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La piazza del Broletto

E’ inutile andare a cercare sulla piantina di Milano dove sia esattamente questa piazza, perchè non la troverete … o meglio figura sotto diverso nome e vedremo il perchè … E’ comunque in pieno centro città, a due passi da piazza del Duomo.
Parlando di Broletto, a Milano, è sempre bene specificare a quale Broletto stiamo facendo riferimento. Questo, perchè ce ne sono addirittura tre … il Broletto vecchio (attuale Palazzo Reale), il Broletto nuovo oggetto di questo articolo. e il Broletto nuovissimo (attuale Palazzo Carmagnola).

Broletto e brolo, sono dei termini che, in Lombardia si sentono pronunciare spesso … specialmente quando si parla di chiese … Santo Stefano in Brolo, San Nazaro in Brolo … ma qual’è il loro esatto significato?

broletto (dal latino brolo, cortile o campo recintato) o arengario a partire dall’XI secolo, identifica nelle città lombarde l’area recintata dove si solevano svolgere le assemblee cittadine e l’amministrazione della giustizia. In seguito il termine venne usato per indicare il palazzo dei consoli, del podestà e genericamente il palazzo municipale. [rif. Wikipedia]

bròlo (e bròilo) s. m. [lat. mediev. broilus (o broilum) e brolium, lat. tardo brogĭlus, di origine celtica]. Parola anticamente diffusa in tutta l’Italia settentr. e anche in Toscana, che significava orto, frutteto per lo più cinto da muro o siepe: brolo, al modo lombardo, è orto dov’è verdura (Buti); oggi limitata ai dial. della zona padano-veneta (cfr. ven. brolo, frutteto accosto alla casa) [rif. Treccani]

Trattandosi di un termine medioevale, è inevitabile fare una breve digressione sulla Milano comunale del XII e XIII sec. per comprendere meglio le ragioni storiche che hanno comportato la creazione di questo luogo.

L’età comunale

L’età comunale ebbe origine nell’ Italia centro-settentrionale, attorno alla fine dell’XI secolo, sviluppandosi, poco dopo, anche in alcune regioni della Germania centro-meridionale, in Francia, nelle Fiandre e più tardi, con modalità diverse, anche in Inghilterra e nella penisola iberica.

Fenomeno questo, che in Italia perdurò per circa 250 anni, andando man mano esaurendosi tra gli ultimi decenni del XIII secolo e la prima metà del XIV secolo, con l’affermazione sociale di nuovi ceti (aristocrazia, grande e piccola borghesia e plebe) e con l’affermarsi delle ‘Signorie’, come nuova esperienza di governo del territorio. Nella nostra penisola, le città erano sottoposte all’autorità suprema dell’imperatore: tuttavia, in particolare nel nord Italia, a causa della debolezza dell’Impero, l’istituzione comunale poté svilupparsi, meglio che altrove.

Milano nell’età comunale

La legislazione carolingia di qualche secolo prima, aveva posto la Chiesa al servizio dello Stato e quindi in una posizione preminente e incontrastata nella vita della città. L’arcivescovo, normalmente rampollo di famiglia nobile, fedele all’imperatore, sostituiva, con la sua autorità religiosa, il potere pubblico e, agli occhi dei laici, la sua ingerenza nella vita quotidiana, cominciò ben presto a diventare insopportabile.

Con riferimento a Milano in particolare, l’affermazione del Comune come nuova realtà politica ed amministrativa autonoma, significò spesso acuire i contrasti con la Chiesa. L’arcivescovo non poteva vedere di buon occhio il tentativo del Comune di ‘sganciarsi’ dalla sua autorità, facendo nuove leggi e creando una magistratura indipendente, con giurisdizione anche sulle campagne circostanti, proprio lì, dove, lo stesso vescovo, aveva il suo feudo. Significò ovviamente lotte, non certo indolori, che i milanesi dovettero sostenere per affermare la propria autonomia e liberarsi dai vincoli feudali e dall’autorità imperiale.

Nel 1130, Milano era governata da ventitré consoli e, già in quell’epoca, fra questi, vi erano esponenti delle famiglie nobili dei della Torre e dei Visconti.
I consoli venivano eletti tra gli appartenenti a due distinte categorie: i “capitani” (la classe più nobile), e i “valvassori”, che già da un secolo, si erano organizzati nella corporazione della Motta.

i capitani erano dei nobili, proprietari di grossi feudi, i cui terreni erano normalmente fuori città. Per la gestione di tali feudi stipulavano dei contratti agrari con gente della medio/alta borghesia (valvassori) che accettavano in concessione le terre per farle rendere al meglio.
I valvassori dominavano, in modo aleatorio
, le terre date loro in concessione. Infatti sentivano di essere esposti al pericolo di revoca improvvisa del loro feudo da parte dei capitani loro superiori quando questi avessero avuto bisogno di assicurarsi maggior profitto mediante la stipula di nuovi contratti agrari con altri.

Dopo la spedizione punitiva del Barbarossa che, nel 1162, aveva raso al suolo Milano, da quelle macerie, la città rinacque, in pochi anni, più forte di prima. Capitani e valvassori, troppo fedeli alla terra come unica fonte di ricchezza, furono incapaci di dominare una società piena di nuove iniziative. All’interno delle mura appena ricostruite, venne a convivere gente di estrazione sociale molto diversa, che cominciò a dedicarsi alle attività cui era maggiormente portata. I nobili latifondisti, esperti nel maneggiare la spada, appoggiati dall’Arcivescovo, garantivano la difesa della città e delle terre circostanti dalle incursioni nemiche … in effetti facevano i propri interessi proteggendo le loro proprietà. La media borghesia (giudici, medici, notai, artigiani e mercanti), si dedicava invece alle arti, ai mestieri e al commercio, utilizzando i meno abbienti (muratori, contadini … ecc.), come bassa manovalanza. Il Broletto vecchio che, a quanto risulta, esisteva almeno dal X secolo, fu la prima sede del governo della città, di cui si abbia notizia documentata: espletò questa funzione fino al 1251. Successivamente venne ristrutturato e per diversi secoli, divenne il palazzo ducale e la sede dei vari governatorati sotto dominazione spagnola e austriaca.

Broletto vecchio (Palazzo Ducale) all'arrivo di Carlo III di Spagna
Broletto vecchio (Palazzo Ducale) all’arrivo di Carlo III di Spagna nel 1711

La crisi comunale

Iniziò ben presto un lungo periodo di lotte interne. Milano si era dotata di un governo consolare oligarchico, in cui il potere effettivo era nelle mani di una minoranza di soggetti, per lo più operanti a proprio vantaggio e contro gli interessi della maggioranza del popolo. I consoli erano i rappresentanti di importanti famiglie milanesi. Il podestà era il titolare della più alta carica civile nel governo delle città.

La figura politica del podestà si sostituì o si affiancò a quella del consiglio dei consoli. Tale carica, contrariamente a quella di console, poteva essere ricoperta da una persona non appartenente alla città che andava a governare (per questo era detto anche podestà forestiero), in modo da evitare coinvolgimenti personali nelle controversie cittadine e garantire l’imparzialità nell’applicazione delle leggi. Il podestà era eletto dalla maggiore assemblea del Comune (il Consiglio generale) e durava in carica, di solito, sei mesi o un anno. Doveva giurare fedeltà agli statuti comunali, dai quali era vincolato, e alla fine del mandato il suo operato era soggetto al controllo da parte di un collegio di sindaci.

L’affermarsi prepotente della classe lavoratrice (l’unica capace di creare vera ricchezza in città) portò ben presto alla creazione della “Credenza di Sant’Ambrogio”, un’assemblea composta dai membri delle classi borghesi e popolari. Questa nuova formazione, a seguito di una protesta popolare nel 1198, andò a scontrarsi con quella dei “capitani” e della “Motta” per avere una rappresentatività in Consiglio consolare, in modo da poter tutelare i diritti dei propri iscritti. Poiché la durata in carica dei consoli era di un solo anno, ogni anno si rinnovavano le lotte per la conquista delle poltrone.

La coesistenza di queste tre fazioni mostrò ben presto i suoi limiti, sfociando in risse continue e litigi che ovviamente portarono a scontri che culminarono nel 1225 con la vittoria della Credenza e il decisivo ridimensionamento del potere dei “capitani”.

Perchè questa piazza?

Finora tutta la politica cittadina, le riunioni pubbliche e le decisioni su ogni aspetto della vita quotidiana si erano svolte al Broletto vecchio, quella vasta area (oggi parzialmente occupata dal Palazzo Reale) che, come prato (brolo), inizialmente si estendeva ben oltre, fino alle mura della città (porta Romana medioevale). Ma proprio di fianco a quest’area sorgeva l’Arcivescovado …. Le riunioni pubbliche erano tenute all’aperto … Dalle sue finestre, l’Arcivescovo udiva tutto, vedeva tutto … un controllo, alla lunga, giudicato insopportabile.
Siamo nel 1228, anno in cui si risente ancora delle conseguenze della litigiosità fra le fazioni … Sotto il podestà Aliprando Fara da Brescia, i rettori del Comune, stanchi di tali continue, opprimenti ingerenze della Chiesa, decisero il trasferimento degli uffici del vecchio Broletto, ad un luogo più consono, per le ambizioni comunali dell’epoca. La scelta delle possibili opzioni, ricadde su un’area sempre centrale, ma allora non ancora densamente popolata, che potesse diventare il fulcro dell’Amministrazione Comunale cittadina.

Dove trovare un posto adeguato?

Indubbiamente Milano era molto diversa da come la conosciamo oggi. Man mano che ci si allontanava anche di pochi metri dal vecchio Broletto, cuore pulsante della città, andando in direzione del Castello, … fra contrade, vicoli e vicoletti, era tutto un pullulare di attività. Poco più in là, passate le contrade delle botteghe dei mercanti d’oro, e dei profumieri, …sulla pubblica via, tra incudini e rumore di colpi di martelli, fervevano le attività degli armorari, degli spadari, degli speronari, dei fustagnari, degli armaioli. Era tutto un dedalo di viuzze tra case, chiese e lunghi muri di cinta, al di là dei quali si respirava odor di santità …. monasteri ad ogni piè sospinto, con i loro broli, le loro chiesette e i loro piccoli cimiteri …. L’area sulla quale il Comune aveva posato la sua attenzione, non era lontana dal vecchio Broletto, (solo alcune centinaia di metri) e aveva il grosso vantaggio di essere facilmente espropriabile poiché, in gran parte, proprietà proprio di un monastero, quello femminile benedettino di Santa Maria del Lentasio, con il suo bel brolo e l’immancabile piccolo camposanto… C’erano anche alcune case ed un’antica Torre dei Faroldi, nella stessa area …

Il progetto era ambizioso …. creare una grande piazza chiusa (almeno idealmente) da tutto i lati, destinata ad ospitare il nuovo Broletto come luogo aperto d’incontri e di partecipazione popolare alla politica cittadina. Col tempo, tutti i principali uffici dell’Amministrazione, avrebbero trovato comoda sistemazione all’interno di questa cittadella, per il disbrigo delle pratiche correnti … quindi notai, giudici, magistrati, oltre che diventare importante polo per transazioni commerciali ecc. Avrebbero pure previsto un palazzo, residenza del Podestà. Allontanandosi dall’incombente presenza dell’Arcivescovo, e trasferendo le magistrature comunali nella nuova sede, i rettori del Comune intendevano, in tal modo, rimarcare la loro vocazione laica, tenendo idealmente distante il potere temporale da quello spirituale.

Nuova cittadella della politica e della giustizia

Una volta deciso che lì sarebbe sorta la nuova cittadella, vennero fatti gli opportuni acquisti ed espropri da parte del Comune. Il monastero venne trasferito in zona Porta Romana e, dopo le demolizioni indispensabili, la prima costruzione che vide la luce, fu proprio quella del Broletto nuovo. per il quale passarono altri ventitré anni, prima che venisse ultimato nel 1251 e che gli uffici trasferiti dal vecchio Broletto. cominciassero a diventare operativi nella nuova struttura. Quest’area divenne il centro politico e giudiziario cittadino dall’età comunale, fino quasi all’unità d’Italia. La presenza di questo edificio condizionò la definizione dello spazio attorno a sé, attraendo progressivamente nella sua orbita, le sedi delle principali magistrature cittadine.

La piazza del Broletto, era un quadrilatero, che oggi non esiste più nella sua interezza, ma ne rimane solo una parte e, per giunta, con l’improprio nome di piazza dei Mercanti. Quello che non hanno distrutto le guerre nel corso dei secoli, l’hanno fatto i milanesi, di loro spontanea volontà … in nome della modernità e del progresso!

Immaginiamoci quindi un quadrilatero, chiuso da tutti i lati … con delle case tutt’intorno. Ci vorranno un paio di secoli prima di poter vedere la piazza completata, con tutta la corona di edifici antichi, non tutti purtroppo, arrivati fino a noi. Bisogna ‘lavorare’ quindi di fantasia, anche se ci aiuteranno stampe. e alcuni disegni che rendono abbastanza l’idea di quella che doveva essere questa piazza nei secoli passati.

Il palazzo dei Giureconsulti (attualmente in via Mercanti), con la sua caratteristica torre, chiudeva il lato Nord della piazza, mentre la Loggia degli Osii, il lato Sud della stessa. Nel bel mezzo di questa piazza, una loggia, quella del Palazzo della Ragione, diversamente chiamato il Broletto nuovo e anche Loggia dei Mercanti.
Avendo quest’ultima costruzione, una pianta rettangolare, la sua collocazione in mezzo all’area, finì naturalmente col dividere, con la sua mole imponente, quel quadrilatero, in due piazzette più o meno rettangolari; quella dei Tribunali’ e quella ‘dei Mercanti’.
La piazza dei Mercanti di ieri, è l’attuale via Mercanti (oggi a solo traffico pedonale, avendo aperto, a fine Ottocento una strada di transito fra piazza Duomo ed il Cordusio, mentre la piazza dei Tribunali di ieri, è quella che la toponomastica di oggi, classifica come piazza dei Mercanti.

Essendo quasi circolare, Milano era stata suddivisa in sei spicchi con centro ideale,la piazza del Broletto nuovo. Ogni spicchio (sestiere) aveva la sua porta indipendente di accesso alla città. La guarnigione, che presidiava sia le mura del singolo spicchio, che l’accesso dalla relativa porta della città, era composta unicamente dagli abitanti di quel sestiere.

Mappa dei sestieri aventi come punto comune, la piazza del Broletto
Mappa dei sestieri aventi come punto comune, la piazza del Broletto

Le porte di accesso alla piazza

Dato che i sei sestieri in cui era divisa Milano (Comasina, Nuova, Orientale, Romana, Ticinese e Vercellina), convergevano idealmente nella piazza del Broletto, gli abitanti di ogni sestiere avevano diritto ad avere un varco di accesso indipendente per raggiungere questa piazza. Questo è il motivo per cui sono stati creati sei distinti varchi (porte) di accesso a questa piazza chiusa: cinque dei quali, aperti fin dalla inaugurazione della piazza stessa. I varchi avevano ognuno un nome (spesso riferentesi al sestiere di riferimento).
L’unico sestiere a non avere il suo varco di accesso per quasi cento anni, fu quello di Porta Ticinese, inizialmente accomunato a quello di Porta Romana). Solo a partire dal 1325, il sestiere di Porta Ticinese, ebbe come passaggio ’privato’, quello denominato della Ferrata.
Così, fin dal lontano 1228 (anno di nascita, sulla carta, della nuova piazza), per i successivi seicentocinquant’anni, questa piazza fu quella che, sarebbe stata chiamata col nome simbolico di piazza del Broletto, per indicare la cittadella della politica e della giustizia in città.

Pianta della Piazza del Broletto e contrade limitrofe (1865)
Pianta della Piazza del Broletto e contrade limitrofe (1865)

La piantina (presumibilmente risalente al 1865), seppure non del tutto completa, sicuramente aiuta più di tante parole. Il tratteggio visibile, evidenzia le modifiche che, chi ha ideato il nuovo look della zona, intendeva apportare a quanto già esistente. Si vede ad esempio il tracciato di via Mercanti che spezza in due punti, il quadrilatero della piazza del Broletto; sempre in alto, si può notare il tratteggio dell’adeguamento dello spigolo destro del palazzo dei Giureconsulti, per poter creare la nuova via Mengoni, in asse con la parte finale di piazza Duomo (che correttamente, si presenta storta rispetto a quella del Broletto.
In basso, la Contrada (via) degli Orefici e il tratteggio impietoso che taglia le facciate della Chiesa di san Michele del Gallo, evidentemente perché lo spigolo ‘disturbava’ il disegno di allargamento/raddrizzamento della Contrada esistente (Contrada degli Orefici era originariamente una viuzza stretta). Si nota pure l’intenzione di aprire il passaggio degli Osii e il passaggio Duomo. Riguardando il quadrilatero, cerchiamo i varchi cui accennavo sopra:

  • n.1 – A Nord, porta Nuova o Ferrea perché immetteva nel quartiere degli armaioli, verso via le attuali S. Margherita e via Manzoni e quindi Porta Nuova.
  • n. 2 – A Est, porta Orientale, o di S. Ambrogio o della Pescaria (Pescheria), che permetteva di accedere alla Contrada di Pescaria vecchia, Corso Venezia e Porta Orientale. Il varco è stato demolito.
  • n. 3 – A Est, portone del Podestà o ‘Romana’, Contrada dei Profumieri, basilica di Santa Tecla, e poi proseguendo, verso porta Romana. Il varco non più esistente.
  • n.4 – A Sud, (all’angolo destro del quadrilatero), la porta della ‘Ferrata’, (aperto dopo il 1325) portava direttamente al sestiere di Porta Ticinese (venne, più tardi chiuso (per questo motivo non figura in piantina) e riaperto dopo il 1865 col nome di passaggio degli Osii.
  • n. 5 – A Sud, porta di san Michele del Gallo o delle Scuole Palatine, o degli Orefici, verso contrada degli Orefici, Meravigli e porta Vercellina. Il varco è ancora oggi esistente.
  • n. 6 – A Ovest, porta Cumana o dei Fustagnari, verso il Cordusio, via Broletto, via del Mercato Vecchio, Porta Comacina . Il varco è stato demolito.

I palazzi storici

A parte il palazzo della Ragione che si trova al centro della piazza del Broletto ed è il più antico di tutti , gli altri edifici storici che chiudono il perimetro dell’area, furono costruiti in periodi diversi secondo gli stili architettonici dell’epoca. Non tutti sono arrivati sino a noi, alcuni di questi non ci sono più essendo stati demoliti, per consentire l’apertura di via Mercanti. Li elenco qui di seguito, in ordine, partendo dal lato nord, e girando in senso orario: Palazzo dei Giureconsulti, Palazzo del Podestà (non più esistente), Palazzo della Banca Rasini (ex), Loggia degli Osii, Palazzo delle Scuole Palatine, Casa dei Panigarola.

Rimando ad altre schede, per maggiori dettagli su ogni singolo palazzo, (compreso quello della Ragione).

Il pozzo ‘dimenticato’

Fra il palazzo dei Giureconsulti e quello della Ragione, nella piazza dei Mercanti (come indicato in piantina), e come si può anche notare da qualche vecchia stampa, vi era un pozzo pubblico, rimosso nel 1879, in seguito all’apertura della via omonima e restituito al Broletto solo nel 1921. Lo storico pozzo era uno dei pozzi pubblici più frequentati. Sembra che il pozzo esistesse fin dalle origini (probabilmente era il pozzo del vecchio monastero), e alla fine del secolo XVI, ne venne ordinata la ricostruzione, appaltata il 14 febbraio 1583 su disegno dell’ architetto Francesco Pirovano, secondo il gusto del barocco di allora: una vasca in pietra, di linea panciuta, (tecnicamente la ‘vera da pozzo‘), fra i piedistalli di due colonne doriche, reggenti una trabeazione chiusa con timpano triangolare. 

Il pozzo in piazza Mercanti
Il pozzo in piazza Mercanti
La vera da pozzo (panciuta)
La vera da pozzo (panciuta)

Il Comune, nel 1879, aprendo la nuova strada fra piazza Duomo e Cordusio, ne deliberò la demolizione, ma fortunatamente venne salvata, grazie al provvidenziale intervento della commissione conservatrice dei monumenti che provvide a trovarle temporanea sistemazione in un cortile del Monastero Maggiore. Il manufatto rimase dimenticato lì per più di quarant’anni …. Finalmente, nel 1921, il Comune se ne accorse e provvide a riportarla al Broletto e a risistemarla al centro dell’attuale piazza dei Mercanti fra il Palazzo della Ragione e la Loggia degli Osii

La ‘pietra dei falliti’

Il fatto che la piazza dei tribunali, davanti la loggia degli Osii, non avesse il pozzo, non significa che fosse nuda, cioè sguarnita. Aveva anche lei il suo bel monumentino, la cosiddetta ’pietra dei falliti’, ora sparita. Era un grosso masso spigolosissimo e taglientissimo (probabilmente un pezzo di roccia vulcanica). Come mai? Non era lì per bel vedere, aveva una funzione precisa! Fare male quando lo si toccava!
Chi osava frodare il fisco o faceva fallire la propria attività, doveva subire una pubblica umiliazione In che cosa consisteva? In attesa del sicuro verdetto di colpevolezza che il giudice, con suo comodo, avrebbe pronunciato dalla finestra della casa del podestà, il reo, davanti ai vigili occhi delle guardie, era costretto a starsene seduto per ore, a natiche nude, davanti a tutti, su quello scomodissimo masso, chiamato, per questo motivo. ‘pietra dei falliti’.

Sicuramente, in quei tempi, non si andava molto per il sottile: Nel ‘200, i ladri, la prima volta che venivano colti in flagranza di reato, venivano ‘solo’ accecati ad un occhio, la seconda, mutilati di una mano, la terza, condannati a morte! Queste erano le leggi!

Luogo di esecuzioni capitali per la nobiltà

Nella piazza antistante (piazza dei Mercanti di allora), si facevano anche le esecuzioni capitali. Il rito imponeva che il giudice, dalle finestre degli uffici della casa del podestà, pronunziasse solennemente le sue sentenze di morte o le pene esemplari da scontare nel gabbione … I malcapitati che godevano di simili trattamenti di riguardo, in una zona così elegante, signorile e centrale della citta, non potevano essere che i nobili, rei di qualche malefatta. Piazzetta raccolta, spettacolo per pochi intimi … solennità che veniva sottolineata dal grave rintocco a ‘morto’ della campana della torre civica … Per le esecuzioni dei non-nobili invece, era sempre disponibile l’area di piazza Vetra, dietro la basilica di San Lorenzo, dove l’ampiezza della piazza permetteva al popolo di presenziare in massa allo spettacolo.

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