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La Torre del Filarete

Premessa

C’è tutto un intreccio di storie e leggende che ruota intorno alla Torre del Filarete, che, insieme alla Madonnina e al Duomo, è uno dei simboli più noti della città di Milano per il suo profilo immediatamente riconoscibile. Ormai questa torre è nota al mondo intero con questo nome, anche se in effetti, non è del tutto corretto e ne vedremo il motivo.

Chi era questo Filarete?

Antonio, figlio di Pietro Averlino, nato a Firenze attorno al 1400, fu il famoso architetto e scultore fiorentino, detto il ‘Filarete’. Perché lo abbiano chiamato così e non col suo cognome ‘originale’ cioè Antonio Averlino, non è dato saperlo, o perlomeno, non sono riuscito ancora a scoprirlo.
Formatosi alla scuola dello scultore Lorenzo Ghiberti (vengono attribuite anche a lui le formelle della porta del Battistero a Firenze), il suo primo vero lavoro come scultore, fu, a Roma nel 1433, la più grande porta bronzea della Basilica Vaticana, commissionatagli da Papa Eugenio IV. Filarete fu autore, tra l’altro, pure di un celebre “Trattato di Architettura”.

Tornato a Firenze nel 1448, venne raccomandato da Piero de’ Medici, a Francesco Sforza, il quale gli affidò, nel 1452, la costruzione e la decorazione della torre centrale della facciata del Castello Sforzesco di Milano.
Una volta costruita, l’opera fu motivo di forti contrasti fra lui e gli altri ingegneri che partecipavano all’esecuzione del progetto, soprattutto a causa della decorazione architettonica che, secondo loro, ingentiliva troppo, la severa facciata del Castello. Per tacitare ogni motivo di lite, Filarete, che caratterialmente doveva essere un tipo piuttosto schivo, si licenziò dal duca, lasciando che gli altri ingegneri completassero, a loro piacimento, il suo lavoro.

Francesco Sforza, non la prese bene e non condivise l’auto-licenziamento del Filarete. Poiché lo stimava molto, per dimostrargli l’apprezzamento per l’opera da lui fatta, gli affidò nel 1460, l’incarico per il grande progetto dell’Ospedale Maggiore, lavoro questo, che gli diede grande fama.
Ma torniamo al Castello e alla famosa Torre.

Un po’ di storia

Siamo tra la fine del 1400, e i primi due decenni del 1500. Questo fu un periodo molto confuso e turbolento per l’intera penisola italiana, a causa, principalmente, delle mire espansionistiche dei Re francesi. Questi infatti, con accordi di convenienza, riuscirono ad insediarsi, senza colpo ferire, nel Regno di Napoli. In seguito, cacciati da lì, se ne tornarono in patria, non senza lasciare spiacevoli ricordi del loro passaggio.

Tempo di riorganizzare l’esercito, ed ecco che il nuovo oggetto di attenzione francese, divenne questa volta, il Ducato di Milano. In particolare, Novara che, in seguito alla cattura di Ludovico il Moro, fu sotto l’assedio da parte dei francesi, nei primi anni del nuovo secolo. A dire il vero, le scaramucce fra truppe francesi, aiutate da squadroni di mercenari svizzeri o tedeschi (i famosi lanzichenecchi), e truppe svizzere al soldo degli Sforza, furono abbastanza frequenti, e con esiti alterni. Alla fine, nel 1515, con la sanguinosa battaglia di Merignano (l’attuale Melegnano), gli svizzeri che operavano per conto degli Sforza, per un errore di strategia, ebbero la peggio, nonostante fossero molto ben organizzati.
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Milano, che, alla caduta di Ludovico il Moro, era diventata un protettorato svizzero, perduta la guerra, venne occupata dai francesi, sottraendo il governatorato della città a Massimiliano Sforza (figlio di Ludovico il Moro).

Il Castello ‘vandalizzato’

Quella che, fino ad allora, era stata la residenza degli Sforza, e quindi una dimora sontuoso con sale di rappresentanza e saloni per le feste, arredati lussuosamente, con quadri, tappeti, mobilio e suppellettili di pregio, venne letteralmente svuotata dai vincitori, vandalizzata e ‘dato in pasto alla soldataglia francese’, che ne combinò di tutti i colori.
Il Castello, si trasformò quindi, di colpo, in caserma per le truppe di occupazione e in deposito di armi e munizioni.

La torre distrutta da un’esplosione

In tutto questo susseguirsi di avvenimenti, la famosa torre, eretta dal Filarete, ebbe vita breve, molto breve … durò nemmeno settant’anni. E questo non a causa di eventi bellici …. In una notte di fine giugno del 1521 infatti, una violenta esplosione, fece crollare rovinosamente l’imponente Torre, facendo più di trecento morti fra i soldati francesi.

L’inchiesta

Oggi la cosa non stupirebbe più di tanto. Il primo pensiero sarebbe un attentato da parte di qualche frangia estremista …
Il crollo destò enorme stupore all’epoca, non ritenendo possibile potesse accadere una disgrazia di simile proporzioni. Come succede anche oggi in situazioni analoghe poco chiare, accertato che non si trattava di alcun attentato, tre furono le versioni plausibili. La prima, la versione ’ufficiale’ che si poteva raccontare, la seconda, quella ‘ufficiosa’ che si conosceva ma, che era meglio passare sotto silenzio…. e la terza, di comodo (quando non si voleva incolpare nessuno).

A quale di queste versioni dare credito? Non lo sapremo mai! Tutte e tre erano sicuramente possibilii. La prima, una giustificazione altamente improbabile (anche se possibile), la seconda decisamente più intrigante, la terza, diciamo ‘fatale’.

1a ipotesi: La versione ‘ufficiale’

Attribuì la colpa del crollo, ad un soldato francese che, di guardia alla torre, incautamente, azionò una bomba ‘per sbaglio’. Che ci faceva con una bomba in mano? Mah! La cosa fu sicuramente poco credibile. Comunque, poiché la torre era adibita ad armeria, l’esplosione dell’ordigno, avrebbe provocato una serie di esplosioni a catena fra le munizioni stoccate nell’armeria, facendo collassare tutta la torre.
Questa giustificazione ovviamente non convinse nessuno, anche perché, tra la gente, stava serpeggiando una voce insistente di tutt’altro tenore, avvalorata pure da un fatto diversamente inspiegabile.

2a ipotesi: La versione ‘ufficiosa’

Odet de Foix (Maresciallo di Francia e visconte di Lautrec), avendo partecipato alla campagna militare per la conquista di Milano, dal 1517 assunse il governatorato della città, precedentemente affidato a Gian Giacomo Trivulzio. Il soggetto non aveva una buona fama, perché crudele, impulsivo, attacca brighe, violento e poco incline al dialogo. Dopo il crollo della Torre del Filarete, sul suo conto cominciarono a circolare alcune voci insistenti. … che il suo cattivo temperamento, fosse stata la principale causa del crollo.

Odet de Foix, visconte di Lautrec
Odet de Foix, visconte di Lautrec

Odet de Foix abitava nel palazzo del Governatore (il vecchio Broletto – l’attuale Palazzo Reale). Avendo un sonno piuttosto leggero, spesso soffriva di disturbi notturni. La sua camera da letto si trovava a pochi passi di distanza dalla chiesa di San Gottardo in Corte. Sulla sommità del campanile della chiesa c’era la statua in rame, di San Michele Arcangelo. Il cigolio del metallo, alla base della statua, nelle giornate ventose, non gli dava pace, portandolo a manifestazioni di pazzia.

Statua di San Michele in cima al campanile della chiesa di San Gottardo alle Ore
Statua di San Michele in cima al campanile della chiesa di San Gottardo alle Ore

Si narra, che il conte passò diverse notti insonni, prima di prendere la sciagurata decisione. Mandò a chiamare uno dei prigionieri rinchiuso nelle segrete del Castello, già condannato a morte e in attesa dell’esecuzione. Questi era un artigliere svizzero, al soldo degli Sforza, che, salvatosi dalla carneficina di Merignano, era stato ricercato dai francesi, non si sa bene per quali nefandezze commesse. Noto come “Il Bombarda”, era stato trovato in giro, insieme alla fidanzata e incarcerati entrambi, ovviamente in celle diverse.

Promessa di rilascio se …

Odet de Foix promise all’artigliere il rilascio immediato suo e della giovane fidanzata Assuntina, a patto che il condannato gli distruggesse la statua di San Michele, che gli stava procurando le notti insonni.
Quella stessa notte, il soldato svizzero, tornato in guardina al castello, si fece dare dai soldati una bombarda, prese la mira e con un solo colpo, riuscì a centrare, da quella distanza, la statua in cima al campanile, decapitandola.

Promessa non rispettata

Il giorno dopo, il giovane si aspettava di essere liberato assieme alla fidanzata, come da promessa, ma ciò non avvenne.
Anzi, oltre a non rispettare la parola data, Odet de Foix rincarò la dose. Nonostante sapesse benissimo che Assuntina era la fidanzata del ‘Bombarda’, il conte coinvolse la ragazza in un’orgia con i soldati, ovviamente contro la sua volontà.

La vendetta

Il Bombarda, ancora rinchiuso nella sua cella al Castello, sentendo le urla della sua fidanzata, perse il controllo. L’arma con cui aveva abbattuto l’angelo, era ancora a pochi metri da lui perchè nessuno si era preoccupato di venirla a recuperare. Decise di farla pagare al de Foix, e orientò la bombarda verso il deposito munizioni, sparando alla vicinissima Torre del Filarete. La storia della vendetta del Bombarda è sicuramente un episodio tragico ed insolito, ma giustificherebbe, l’assurda decapitazione della statua in cima al campanile, avvenuta proprio in quei giorni.

3a ipotesi: La versione ‘fatale’

E’ quella di un violento temporale estivo. Secondo questa ipotesi, un fulmine avrebbe colpito l’alta torre, provocando la detonazione degli esplosivi e il conseguente crollo. Rimane ovviamente incomprensibile la distruzione della statua di san Michele. Ci fu chi attribuì comunque l’episodio, alla collera divina.

Passato il momento, l’inchiesta finì nel dimenticatoio …

Le tre versioni continuarono a circolare per anni fra la gente, ognuno arroccato sulle sue posizioni. Alla fine finì tutto in una bolla di sapone, dimenticato come il resto. E come finì nel nulla l’inchiesta, alternandosi gli occupanti stranieri, il Castello mantenne le sue funzioni di caserma per tutto il periodo delle dominazioni straniere in Italia (spagnoli, austriaci, francesi e austriaci ancora). Alla fine, dopo questo lunghissimo periodo di utilizzo senza mai fare ristrutturazioni di sorta, il Castello era così mal ridotto, che si stava seriamente pensando di destinare tutta l’area (comprensiva della Piazza d’Armi (attuale Parco Sempione), alla speculazione edilizia.

Si pensa di demolire il Castello

Per oltre trecentocinquant’ anni, il Castello comunque rimase senza la sua torre. Il consiglio Comunale aveva in programma di deliberare la demolizione del Castello tanto era fatiscente, nell’ottica di riordino di tutta l’area. L’architetto Luca Beltrami, contrario alla distruzione delle memorie del passato, essendo, all’epoca, professore di architettura pratica alla Accademia di Belle Arti milanese e al Politecnico, si mise a fare degli studi sui documenti reperibili, circa la possibilità di restaurare il Castello e ricostruire la torre di cui era andata persa ogni traccia.

Luca Beltrami (1854-1933)
Luca Beltrami (1854-1933)

La ricerca di un disegno della torre

La Torre di accesso al Castello, che vediamo oggi, è il risultato della sua appassionata ricerca di disegni, su documenti dell’epoca.
Raccontò lui stesso le fasi della sua ricerca, in una sua pubblicazione datata 24 settembre 1905.

L’uragano provvidenziale del 1888

Stavo brancolando nel buio, quando un pomeriggio …..
“or sono 17 anni, costretto da un uragano a cercare riparo sotto il porticato della cascina. già Villa Pozzobonella, allora suburbio di Milano, mi decisi, per impiegare in qualche modo il tempo, a sfaldare il rozzo intonaco sulla parete di fondo del portico.”

e fu così che lui trovò dei graffiti, raffiguranti proprio quanto stava cercando, cioè come doveva essere quella Torre, alla fine del Quattrocento.

cascina Pozzobonelli
cascina Pozzobonelli

Nei pressi della Stazione Centrale, all’inizio di via Andrea Doria, è possibile riconoscere ancora oggi, quello che rimane di una casa di villeggiatura quattrocentesca appartenuta alla famiglia Pozzobonelli, feudatari di Arluno. Un discendente della famiglia, Giuseppe Pozzobonelli, fu arcivescovo di Milano per ben otto lustri, dal 1743 al 1783

Alla casa, situata allora, in aperta campagna, era stato affiancato un oratorio, collegato ad essa tramite un porticato a dieci arcate. La cascina è stata quasi totalmente demolita fra il 1890 e il 1930. Rimane attualmente solo la cappella e una porzione del portico, sulla cui parete interna, sono ancora oggi visibili i graffiti che rappresentano la Torre del Filarete da cui ha preso spunto il Beltrame, nella sua opera di ricostruzione.

Ulteriori ricerche di disegni

Ovviamente non soddisfatto, Luca Beltrami, cercò ulteriori documenti ed elementi di raffronto: ancora un graffito nella sala capitolare dell’Abbazia di Chiaravalle, lo sfondo di una ‘Madonna con Bambino‘, di Francesco Napoletano, [pseudonimo di Francesco Galli (Napoli, 1470 circa – Venezia, 1501), di scuola Leonardesca, oggi custodita all’interno del Castello], e infine la torre del Castello di Vigevano. più o meno dello stesso periodo, che si affaccia ancora oggi sulla bellissima piazza a portici di Vigevano. tutti questi, elementi fondamentali per poterne ricostruire l’aspetto rinascimentale della torre del Castello

Il modello della torre in legno e tela

Avendo avuto la richiesta di ricostruire la torre del Filarete al Castello come quinta teatrale per uno spettacolo di illuminazione, in occasione del “gran Premio del Commercio”, tenuto il 20 maggio 1893, Luca Beltrami ricostruì in legno e tela, il frontale del Castello con in mezzo una torre alta ben 45 metri. La cosa piacque tantissimo ai milanesi ed ebbe notevole eco anche sulla stampa ed in particolare sul corriere di quei giorni.

modelo in legno della torre del Filarete
modelo in legno della torre del Filarete

Dal Corriere della Sera del 17 maggio 1893:
“Sabato sera [20 maggio 1893] vi sarà, come dicemmo, la grande illuminazione del Castello, che dovrebbe riuscire di un bellissimo effetto. Essa rappresenterà l’antica facciata Sforzesca con la torre del Filerete della quale ci siamo occupati l’altro giorno. Questa facciata fa parte del progetto di ricostruzione al quale attende l’on. Beltrame. Il Castello sarà illuminato alla veneziana con più migliaia di lumicini colorati. Saranno in ugual modo illuminati la piazza Castello , la via Dante, la piazza Ellittica [piazza Cordusio] e la via Mercanti”.  

Il crollo della struttura a causa del vento

Finita la manifestazione, la finta torre avrebbe dovuto essere subito rimossa, ma l’interesse della gente fu tale, che si pensò di mantenere la struttura per qualche giorno ancora. Non durò molto … il 22 maggio,  esattamente due giorni dopo la fine della manifestazione, mentre quattro ragazzini si divertivano ad arrampicarsi sulla struttura, complice qualche robusta folata di vento, si ruppero gli ancoraggi e tutto l’impalcato crollò improvvisamente, ferendo i ragazzi, fortunatamente in modo non grave.

La costruzione in muratura

Indipendentemente da questo incidente, quella nuova struttura aveva colpito a tal punto l’immaginazione dei milanesi che fu chiesto a Luca Beltrami di ricostruirla, questa volta in muratura. E, allo scopo, fu lanciata una sottoscrizione pubblica.

Posta la prima pietra il 29 luglio 1901, i lavori procedettero speditamente e si completarono in quattro anni. La torre, monumentale, venne inaugurata il 24 Settembre 1905, in tempo utile per l’Esposizione Universale del 1906.
Alta 70 metri, la Torre del Filarete venne dedicata a re Umberto I, ucciso a Monza il 29 luglio 1900.
Beltrami inserì nella torretta superiore (con merlatura ghibellina – a coda di rondine), un orologio ornato da un sole raggiante, ispirato alle insegne degli Sforza. Commissionò allo scultore Luigi Secchi, (lo stesso autore della statua del Parini, in Piazza Cordusio), la statua di Sant’Ambrogio presente nella nicchia centrale, ispirata allo stile scultoreo della seconda metà del Quattrocento. Sempre a Secchi, commissionò il bassorilievo con Umberto I a cavallo, in marmo di Candoglia.
In memoria degli Sforza, Luca Beltrami scelse, infine, di far dipingere sei stemmi: a sinistra della nicchia con la statua di Sant’Ambrogio, quelli di Francesco, Galeazzo Maria, Gian Galeazzo a destra quelli di Ludovico il Moro, Massimiliano e Francesco II.

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