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La storia del teatro

Il teatro a Milano fra dominazione spagnola ed austriaca

Il Teatro alla Scala è nato da un incendio”. Che vuol dire? C’era prima un altro teatro? Ma dove? Sulle carte dell’epoca, nessuna traccia! Come mai? Per scoprire la risposta, bisogna tornare un po’ indietro nel tempo … Quale fu il primo teatro della città? Nel bene e nel male, è sicuramente legato agli eventi storici che, nell’arco del tempo, si sono susseguiti.  Cominciamo con ordine:

Breve storia del teatro

Nella concezione degli antichi Greci e Romani, il ‘teatro’ era un luogo fisso, all’aperto, ove il pubblico, che assisteva agli spettacoli, era costretto a  ’lavorare di immaginazione’ … le scene erano evocate con le parole …. la notte rappresentata da una fiaccola accesa …

Il teatro nel Medioevo

Nel Duecento, il primo luogo scenico, inteso come ‘teatro’, diventò la chiesa, luogo chiuso, ove vennero rappresentate scene a carattere prettamente religioso.

Cento anni più tardi, la necessità di dare sfogo alla libera espressione degli artisti (fase di passaggio fra sacro e profano) comporterà, l’installazione di palchi sul sagrato delle chiese (cioè fuori da esse), o nelle piazze, in modo da poter fare delle rappresentazioni non solo strettamente religiose, ma anche profane. Le confraternite organizzavano gli spettacoli (come contenuto), mentre le  corporazioni, provvedevano alla presentazione scenica dell’ambiente.

Più tardi ancora, il teatro si spostò dalle piazze, alle vie, diventando ‘itinerante’. Il Carnevale, ad esempio, con la sfilata dei carri, è ancora oggi, un’espressione dell’antico teatro di strada.

Da ultimo, ai tempi degli Sforza, ecco farsi strada la figura del ‘giullare’, una sorta di attore professionista che si guadagnava da vivere divertendo il popolo nelle piazze o allietando le nozze, le feste ed i banchetti di Corte, al Castello.

Il teatro nel Cinquecento

Comunque, fino ai primi del Cinquecento, non risulta che a Milano esistessero strutture fisse adibite agli spettacoli teatrali.

Dopo le turbolenze dei primi anni del Cinquecento, caduti gli Sforza, il Ducato di Milano, nel luglio del 1546, passò in mani spagnole.  La città cominciò a godere di una nuova stagione di rinnovamento, grazie all’arrivo del governatore Ferrante Gonzaga, che si stabilì nel vecchio Broletto (l’attuale Palazzo Reale), essendo il Castello ridotto piuttosto male, a causa dei saccheggi. Nei nove anni del suo governatorato, oltre che a promuovere la fortificazione della città con le mura (spagnole), provvide anche a fare ristrutturare pesantemente il vecchio Broletto, che diventò a tutti gli effetti, il Palazzo Ducale.  

Oltre alla sontuosa residenza del Governatore e alle sale di rappresentanza, il palazzo era in grado di ospitare anche altri organi dello Stato come il Senato cittadino, i Tribunali Regi, ecc. , senza contare i vari uffici amministrativi, le abitazioni del corpo di guardia ed i servizi vari.

Era una sorta di cittadella nella città. Dobbiamo immaginare questo Palazzo molto più grande rispetto a quello che vediamo oggi, anche dal punto di vista strutturale, comprendendo anche l’isolato degli attuali uffici del Comune in via Larga.

Nel dicembre del 1548, due anni dopo l’inizio dell’amministrazione spagnola, venne in visita a Milano, Filippo II, re di Spagna. Per festeggiare il suo arrivo, il governatore Gonzaga fece organizzare in suo onore, oltre a feste e tornei, come d’uso, l’allestimento di due commedie (grande novità per l’epoca) da recitarsi in una sala prestata dal Senato cittadino, allestita allo scopo, come teatro di prosa.

Verranno presentati al Re, L’Alessandra di Alessandro Piccolomini e Gli inganni di Niccolò Secco, capitano di Giustizia di Milano, letterato dilettante. Questa risulta essere la prima forma di ‘teatro’ di cui si ha notizia a Milano, dopo il lungo periodo di oscurantismo medioevale.   

Passarono una decina d’anni ed ecco comparire sulla scena, il giovanissimo Carlo Borromeo inviato a Milano dallo zio Papa Pio IV, prima come amministratore apostolico (1560-1563) e, successivamente, a soli 26 anni, come vescovo della Diocesi milanese (1564-1584).

Poiché, da circa ottant’anni, mancava un arcivescovo residente a Milano, cioè la sede era vacante, si era radicata in città una situazione di pesante degrado morale. Fin dai primi anni del suo lungo episcopato, Carlo Borromeo, nella sua missione di moralizzazione dei costumi dell’epoca, non godette di molte simpatie né tra i potenti, per la sua opera di contrasto dei privilegi di cui godevano, né tra lo stesso clero, per l’eccessivo rigore delle sue posizioni.

Visto poi che Arcivescovado e Governatorato erano fianco a fianco, era difficile per i nobili riuscire a nascondere le feste da ballo che organizzavano, nonostante i divieti della Chiesa.

L’occhio vigile dell’arcivescovo, dalle finestre lì accanto, dava evidentemente fastidio, anche perché le reprimenda non tardavano ad arrivare e non era piacevole sentirsi bacchettare da un giovane nemmeno trentenne. Durante i vent’anni del suo episcopato, ne soffrì pesantemente anche il teatro, visto dall’arcivescovo, come simbolo di degrado dei costumi.

La morte prematura di Carlo Borromeo nel 1584 all’età di soli 46 anni, fu salutata con giubilo da tutti coloro che avevano risentito pesantemente delle restrizioni da lui imposte, e quindi i costumi morali degli aristocratici tornarono nuovamente a ‘rilassarsi’: feste, balli, spettacoli, tornei, giochi e banchetti ricominciarono a rallegrare le serate a Corte. Il Palazzo Ducale tornò ad essere la ‘movida’ cittadina, limitata per il momento, alla sola nobiltà!

Nel 1594, in occasione dei preparativi per i festeggiamenti per delle nozze di suo figlio Íñigo, il governatore Juan Fernandez de Velasco, fece costruire, sotto la direzione dell’architetto Giuseppe Meda, un teatrino provvisorio in legno, coperto, all’interno del primo cortile del palazzo. Realizzato giusto in tempo per l’evento, venne inaugurato con la messa in scena della ‘Caduta di Fetonte’, spettacolo di corte con brani musicali di accompagnamento, (un primo tentativo del melodramma che si svilupperà compiutamente nel Seicento).

Questa grande struttura temporanea era riservata agli spettacoli musicali, mentre gli spettacoli di prosa venivano invece già rappresentati in un più raccolto ambiente localizzato in una sala all’estremità nord-orientale del palazzo, sul lato verso l’odierna via delle Ore.  

Nel 1598, in occasione del passaggio per Milano, di Margherita d’Austria in viaggio verso la Spagna per sposare l’Infante Filippo, figlio del re Filippo II, Velasco fece smontare il teatrino provvisorio in legno del primo cortile (fatto fare per i festeggiamenti delle nozze del figlio) e fece costruire, con parte del materiale recuperato, un salone a riserva di Theatro, nel secondo cortile del Palazzo (allora, ancora giardino).  

Sala ’multifunzionale’, diremmo oggi, da usare principalmente come teatro fisso, (cioè aveva la struttura di un teatro), ma all’occorrenza anche come salone per le feste e per i  banchetti di Corte.

La sala, maestosa, era a forma rettangolare, con 12 colonne per lato, che sorreggevano un loggiato, mentre sul fondo, al centro, troneggiava la loggia reale. Dall’altra parte, agli angoli del Salone, due fontane di marmo con statue di mostri marini e giochi d’acqua. Il soffitto venne decorato da Camillo Landriani, con una grande composizione allegorica. Questa sala-teatro, fu denominate ‘Salone Margherita’ a ricordo della visita della principessa.

Piantina di Milano del 1600

Il teatro nel Seicento

Guardando la piantina della Milano del Seicento, si può notare, di fianco alla Cattedrale (lato Palazzo Reale), una teoria di edifici che oggi si ha difficoltà a riconoscere, tali sono i rifacimenti eseguiti nel tempo. L’attuale piazzetta all’ingresso del Palazzo, non esiste in quella cartina, perché faceva parte del cortile principale del Broletto, mentre il secondo cortile sul retro era un giardino, sul quale si affacciavano gli appartamenti del Governatore.

Questo preesistente “Teatro delle Commedie” rimase in funzione anche nel Seicento e nel primo Settecento: qui in particolare si esibivano le compagnie di artisti itineranti.

Le cronache dell’epoca riportano alcuni dettagli relativi allo spettacolo coreografico fatto per l’inaugurazione della sala alla presenza della principessa Margherita: un ballo in maschera fra dame e cavalieri della nobiltà meneghina, presi come attori, con una quadriglia finale d’effetto, tipica della tradizione italiana.  Da questo esempio, s’intuisce la progressiva evoluzione dello spettacolo, in forme sempre più elaborate e complesse. Nasce il concetto di orchestra e di regia: ‘sentire l’immagine e vedere il suono’.

Il primo teatro fisso di Milano nacque praticamente qui, in quegli anni, fra le mura del vecchio Broletto ristrutturato. È grazie al Salone Margherita che cominciò a diffondersi in città la passione per l’opera, fino ad allora, praticamente sconosciuta.

Il salone Margherita

Nel Seicento, l’interesse per questa nuova forma d’arte prese piede anche fra la borghesia che, in occasione della programmazione degli spettacoli, cominciò a frequentare sempre più assiduamente il Palazzo.  Fra prosa e melodrammi, gli spettacoli allestiti sia nel Salone Margherita che nel ‘Teatro di prosa’, ricavato adeguando una sala del Palazzo proprio a questo scopo, riscossero man mano, successo crescente tra il pubblico.

Nel corso del Seicento, salvo brevi periodi d’interruzione dovuti a lavori di consolidamento della struttura, il Salone Margherita continuò l’attività teatrale quasi per tutto il secolo.  Un incendio, nel 1695, devastò una parte del Salone. I lavori di ristrutturazione , durati quattro anni, consentirono la realizzazione, nel loggiato esistente, di nuovi palchi per la nobiltà. L’attività teatrale riprese nel 1699.

Il Settecento

Nel 1700, la morte di Carlo II d’Asburgo, re di Spagna, fece scatenare la lunga guerra di Successione Spagnola. Milano, ne risentì pesantemente a causa dell’aggravio dei balzelli, tesi unicamente a finanziare le operazioni belliche in corso, mettendo in ultimo ordine, le opere necessarie alla città.

Nel 1708 arrivò in visita a Milano, l’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Appena finita una rappresentazione teatrale in suo onore nel Salone Margherita, un furioso incendio devastò completamente la struttura. Teniamo presente che a quei tempi, tutti gli spettacoli al chiuso, erano necessariamente al lume di candela, per cui la probabilità di incendi era decisamente elevata. In attesa della ricostruzione del nuovo Teatro, sulle rovine della Sala Margherita andata distrutta, i nobili milanesi finanziarono la realizzazione di un teatrino provvisorio, in un angolo del primo cortile del palazzo. Questo funzionò per 6 anni, con alterne fortune.

Il trattato di Rastatt del 1714 assegnò definitivamente Milano all’Austria. Nel 1717, all’insediamento in città del nuovo governatore austriaco Massimiliano Carlo Alberto di Löwenstein, questi s’ingraziò l’aristocrazia, autorizzando immediatamente i lavori di ricostruzione di un nuovo teatro sullo stesso luogo della sala distrutta. Lo volle più ricco e bello di prima, con una struttura a ferro di cavallo, su progetto di Gian Domenico Barbieri, quattro ordini di palchi ed un loggione, oltre ad un ampio palcoscenico. La realizzazione dell’opera fu velocissima, al punto che l’inaugurazione avvenne alla fine dello stesso anno (1717). Il nuovo teatro ’in casa’ prese il nome di ‘Regio Ducale’.

Ma anche la vita di questo teatro non durò a lungo. Il 26 febbraio 1776, un terzo violento incendio lo devastò completamente in maniera irreparabile. Le cronache avanzarono forti dubbi sulla casualità di questo incendio dato che, da quando insediato, il governatore dell’epoca, conte Carlo Giuseppe di  Firmian, si lamentava per il continuo andirivieni  di pubblico vicino ai suoi appartamenti privati a Palazzo, andirivieni inevitabile, dato che il teatro era proprietà dei nobili che avevano finanziato interamente l’opera.

Così, per compiacere il governatore, e per maggior comodità del pubblico, si decise per la ricostruzione del Teatro non più all’interno del Palazzo Ducale, come era stato fatto finora, ma in un’area esterna, centrale, facilmente raggiungibile da tutti. Poiché il teatro, oltre che per gli spettacoli teatrali, veniva normalmente utilizzato anche per il gioco d’azzardo, era diventato, col passare degli anni, un indispensabile luogo di ritrovo per l’alta borghesia. Pertanto, in attesa della ricostruzione del ‘Regio Ducale’, gli aristocratici, fecero edificare a loro spese, un ‘Teatro Interinale’ (struttura temporanea) in legno nel cortile della vecchia casa di Bernabò Visconti ( la Ca’ di Can – oggi demolita per fare posto all’Hotel Cavalieri in Piazza Missori). Nel frattempo, una delegazione di nobili andò a trattare a Vienna, l’autorizzazione a far erigere in città, in sostituzione del teatro distrutto, due nuovi teatri, uno ‘nobile’, più grande, l’altro ‘popolare’, più piccolo.  La scelta ove erigere i nuovi teatri, ricadde, col consenso di Maria Teresa, sull’area di due vecchi edifici storici: la chiesa di Santa Maria alla Scala già sconsacrata, e le Scuole Cannobiane.

Il teatro Regio Ducale

Il progetto di entrambi i nuovi teatri venne affidato al celebre architetto Giuseppe Piermarini. Il ‘Regio Ducale Teatro alla Scala’ (oggi ‘Teatro alla Scala’), costruito a tempo di record, nell’arco di due anni esatti, verrà inaugurato il 3 agosto del 1778 alla presenza dell’arciduca Ferdinando (figlio di Maria Teresa d’Austria) e della consorte Maria Beatrice d’Este, con la messa in scena del melodramma ‘l’Europa riconosciuta’ di Antonio Salieri.

Il ‘Teatro delle Cannobiane’ (attuale ‘Teatro Lirico’), costruito sullo stesso stile della Scala, con forma a ferro di cavallo, ma con minore numero di palchi e arredi più semplici, verrà invece inaugurato l’anno successivo, il 21 Agosto 1779, con un’Opera Buffa e dei Balletti, il tutto con musiche di Antonio Salieri.

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