, i lavori iniziarono effettivamente nel primo semestre del 1928.

Pare che più volte Mussolini, nelle sue puntate a Milano, abbia voluto andare ad ispezionare il cantiere di persona, per rendersi conto di come stavano procedendo i lavori di sbancamento del bacino.

Partendo dalle cave già esistenti, gli scavi proseguirono alacremente verso sud, interessando aree appartenenti sia al comune di Linate, che a quello di Peschiera Borromeo. Per velocizzare i lavori, oltre a numerose squadre di sterratori, si fece largo uso di mezzi meccanici come draghe ed escavatori. Per l’asporto del materiale scavato, venne stesa una rete di 30 km di binari ed usati carri merci aperti trainati da locomotive a vapore.

A metà del 1930, il bacino aveva già raggiunto dimensioni ragguardevoli al punto che già il 28 maggio di quell’anno, un primo idrovolante militare SIAI Marchetti S5 poté ammarare, senza particolari problemi, nello specchio d’acqua già scavato. Successivamente, mentre i lavori ancora proseguivano, ne ammararono altri.

L’inaugurazione dell’idroscalo

Lo “Idroscalo Provincia di Milano”, questo il suo nome, venne inaugurato ufficialmente già il 28 ottobre 1930. Erano passati tre anni dal primo annuncio del progetto da parte del Commissario Straordinario della Deputazione Provinciale.
Non è chiaro perché abbiano voluto inaugurarlo così presto essendo, in realtà, l’opera ancora ben lungi dall’essere finita: era stato completato appena poco più di un terzo del volume complessivo dello scavo, e mancava ancora di buona parte delle tipiche infrastrutture aeroportuali, come hangar, locali amministrativi, di controllo e stazione passeggeri.

28 ottobre 1930, Mussolini inaugura l’Idroscalo

Il rallentamento dei lavori

Comunque, dopo questo primo eclatante exploit, nel corso dell’anno successivo, i lavori che fino a quel momento erano stati frenetici, subirono un deciso rallentamento. Ciò fu dovuto da un lato, all’abrogazione, nel settembre del 1931, degli obblighi imposti dalla legge 1639 del 1927 (quella sulla necessità di dotarsi di uno specchio d’acqua per fare ammarare gli idrovolanti), dall’altro, dal calato entusiasmo ed interesse iniziale per il tipo di velivolo (probabilmente perché ci si era resi conto che stava dando scarsissimi utili a fronte degli alti costi di gestione). Ulteriore motivo di rallentamento dei lavori, fu la crisi economica che, dopo il crollo delle Borse nel 1929, si fece maggiormente sentire, a distanza di tempo, nel settore delle costruzioni.

Nel giro di pochi anni, divennero dunque sempre più rilevanti le esigenze legate all’utilizzo sportivo del bacino. I lavori di scavo dell’intero lago erano però ancora lontani dall’essere completati tanto che la previsione iniziale del termine dei lavori già nel 1931, si era rivelata decisamente fin troppo ottimistica.

Nel frattempo, nel 1932, il podestà Marcello Visconti di Modrone, con l’idea di creare un grande scalo aeronautico per Milano, propose all’allora Ministro dell’Aviazione Italo Balbo, l’ambizioso progetto di un nuovo aeroporto tre volte più grande di quello esistente e di chiudere il vecchio scalo di Taliedo. Tra le diverse proposte, prevalse quella di realizzare l’aeroporto ad ovest dell’Idroscalo, in modo da creare un polo integrato fra velivoli di tipo diverso. Avuto l’assenso del Ministero dell’Aviazione, i lavori per il nuovo Aeroporto di Linate, iniziarono nel giugno del 1933.

I “littorali del remo”, sprone per accelerare i lavori

Tenendosi sufficientemente larghi nelle previsioni di completamento dell’intera opera, le autorità sportive erano state indotte a programmare nell’aprile del 1934, lo svolgimento dei “Littorali del remo”, una grande manifestazione di canottaggio a livello europeo. La programmazione anche di altri eventi sportivi importanti quali i campionati europei di motonautica (che si sarebbero poi tenuti nel 1938), aveva offerto lo stimolo a concludere i lavori di sistemazione definitiva di tutta l’area, compresa la realizzazione di una grande tribuna per il pubblico, sulla sponda nord-ovest.

Requisiti i cantieri della Lucchini

Tornando ai “Littorali del remo”, in seguito ad una ispezione effettuata nell’ottobre del 1933, sul futuro percorso di gara, si scoprì che il bacino non superava ancora i 1500 metri di lunghezza, quando, per il corretto svolgimento delle gare, sarebbe stato indispensabile disporre di uno specchio d’acqua di almeno 2200 metri. Visto che l’impresa Lucchini non stava mantenendo le promesse di avanzamento lavori nei tempi programmati, l’Amministrazione Provinciale fu costretta a requisire i cantieri dell’impresa e ad assumere direttamente la direzione dei lavori. Procedendo a tappe forzate, lavorando su tre turni, 24 ore su 24, riuscì non solo a recuperare il tempo perduto, ma pure ad allungare l’invaso portandolo alla misura regolamentare in tempo utile per garantire il regolare svolgimento delle gare, che ebbero fra l’altro, un enorme successo soprattutto in termini di presenza di pubblico alla manifestazione. Pare quindi che i lavori di ampliamento del bacino, si siano conclusi nel marzo del 1934, proprio alla vigilia della grande manifestazione di canottaggio. Fortunatamente, almeno la strada d’accesso per arrivare all’impianto (viale Forlanini), era stata completata già nel 1932.

I “Littorali del remo”, vennero poi ripetuti l’anno successivo (1935), con una organizzazione ancora migliorata, nella certezza che ormai anche Milano era pronta ad ospitare manifestazioni internazionali non avendo nulla di meno rispetto ai più blasonati campi di gara stranieri.

La consacrazione definitiva dell’Idroscalo a luogo privilegiato di manifestazioni sportive, più che a scalo per idrovolanti, avvenne tra il settembre e l’ottobre del 1938, quando l’impianto fu teatro dei campionati europei di canottaggio e dell’importante gara internazionale di motonautica. In questa occasione fu anche realizzata, a cura del Comune di Milano, la grande tribuna coperta tuttora esistente sul lato nord- ovest, e furono eseguiti numerosi lavori di sistemazione delle sponde.

Anche se all’epoca, per fare funzionare il bacino come pista per gli idrovolanti, vennero installati gli impianti necessari per consentire le manovre notturne, assicurando l’illuminazione della zona, l’idroscalo non fu mai terminato, essendo rimasto privo di gran parte delle infrastrutture di supporto previste. L’orientamento del mercato che, in un primo momento, sembrava favorire gli idrovolanti rispetto agli aerei terrestri, si rivelò errato perché, alla resa dei conti, la loro gestione si stava rivelando assolutamente fallimentare. Errore di previsione nel quale era incappata Milano che, non disponendo di bacini artificiali (a parte la Darsena), e non volendo d’altra parte, perdere le opportunità di collegamento offerte dal nuovo mezzo di trasporto, era stata costretta ad optare per la costruzione di un nuovo bacino. Anche volendo, non sarebbe stato possibile utilizzare la Darsena già pesantemente usata come porto fluviale, in quanto comunque con i suoi 750 metri di lunghezza, sarebbe stata una pista troppo corta per far ammarare o decollare degli idrovolanti in sicurezza. Il rapido sviluppo assunto dall’aviazione terrestre determinò, già entro la fine degli anni Trenta, il progressivo abbandono degli idrovolanti, in quanto soggetti a notevole limitazione di impiego.

Nel frattempo, il nuovo Aeroporto di Linate, già aperto nell’ottobre del 1937, stava iniziando a diventare operativo.

L’Aeroporto Enrico Forlanini di Linate nel 1939

Dopo la parentesi della Seconda Guerra Mondiale, all’inizio degli anni ’50, con la nascita degli aeroporti terrestri, l’attività commerciale degli idroscali, in Italia, fu definitivamente sospesa. Per quanto riguarda l’Idroscalo di Milano, nel corso di quegli anni, questo specchio d’acqua venne ancora utilizzato con una certa frequenza dalla società aeronautica Nardi, solo come pista di collaudo di un suo veicolo anfibio. Decenni più tardi, altri piccoli idrovolanti sarebbero sporadicamente ammarati all’Idroscalo.

Il grande rimboschimento effettuato nel corso degli anni 1957 e 1958, e quindi la creazione del parco tutt’intorno al grande invaso, consentì negli anni successivi la fruizione di tutta quell’area, non solo da parte degli abitanti della zona ma pure dei milanesi, finendo col diventare un classico delle loro domeniche estive. Ci si andava la domenica in bicicletta o, i più ricchi, con l’autobus o in Lambretta, e con l’immancabile stereo e le borse termiche portate da casa, si passava la giornata a giocare e fare picnic sui prati in riva al lago. Si faceva poi il bagno e, prima dell’imbrunire, si rientrava in città. I più giovani oggi, forse avranno sentito raccontare queste storie dai loro genitori che, usavano trascorrere così le loro domeniche con i nonni negli anni del dopoguerra, ma a ricordarci quei momenti, oggi ci sono le indimenticabili immagini di Rocco e i suoi fratelli, il capolavoro del celebre regista Luchino Visconti, girato nel 1960, nella periferia milanese e lungo le rive dell’Idroscalo.

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Il boschetto della zona sud dell’Idroscalo

Inquinamento

Nel corso del tempo, il bacino non ha sofferto di particolari problemi di inquinamento: solo di recente hanno iniziato però a proliferare numerose alghe, probabilmente a causa della crescente incuria in cui è caduta l’area. Non a caso comunque, uno dei principali scopi del nuovo centro di ricerca, impiantato proprio lì, all’Idroscalo, sarà quello di estrarre e utilizzare le stesse alghe, assieme ai fanghi del posto, per creare dei fertilizzanti ecosostenibili.

Laghetto delle Vergini

Attività

Intorno al lago oggi, si organizzano competizioni di 22 discipline sportive, dal canottaggio al rugby, dalla vela allo sci nautico, passando per il nuoto e il beach volley. Ci sono centri estivi per bambini e adolescenti, e aree per i cani realizzate nei primi anni 2000. C’è anche una spiaggia che occupa tutta la riva est del bacino. Vi sono pure delle piscine all’aperto.

Curiosità

Il giardino dei giochi dimenticati

Chi non ricorda (fra i non più giovanissimi) di aver giocato almeno una volta nella vita a “Un, due, tre stella”, o a “La casa”, oppure a “Ce l’hai”? Chi di noi, da piccino, non ha mai saltellato su riquadri numerati disegnati da noi stessi, per terra, col gesso, stando attenti a non finire col piede sui bordi? Ci si divertiva con nulla! Si correva, ci si rotolava sull’erba, tra salti e risate senza nulla più di un prato e tanti amici. Ebbene, qui c’è anche Aulì Ulè, un giardino interamente dedicato ai bambini piccoli, diverso però dagli altri perché è totalmente privo di strutture per il divertimento. È basato sull’idea che i bimbi debbano essere lasciati liberi di esercitare la loro creatività, a contatto con la natura. È un ponte tra passato e futuro, tra giochi di una volta da riscoprire e giochi nuovi da inventare con quanto si ha a disposizione (cioè l’ambiente naturale, un prato, degli alberi dei cespugli) dando così libero sfogo alla loro fantasia.

Spazio dedicato all’arte

Vi è uno spazio dedicato all’arte associato con l’Accademia delle belle arti di Brera, che ha permesso la creazione di un laboratorio permanente, dove i giovani studenti possono lavorare ed esporre le loro opere.
Vi è pure il Museo dei Giovani Artisti, con opere di Land Art (ove Terra e natura sono protagoniste nell’arte), e opere di scultura tradizionale.

L’isola delle rose

E’ un isolotto di circa 700 metri quadrati, raggiungibile attraverso due ponti in legno. Andando a visitare l’Idroscalo, questo è un angolo romantico di paradiso, da non perdere. E’ possibile passeggiare o fare sport tra i colori e profumi di una quindicina di varietà differenti di rose. Vi è anche un monumento alla resistenza, ai piedi del quale si gode della vista migliore sui colorati giochi geometrici del giardino, sullo sfondo azzurro del lago.

Idroscalo di Milano – Isola delle rose

Note

Come arrivarci

L’Idroscalo si trova a lato dell’Aeroporto di Linate, tra i Comuni di Segrate e Peschiera Borromeo. 

Bus: linea diretta “73/” da Duomo M1 per Aeroporto Linate – S. Felicino scendendo alla fermata Strada Rivoltana/Tribune. 
Auto : Dalla tangenziale est, uscita num. 6 Linate Aeroporto/Idroscalo. Poi, entrare su Viale Forlanini, quindi SP 15/B “Paullese”, e seguire le indicazioni per Melzo, Peschiera Borromeo.

Metrò: Linea 4 (o blu) capolinea “Linate aeroporto”. Si prosegue poi a piedi lungo la strada per circa un chilometro (mediamente 12 minuti)

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