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Il Castello di carte

Fra le tante architetture insolite e curiose che possiamo scoprire andando in giro per Milano, questa è sicuramente una che si fa notare. Per chi, non conoscendola, fosse intenzionato a vederla di persona, mi permetto di suggerire di andarci verso sera quando, all’imbrunire, si accendono le luci delle strade. Nonostante sia alta come una casa, di giorno, se non ci si capita proprio davanti, non si vede quasi, tanto rimane nascosta dalla vegetazione particolarmente rigogliosa in zona. L’opera si trova all’interno del piccolo giardino di quello che viene chiamato il Castello Pozzi, un edificio indubbiamente originale, con tanto di torre, oggi, spazio espositivo di pezzi unici d’arredamento. Visto dalla strada principale, via Berengario, il Castelletto risulta seminascosto dal fogliame degli alberi del controviale. Di sera è più facile notare l’opera, perché le sue carte dai disegni barocchi, in perfetto stile Fiorucci, si illuminano grazie a divertenti giochi di luce al neon colorati, luce che si riflette pure sulla facciata del castello alle sue spalle. L’installazione artistica si trova esattamente all’angolo di via Berengario con Via Benedetto Brin 1, in zona CityLife.

Il castello di carte

A differenza di altre opere futuriste che molto spesso si stenta a capire cosa rappresentino, questa è un’immagine che richiama l’idea di un incredibile gigantesco castello di carte da gioco, quarantacinque carte in tutto (se non vado errato), poggiate l’una sull’altra, che sembrano stare in piedi per scommessa, pronte a crollare rovinosamente al suolo, al minimo alito di vento. Ovviamente non è così, ma la leggerezza della struttura lo fa pensare. Tanto per dare l’idea, la dimensione di una carta è, grosso modo, pari a quella di una finestra di una casa d’epoca. A parte la meraviglia inattesa d’imbattersi in un’opera del genere, la sua vista fa tornare alla memoria le ore perse da bambini, quando, col mazzo di carte da gioco dei genitori, si tentava di mettere in piedi, due carte alla volta, un castello, trattenendo il respiro e fantasticando …. Chi non lo ha fatto, almeno una volta nella vita? E dire che davvero bastava un nonnulla, un leggerissimo soffio, per far crollare in un istante, un paziente lavoro di ore. Chi non ha sperato che il suo castello potesse rimanere in piedi, almeno il tempo sufficiente per far vedere l’opera agli amici e vantarsi con loro di quanto era riuscito a realizzare? Per non parlare poi del nervoso quando, inavvertitamente qualcuno ti apriva la porta della stanza e lo spostamento d’aria era sufficiente a distruggere il tuo duro lavoro, o peggio ancora, quando il tuo “simpatico” amico, durante una competizione su chi lo avrebbe fatto più alto, visto che il suo castello era già crollato, mentre il tuo era ancora miracolosamente in piedi, soffiava intenzionalmente sul tuo capolavoro e in un secondo, le tue carte erano tutte ammassate sul tavolo.

il gioco che si faceva da bambini

Il Castello Pozzi

Il castelletto venne costruito nel 1929, in una zona allora periferica di Milano, su progetto di uno degli architetti più noti dell’epoca, Livio Cossutti, per conto del Cavaliere del Lavoro Claudio Tridenti Pozzi una delle più eminenti figure imprenditoriali milanesi dei primi del Novecento. 

Ndr. – Livio Cossutti e Ugo Patetta costruirono nel 1928, il lato ovest della Galleria del Corso e nel 1931, il teatro Excelsior, al posto del Salone Concerto Varietà San Martino. Aveva una struttura futuristica con un palcoscenico a pavimenti mobili (il primo in assoluto in Italia) che rese possibile la modifica degli spazi.

Nonostante la figura di Pozzi sia stata dimenticata per qualche decennio, oggi è tornata protagonista della scena culturale e artistica della città grazie al lavoro di Rinaldo Denti (vedi nota 1), il nuovo proprietario del Castello Pozzi. Con un meticoloso lavoro di ricerca presso gli Archivi del Castello Sforzesco, ha ricostruito la storia di Tridenti Pozzi, riscoprendo la vita e le opere dello stilista, re della moda milanese fin dal 1876.

Ndr. – Claudio Tridenti Pozzi aveva un negozio di moda maschile milanese. Famosissimo nel periodo tra le due guerre, fino agli anni Cinquanta, era situato di fronte a un leggendario bordello. Dopo aver lavorato come assistente alle vendite presso Bellini, Claudio Tridenti rilevò l’emporio di abbigliamento classico maschile “Pozzi” negli anni ’20. Fu il primo in Italia a importare modelli Burberry, storico marchio britannico di moda, cravatte reggimentali e scarpe per il clero. Noto come ottimo venditore, fornitore della famiglia reale e dell’alta borghesia milanese, è ancora oggi ricordato per aver fatto stampare un discorso di Mussolini su 500 foulard, che andarono subito esauriti. Inventò pure un diario-portafoglio fatto di tessuto reggimentale. Il negozio chiuse l’attività verso la fine degli anni ’70.

castello di carte milano
Il Castello di Carte davanti a Castello Pozzi

“Love Art 4 All”

Questo è il nome attribuito al Castello di carte, opera realizzata nel 2014, frutto di un connubio FiorucciMissoni, con la collaborazione dell’artista e stampatore Giuliano Grittini e di Rinaldo Denti, innovativo presidente di Castello Pozzi. L’opera fu voluta fortemente da Elio Fiorucci (vedi nota 2), quale espressione dell’idea di “arte per tutti”. Con essa, intendeva celebrare sia il suo stile che quello di Ottavio Missoni (vedi nota 3), due marchi simbolo della moda milanese e italiana nel mondo. Ma che cos’è? Che vuol dire? Cosa rappresenta? Quale messaggio vorrebbe trasmettere? Non è semplicissimo rispondere a tutte queste domande.

Quale sia il reale significato dell’opera, se ce n’è realmente uno, è noto davvero a pochissimi. Non rimane che restare nel campo delle ipotesi. E’ forse proprio questo alone di mistero che, a quanto pare, mai nessuno ha voluto pubblicamente svelare, a dare all’opera un fascino tutto particolare. Indubbiamente ci vuole tanta immaginazione, creatività e perché no, anche un pizzico di lucida follia, ingredienti questi indispensabili per poter creare qualunque opera un po’ estrosa, a maggior ragione per questa, nella sua disarmante semplicità. Fiorucci desiderava celebrare non solo sé stesso ma anche l’amico e collega Missoni (morto l’anno prima all’età di 92 anni), attraverso un concentrato di luci, forme, colori e significati che, partendo dalla moda, dall’arte e dal design non fosse destinato ad un pubblico ristretto, ma potesse essere condivisibile da tutti. Non è assolutamente escluso che abbia voluto enfatizzare in quest’opera il ready-made, suo cavallo di battaglia.

Ndr. – Il termine ready-made significa “già fatto”, “confezionato”, “pronto all’uso”. Può essere un qualunque oggetto disponibile sul mercato, del quale l’artista si appropria lasciandolo così com’è, senza modificarlo. L’unica cosa che fa, lo priva della sua funzione utilitaristica, dandogli invece il significato di opera d’arte. A rigore basta una personalizzazione qualsiasi, un titolo, una data, a volte un’iscrizione oppure una presentazione diversa dall’usuale, ad esempio un capovolgimento o un fissaggio sul terreno o su una parete. Presentato in una mostra, viene percepito come opera d’arte! .

“Arte per tutti” (art 4 all)

Questa struttura vorrebbe essere l’espressione di quella che gli addetti ai lavori usano chiamare “forma di democratizzazione” dell’arte stessa, un’opera futurista, ermetica, il cui fascino sta nel lasciare che ognuno dia, a quell’insieme di luci e d’immagini, l’interpretazione che vuole, in funzione della propria ispirazione, sensibilità, e pure della propria storia. Ecco perché viene intesa come “arte per tutti”. Un’opera di valore sociale e culturale, dall’aspetto futuristico. L’esperienza di Fiorucci e Missoni ci insegna che l’arte risiede ovunque: sta pure nelle piccole cose, nella semplicità, nella capacità di accostare figure elementari per ottenere nuove immagini inedite e cariche di significato. L’artista è tale, proprio perché riesce a vedere nelle cose più semplici e normali di ogni giorno, l’aspetto inconsueto, fuori dagli schemi.

La grande installazione è opera di Rinaldo Denti, attuale proprietario del Castello Pozzi e presidente della omonima Sala d’esposizioni, e di Elio Fiorucci, il notissimo stilista. Si presenta come un suggestivo tocco d’arte, in mezzo al grigiore cittadino. Se è già affascinante di giorno, di sera, le carte dai disegni barocchi, che ricordano quelli delle stoffe di Fiorucci o delle maglie di Missoni, illuminandosi grazie a divertenti giochi di colori al neon, e riflettendo la luce irreale sulla facciata del castello retrostante, rendono il panorama ancora più originale e fiabesco.

Perchè “Love”?

Ma perché chiamare quest’opera, “Love art 4 all“? “Quel Love” all’inizio, significa “amore” e “amore” a pensarci bene, è effettivamente come un “castello di carta”! Entusiasmo, passione, abbandono, incoscienza, tutto assume una nuova dimensione, quando si è innamorati. L’amore è cieco, reciproco e incondizionato. Per amore si accetta tutto, persino i dispetti e le incomprensioni piccole o grandi che siano. Poi, un bel giorno, una frase di troppo, interpretata come “offesa”, una mortificazione, un tradimento, fanno franare di colpo quel castello. Ci si rende conto troppo tardi del male fatto o ricevuto: si prova a ricucire lo strappo, a ricostruire il rapporto, ma niente è più come prima, perché è sparito l’entusiasmo e l’incoscienza della prima passione.

Quale fosse il messaggio che, con quest’opera, Fiorucci volesse trasmettere, potrebbe, ad esempio essere la caducità della vita, la consapevolezza cioè che il conseguimento degli obiettivi dipende certamente da noi stessi, ma invita a riflettere seriamente sugli imprevisti che sono sempre in agguato.
Ognuno di noi costruisce inconsapevolmente la propria vita su un castello di carte: la carta del lavoro, la carta dell’indipendenza, la carta della libertà e la carta della fiducia, ecc. Va tutto bene finché gli eventi non cominciano a prendere una piega diversa dall’atteso. Quelle carte, che sembravano obiettivi importanti già raggiunti e consolidati, alla fine si rivelano terribilmente deboli e precari. Basta una corrente d’aria un pò più “robusta” del previsto, una “crisi” qualunque, una pandemia ad esempio, per far vacillare paurosamente quel castello, sino a far crollare di schianto, in un colpo solo, tutte le carte che faticosamente erano state messe l’una sull’altra, col lavoro di anni.

Ma non è questa l’unica installazione di quel giardino! In un’altra area del Castello Pozzi, lato via Brin, ne spicca una seconda, pure questa di grandi dimensioni. Sono tre cavalli di legno, che, essendo imponenti, si affacciano con la testa oltre le siepi della villa. Si tratta di una riproduzione della scultura di Giuliano Grittini, opera questa, attualmente a Vinci, dal titolo “Cavallo Genio e Poesia”, ispirata al genio di Leonardo Da Vinci.

riproduzione della scultura di Giuliano Grittini, dal titolo “Cavallo Genio e Poesia”,

Arte e moda sono due mondi solo apparentemente diversi, ma sono in realtà un binomio che si stimola a vicenda, e Fiorucci, figura eclettica, li ha incarnati entrambi. Lui credeva profondamente in questo connubio. La moda per lui era intesa come espressione di creatività. Fu lui il primo ad applicare il concetto artistico del Ready-Made al campo tessile, regalandoci veri pezzi d’avanguardia. Ma arte, moda e design non sono solo nel taglio degli abiti o nei disegni dei tessuti usati, ma pure nell’architettura del negozio stesso, nel connubio fra scultura e nuove tecnologie. Altrettanto può dirsi del Missoni, il cui marchio di moda e design è fra i più famosi, amati e riconosciuti al mondo. I suoi capi sono inconfondibili, i suoi cardigan in fili di lana e cotone, i suoi maglioncini a colori forti e disegni a zig-zag, quei tessuti “fiammati”, quelle gradazioni e sfumature di tinte persino nei teli da bagno, rappresentano un vero e proprio “marchio di fabbrica”.

La cosa curiosa di “Love art 4 all” è che probabilmente, non essendo stato dato dalla stampa il giusto risalto all’opera al momento della sua installazione davanti al Castello Pozzi, in zona CityLife , sono stati pochissimi a notarla e infatti a tutt’oggi è ancora sconosciuta ai più. Si trova sicuramente in una strada di passaggio, con tanto verde intorno, zona apparentemente anonima, in mezzo a tanti edifici residenziali signorili. Si può dire che l’opera sia stata notata solo di recente, ad anni di distanza dalla sua collocazione nel 2014, grazie alle foto che girano sui social, su web. Avendo evidentemente catturato l’attenzione e la curiosità di qualche passante, l’opera è stata oggetto di scatti fotografici presi col cellulare e girati a parenti e amici, in giro per il mondo. Ma la cosa particolare di tutto questo è che le foto mostrano un’opera, senza saperne la storia, il significato, o peggio ancora, senza conoscerne l’autore. In tal modo ognuno è libero di fantasticare sul suo significato. Era forse proprio questo l’obiettivo di Fiorucci, nel momento in cui stava realizzando concretamente questa installazione: la libertà di sognare, secondo lo spirito di democratizzazione insito nell’opera stessa.

L’opera sosia

Ma il bello è che, oggi, quest’opera non è unica! Com’è possibile che troviamo un altro castello di carte, un pò più piccolino del precedente, in via Savona 105, sempre a Milano? A quanto pare, sembra si tratti solo di un modello dell’opera originale. La conferma ce la potrebbe dare Marco Grillo, Amministratore Delegato e socio fondatore di “Abitare In“, che, con l’iniziativa “Abitare In + Arte“, si propone di associare ad ogni nuovo progetto immobiliare di prestigio, un’opera d’arte sistemata all’ingresso del complesso stesso e godibile da tutti i residenti e non solo! In collaborazione con Rinaldo Denti, presidente della Collezione Privata Castello Pozzi, è maturata l’idea di trovare una collocazione più consona degna e importante per l’opera di Fiorucci attualmente in via Brin a Citylife. Avrebbe dovuto essere, come giusto “Tributo a Elio Fiorucci”, un luogo che fosse in grado di celebrare non solo la figura del geniale stilista meneghino, tanto caro ai milanesi, ma pure di ospitare permanentemente l’opera stessa, così intimamente legata a lui.

Fra i vari progetti di residenze immobiliari di “Abitare in” in corso di sviluppo, è stato selezionato come il più adatto a celebrare il genio di Fiorucci, quello di via Savona 105, essendo ubicato in una delle strade più iconiche della città. Esso prevede la realizzazione in tutta l’area circostante, di un polmone verde in cui inserire un prestigioso complesso residenziale nel giardino del quale troverà collocazione definitiva proprio la “love art 4 all“, attualmente in via Brin, alla cui realizzazione, oltre a Elio Fiorucci, hanno contribuito la sorella  Floria, l’artista, fotografo e stampatore Giuliano Grittini in collaborazione con la Collezione Privata Castello Pozzi, recentemente riportata in auge dal suo Presidente Rinaldo Denti. In un contesto dove si respira arte, design, moda e cultura, la creatività e la magia dell’opera, trovano al loro fianco l’eleganza, la modernità e la bellezza dell’edificio, in una celebrazione di valori destinati a durare per sempreper tutti.

Attuale collocazione in via Savonal 105 di copia dell’ opera originale

Note

1 – Rinaldo Denti

Imprenditore di sé stesso, dopo essere stato Amministratore Delegato della Dmail.it, oggi Amministratore delegato di Frendy Energy, società di energia rinnovabile che costruisce impianti per la produzione di energia idroelettrica sfruttando i piccoli canali irrigui disseminati nelle campagne. Amministratore della Swiss Stellage SA di Carabbia (Lugano) che si occupa di ricercare, identificare, sviluppare, promuovere e gestire progetti per lo sfruttamento di energie rinnovabili. Occuparsi della gestione commerciale ed operativa di tali progetti; svolgere ogni attività connessa con lo scopo sociale, così come effettuare operazioni di qualsiasi genere in ambito commerciale. Tenere immobili e partecipazioni, nonché promuovere qualsiasi attività legale al mondo dell’arte. Collabora inoltre con “Abitare In + Arte“, la nuova iniziativa di Abitare In, che ha in essere dei progetti di nuove abitazioni con un’opera d’arte nel giardino di casa, nella convinzione che “arte e bellezza salveranno il mondo”.

Rinaldo Denti

2 – Elio Fiorucci

Nato a Milano nel 1935, era il penultimo di 5 fratelli. Essendo anche il meno ‘secchione’ degli altri, suo padre cominciò a farlo lavorare già nel 1952, all’età di 17 anni, nel suo negozio di pantofole. Verso la fine degli anni sessanta, creò una sua attività dedicata alle mode provenienti dal mondo anglosassone. Aprì così nel 1967 il suo primo negozio, in Galleria Passarella, e già nel 1970, cominciò ad avviare la produzione di abiti, con il brand Fiorucci. Era l’alba di quella che sarebbe diventata una delle colonne portanti del tanto amato made in Italy. Genio creativo, irriverente e rivoluzionario, applicò per primo il concetto artistico del Ready-Made al campo tessile, regalandoci veri pezzi d’avanguardia. Divenne ben presto il mito della moda pop anni ’80 e il suo stile così rivoluzionario, ebbe successo in tutto il mondo: aprì negozi a Londra e New York. Dopo un’espansione trentennale, nel 1990 cedette l’azienda alla società giapponese Edwin International, mantenendo a Milano unicamente il centro di design. Nel 2006 ricevette il prestigioso riconoscimento dell’Ambrogino d’Oro. Celebri i suoi ‘angeli‘, diventati simbolo del brand e riprodotti su stampe e prodotti come profumi e borse. Fu l’ideatore del logo dei City Angels, che dopo la sua morte gli dedicarono un centro di accoglienza per persone senza fissa dimora. Nel 2014 creò tshirt esclusive per il Wwf nell’ambito del Progetto Amazzonia. Morì improvvisamente, all’apice del successo, nel 2015 probabilmente in seguito ad un malore.

Elio Fiorucci

3 – Ottavio Missoni

Nato a Ragusa di Dalmazia, nel 1921, fu uno sportivo, ostacolista e velocista italiano. Riuscì a collezionare ben sette titoli nazionali assoluti di atletica leggera e una partecipazione ai Giochi olimpici nel 1948, oltre a validissimi piazzamenti in diversi campionati nazionali nella categoria master.
Fondò, nel 1953 con la moglie Rosita appena sposata, la casa di moda Missoni, a Gallarate, in un capannone in affitto, unendo l’attività della fabbrica di scialli e tessuti ricamati del suocero a quella del laboratorio di maglieria (che aveva aperto inizialmente a Trieste, al rientro dalla lunga prigionia in Egitto dopo la battaglia di El Alamein).
Nel 1960 gli abiti Missoni iniziarono ad apparire sulle riviste di moda. Nel 1966 fecero la loro prima sfilata al Teatro Gerolamo di Milano: fu un grande successo. Nel 1961, Ottavio e Rosita fecero una sfilata per la prima volta a Palazzo Pitti a Firenze. Con la sua creatività, Ottavio diede vita ad intuizioni che segnarono i tempi. I Missoni presentarono nel 1968 la loro collezione alla Piscina Solari di Milano, con una memorabile sfilata acquatica. Nello stesso anno, portarono le loro creazioni a Parigi, riscuotendo pure lì, un meritato successo.
Nel 1970, aprirono la prima boutique Missoni a New York  presso i magazzini Bloomingdale’s.
Nel 1971 presentarono a Cortina la collezione con i famosi “patchwork”. A Dallas nel 1973  i Missoni ricevettero a Dallas il prestigioso Neiman Marcus Fashion Award, l’equivalente del premio Oscar nel campo della moda.
Nel 1976 aprirono la prima boutique a Milano e nel 1979, sempre a Milano, Ottavio venne insignito con la medaglia d’oro al valor civile. Questo fu solo solo il primo di una lunga serie di riconoscimenti, nazionali e internazionali. Nel 1983, i Missoni realizzarono i costumi di scena per la prima della Scala di quell’anno, la Lucia di Lammermoor. Nello stesso anno Ottavio ricevette il premio San Giusto d’Oro dai cronisti del Friuli Venezia Giulia e nel 1986 fu insignito dell’onorificenza di Commendatore della Repubblica.
Nel 2002, in occasione della sua prima sfilata in Cina, Ottavio Missoni ricevette la laurea honoris causa all’Università di Shanghai. Morì nel 2013, senza .riuscire a vedere il tributo che gli stava riservando l’amico Fiorucci.

Ottavio Missoni

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