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Arco della Pace

In sintesi: un matrimonio regale, un trionfo e forse … anche uno sberleffo! Cosa si può avere di più? Ce n’è davvero per tutti i gusti!

Premessa

Un aspetto di Milano che sfugge spesso al visitatore, è che, a parte il centro elegante, le zone più lussuose della città si sono sviluppate molto di più lungo la direttrice est e ovest, che non lungo quella nord-sud. A pensarci bene, dalla fine del 700 ad oggi, c’è, se vogliamo, una ragione ‘storica’ in tutto questo: l’influsso della presenza delle dominazioni straniere: austriaca e francese.

Milano rappresentava, sia per gli austriaci che per i francesi, non solo la capitale del Lombardo-Veneto, ma pure la città più importante dopo le loro rispettive capitali. Quindi, oggetto di frequenti visite di reali, principi, imperatori e delle rispettive corti. L’esigenza di rendere la città un po’più ‘capitale’ elegante di quanto non lo fosse precedentemente, col suo dedalo di vie anguste, ponti e canali, cominciò a farsi pressante. Ed ecco quindi che sotto il dominio austriaco, tutta la zona di Corso Venezia verso Porta Orientale, cominciò ad essere più curata rispetto ad altre zone della città, essendo quella, la strada per Vienna. Sotto il dominio napoleonico viceversa, venne privilegiata la parte ovest della città, dal Foro Buonaparte, alla piazza d’armi dietro il Castello, l’Arena e la strada del Sempione, favorendo la costruzione di edifici di lusso e di viali sullo stile dei boulevard parigini, essendo quest’ultima, la strada di collegamento, proprio con la capitale francese.

I monumenti che vediamo in giro per la città, a parte l’aspetto artistico che usualmente riflette lo ‘stile di moda’ del periodo, ricordano particolari eventi che hanno segnato lo nostra storia. L’Arco della Pace, in particolare, è la muta testimonianza proprio del turbolento periodo di transizione fra la dominazione francese e la successiva Restaurazione austriaca. E’ forse uno degli esempi più significativi del passaggio sul suolo lombardo, della ‘meteora’ Napoleone, nei pochi anni di dominazione francese su Milano e sul Lombardo-Veneto.

L’arco di trionfo, ai tempi degli antichi romani, veniva eretto per celebrare e ricordare ai posteri, le vittorie conseguite dagli imperatori contro i nemici di turno … Qui, il discorso è analogo. Protagonista di oltre venti anni di campagne in Europa, Napoleone fu considerato dagli storici il più grande stratega della storia. Lo storico Evgenij Tàrle non esitò a definirlo “l’incomparabile maestro dell’arte della guerra” e “il più grande dei grandi”. Quest’arco quindi, nacque per volere dello stesso Napoleone, per celebrare e ricordare sue imprese più memorabili. 

Ma vediamo di riassumere meglio cosa accadde sinteticamente in Italia a cavallo fra il 1805 ed il 1806. Riporto qui solo alcuni eventi importanti accaduti in quei due anni:

1805
17 marzo, Napoleone, (36 anni), proclama il Regno d’Italia, con Milano sua capitale. Lui, che pochi mesi prima era stato incoronato a Parigi imperatore di Francia (2 dicembre 1804) da papa Pio VII, si autoproclama, quel 17 marzo, Re d’Italia.
26 maggio, Napoleone si autoincorona nel Duomo di Milano cingendo sul capo la corona ferrea dei Longobardi, pronunciando la famosa frase: “Dieu me l’a donnée, gare a qui y touchera”.
7 giugno, Napoleone proclama vicerè d’Italia, il figlio di sua moglie Giuseppina, il venticinquenne Eugenio di Beauharnais.

1806
3 gennaio, Napoleone nomina Eugenio di Beauharnais, comandante in capo dell’Armata d’Italia.
14 gennaio, Eugenio di Beauharnais sposa a Monaco Augusta di Baviera, duchessa di Leuchtenberg, figlia diciottenne del duca Massimiliano IV Giuseppe di Zweibrücken, poi Massimiliano I, re di Baviera.
2 febbraio, Arrivo a Milano, passando da Porta Orientale, di Eugenio di Beauharnais e della neosposa Augusta di Baviera.
14 ottobre, Battaglia di Jena – vittoria di Napoleone contro i prussiani.

Era un’abitudine normale in quell’epoca, far erigere in città degli archi di trionfo provvisori, per salutare e festeggiare l’arrivo di Altezze Reali, Imperatori o di altri personaggi di rango.

L’arco ‘effimero’

Così, nel gennaio 1806, in previsione dei festeggiamenti per l’arrivo a Milano degli Augusti Sposi (Eugenio di Beauharnais e Augusta di Baviera), l’Amministrazione comunale, affidò all’architetto Luigi Cagnola (1762 – 1833), la costruzione di un arco di trionfo “posticcio” (cioè non permanente), da erigere a Porta Riconoscenza, la porta di accesso alla città, per chi proveniva da Monaco o Vienna. (“Porta Orientale” aveva preso il nome di “Porta Riconoscenza”, in periodo napoleonico)

I due sposi sarebbero andati ad abitare stabilmente alla Villa Reale di Monza.

Alla data, non esistevano ancora i due caselli daziari neoclassici di ordine dorico, che vediamo oggi a porta Venezia. Sarebbero stati costruiti successivamente nel 1827 – 1828 dall’architetto Rodolfo Vantini .

Pertanto il Cagnola ebbe modo di dare libero sfogo alla propria fantasia, riprendendo il disegno di un arco di trionfo vero, precedentemente da lui stesso progettato sotto l’amministrazione austriaca, proprio per chiudere il varco sui Bastioni di Porta Orientale, ma poi il progetto non si tramutò in arco vero, solo per problemi di costi. Cagnola si divertì ad ornarlo con decorazioni di scene alludenti alle nozze, al trionfo dell’amore e a cose simili, adatte alla particolare circostanza.

L’arco realizzato in legno, tela e gesso per quell’occasione, piacque talmente tanto a tutti i visitatori stranieri intervenuti, da convincere subito le autorità cittadine (sotto controllofrancese), a fargliene costruire uno vero, in marmo. Non più lì però, non aveva alcuno scopo … gli austriaci ormai erano stati cacciati dai francesi … sarebbe stato più logico erigerlo come porta d’accesso alla citta per chi proveniva da Parigi che non per chi veniva da Vienna!

Piuttosto atipica e originale la storia dell’architetto Luigi Cagnola: figlio del marchese Gaetano e di Emilia Serponti, appartenenti alla più antica nobiltà milanese, si laureò in diritto civile a Pavia. Avviato poi dalla famiglia alla carriera diplomatica, entrò nell’amministrazione austriaca e fu assegnato, per le sue qualità di disegnatore, all’ufficio che si occupava dei confini dello Stato. Interessato soprattutto all’architettura, nella quale si volle sempre considerare un “dilettante”, si dedicò al disegno rifiutando gli impegni e i compiti richiesti ai veri architetti. Produsse molti progetti di fantasia tra i quali alcune chiese, diversi casini di caccia e un padiglione per giardino a pianta triangolare che suscitò un discreto interesse nell’ambiente milanese. Non gli fu difficile inserirsi nel nuovo ambiente governativo napoleonico, diventando molto rapidamente uno degli architetti ufficiali del Regno d’Italia, mentre venivano messi in disparte gli artisti legati al regime austriaco (dal Piermarini al Cantoni, al Pollack, ecc). Insieme a Luigi Canonica, Albertolli e, Giuseppe Zanoia, Luigi Cagnola entrò a far parte della commissione d’Ornato per il nuovo piano regolatore di Milano. Lavorò quasi esclusivamente per incarichi pubblici e di prestigio.

architetto Luigi Cagnola
architetto Luigi Cagnola

Napoleone, all’indomani dell’incoronazione a Re d’Italia, aveva dato disposizioni ai suoi architetti (Luigi Cagnola, Luigi Canonica ed altri) di studiare congiuntamente, un piano per dare a Milano, un assetto urbano più consono ad una capitale, prestando particolarmente attenzione sia all’area di Foro Buonaparte al di qua del Castello, che a tutta la vastissima piazza d’Armi, zona ancora militare, da riconvertire a polo civile, al di là delle ormai inutili mura spagnole ancora esistenti.

Dove collocare l’arco?

Così, fra gli architetti, prese corpo l’idea di sistemare l’arco monumentale disegnato dal Cagnola, alla fine della piazza d’Armi del Castello, come porta d’accesso alla città. Due caselli daziari (sempre da lui progettati), posti ai lati della porta, avrebbero segnato il nuovo limite della città oltre cui si estendeva la campagna. Il manufatto, imponente, avendo ampio spazio intorno, e collocato in asse da un lato con l’ingresso del Castello, dall’altro con la strada del Sempione, avrebbe potuto fare da magnifica cornice alle parate militari tanto care a Napoleone. Sarebbe dovuto sorgere proprio all’inizio della strada che portava a Parigi. In quello stesso luogo del resto, molti secoli prima, era esistita già un’antica Porta Sempione, quale ingresso alla città, quando, ai tempi dei romani, tutta l’area che ora è occupata dal centro storico, era circondata da mura.

Prospettata a Napoleone l’ubicazione dell’arco, in mezzo all’ampio piazzale retrostante la piazza d’Armi del Castello, lui ne sposò subito l’idea, vedendo in quell’arco, l’ingresso trionfale in città, per chi sarebbe venuto dalla Francia. Ne autorizzò immediatamente la costruzione, stanziando pure l’ingente cifra di 200000 franchi, quale contributo  per le spese di abbellimento pubblico di tutta la vasta area circostante. L’Arco venne quindi visto in un contesto in cui vi erano numerosi progetti urbanistici volti a migliorare l’estetica e la funzionalità della città. Milano, quale capitale del Regno d’Italia, si sarebbe dovuta presentare, grazie ai cantieri da poco avviati, ancora più monumentale di quanto già non lo fosse.

Napoleone, arrivato a Milano, non aveva perso tempo: già l’anno precedente (1805), prima ancora della sua incoronazione a Re d’Italia, aveva ordinato il completamento della facciata del Duomo. Aveva fatto partire i lavori per l’abbattimento delle mura spagnole intorno al Castello; stava procedendo al riassetto della piazza d’Armi. A breve, avrebbe inaugurato anche l’Arena Civica, uno stadio grandioso per i giochi, lo sport, gli spettacoli, le parate militari, cosa che a Milano proprio mancava. Quest’ultima opera, progettata da Luigi Canonica, era già in costruzione nella ex-piazza d’armi dietro il Castello. Quella parte dellà città, era tutta un cantiere!

Come mai tutto questa incredibile prodigalità nei confronti di Milano in così breve tempo? Il motivo, forse, potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che lui si ‘sentiva italiano’!

Grazie alla sua nascita in contesto italiano/corso, Napoleone mantenne sempre un legame forte con la lingua e la cultura italiana. Inizialmente non considerandosi francese, si sentiva a disagio in un ambiente dove i suoi compagni di corso, erano, in massima parte, provenienti dalle file dell’alta aristocrazia transalpina. L’accusa di essere straniero in casa sua, l’avrebbe perseguitato per tutta la vita.

1807 – Inizio dei lavori

La posa della prima pietra avvenne il 14 ottobre 1807.

A differenza di quanto aveva fatto per l’arco di Porta Orientale, in occasione delle nozze del vicerè, il nuovo Arco avrebbe dovuto ricordare le vittorie conseguite da Napoleone nelle sue varie spedizioni militari e particolarmente nell’ultima battaglia di Jena e di  Auerstadt in Turingia (Germania) contro i prussiani, nell’ottobre del 1806. Cagnola, disegnatore provetto, pensò a questo nuovo arco come “Arco della Vittoria” . Disegnò personalmente i bozzetti dei bassorilievi che avrebbero adornato il monumento, affidando poi il compito della realizzazione effettiva, ai migliori scultori dell’epoca. Si trattava naturalmente di scene di battaglia, scontri corpo a corpo, cariche di cavalleria, , dove comunque il nemico veniva annientato.

Inizialmente i lavori procedettero abbastanza speditamente trattandosi di costruire fondamentalmente l’ossatura dell’edificio, seppure con alcune difficoltà, legate essenzialmente al reperimento delle materie prime da costruzione.

I lavori furono diretti dallo stesso marchese Luigi Cagnola, con l’aiuto di altri illustri nomi come Francesco Peverelli, Domenico Moglia, Nicola Pirovano, Carlo Giuseppe Londonio. 

Nei primi mesi del 1814, comunque, i lavori di realizzazione dell’arco come pura struttura, erano già praticamente ultimati. Era rimasta invariata la composizione architettonica originale, che aveva destato tanto plauso nella versione provvisoria. Mancavano praticamente solo gli abbellimenti e le rifiniture: le colonne, le statue, i bassorilievi e le decorazioni varie.

1814 – Interruzione dei lavori

Purtroppo, l’imprevedibile abdicazione di Napoleone nell’aprile di quell’anno, con la conseguente caduta del Regno d’Italia, determinò l’interruzione dei lavori dell’arco trionfale.

Milano, dopo il Congresso di Vienna, tornò nuovamente sotto la gestione austriaca e, per la popolazione, la cosiddetta Restaurazione comportò tristemente il ritorno al vecchio regime, e alle vecchie abitudini, con l’automatica soppressione anche dei tanti aspetti positivi, che aveva portato con sé la ventata napoleonica. Un esempio fra i tanti, il ritorno alla vecchia moneta, con la soppressione del sistema decimale introdotto dai francesi, sistema di cui tutti avevano avuto modo di apprezzarne la semplicità ed i vantaggi.

Per quanto riguarda l’Arco, vi furono, in quel periodo, fondati timori che venisse demolito, perchè evidentemente ricordava troppo il recente passato, le libertà e le innovazioni che i transalpini avevano introdotto anche da noi, sull’onda della loro Rivoluzione. La situazione non era del tutto tranquilla poichè, come prevedibile, in quegli anni le frange più insofferenti della popolazione, diedero vita ai moti carbonari del 1820 e 1821, inneggianti all’indipendenza, nel tentativo di cacciare lo straniero e di unificare la penisola sotto la bandiera sabauda. I tempi non erano ancora maturi per questi aneliti di libertà: nel Lombardo-Veneto, la scoperta di alcune società segrete, portò a processi sommari e a condanne a morte contro molti degli oppositori del regime austriaco.

1826 – La ripresa dei lavori

Tornata una parvenza di calma e di stabilità politica in città, fu lo stesso imperatore Francesco I d’Austria, in una sua visita a Milano, a sollecitare e a finanziare la ripresa e il completamento dei lavori di quel monumento, facendo richiamare i medesimi architetti che avevano operato prima della interruzione dei lavori. Naturalmente ora, quell’arco avrebbe dovuto celebrare la pace raggiunta fra i popoli, cambiando il nome in “Arco della Pace”.

Fu così che, nel 1826, ripartì il cantiere. L’attività, a dire il vero, procedette molto a rilento, perchè, essendo cambiata la situazione politica, non aveva più senso decantare le gesta del peggior nemico degli austriaci ed erano più che comprensibili quindi, le modifiche richieste dai nuovi governanti. Cambiando lo scopo commemorativo, da Arco della Vittoria ad Arco della Pace, sarebbe stato più logico fare dei bassorilievi che raffigurassero scene della raggiunta pace fra le nazioni, siglata a conclusione del Congresso di Vienna del 1815 . L’opera quindi subì un importante ripensamento, nel momento in cui cambiò la committenza, da francese ad austriaca. Di conseguenza, l’Arco attribuito inizialmente a Napoleone che ne aveva promosso la costruzione, finì per essere alla fine, dedicato all’Imperatore d’Austria Francesco I, che ne ordinò il completamento.

Francesco I Imperatore d'Austria
Francesco I Imperatore d’Austria

Quindi furono rifatti o comunque pesantemente ritoccati alcuni dei bassorilievi gia precedentemente commissionati e le altre decorazioni commemorative previste inizialmente.

Luigi Cagnola purtroppo non riuscì a vedere il completamento della sua opera, perchè venne a mancare nel 1833: completarono i lavori, il suo allievo Francesco Peverelli e Carlo Giuseppe Londonio

I caselli laterali, realizzati dal Peverelli dopo la morte del Cagnola, presentano oggi qualche modifica rispetto al disegno originale del maestro.

1838 – Inaugurazione dell’Arco della Pace

Morto a Vienna l’Imperatore Francesco I, nel 1835, gli succedette il figlio Ferdinando.

In occasione della venuta a MIlano del neo-Imperatore Ferdinando I d’Austria, per essere incoronato con la corona ferrea, re del Lombardo-Veneto, l’Arco della Pace venne inaugurato, alla sua presenza, il 10 settembre 1838, con una fastosa cerimonia.

Ferdinando I Imperatore d'Austria
Ferdinando I Imperatore d’Austria

L’Arco della Pace, è senza ombra di dubbio, uno dei maggiori monumenti neoclassici di Milano. E’ ancora oggi, per dimensioni, secondo solo all’Arc de Triomphe di Parigi.

Per Neoclassicismo a Milano si intende il movimento artistico principale della città, tra la seconda metà del XVIII secolo e la prima metà del XIX secolo. Durante la fine del regno di Maria Teresa d’Austria, tutto il successivo Regno d’Italia napoleonico e la Restaurazione, Milano fu protagonista di una forte rinascita culturale ed economica, in cui il Neoclassicismo fu lo stile artistico dominante e la maggiore espressione. La stagione neoclassica milanese fu per questo tra le più importanti in Italia e in Europa [rif. Wikipedia]

Si struttura come un arco di trionfo a tre arcate, con 8 colossali colonne corinzie (tutte d’un pezzo), scanalate e con un’ arcata maggiore di 14,24 mt di altezza, interamente in granito di Baveno e rivestito in marmo di Crevola d’Ossola.

L’arco si completa in cima, con la Sestiga della Pace, colossale gruppo scultoreo bronzeo sistemato al centro dell’attico e con quattro Vittorie a cavallo, ai quattro spigoli, mentre una ricca serie di statue, bassorilievi, festoni e riquadri, completano la decorazione delle due fronti e dei lati.

Sestiga, sul modello di biga (cocchio a due cavalli), e quadriga (cocchio a quattro cavalli), è un termine che sta ad indicare ‘cocchio a sei cavalli’.
Non essendo mai esistito in realtà, in passato, nulla di simile. questa parola è stata ‘coniata appositamente’, proprio per designare il cocchio sovrapposto all’Arco della Pace, nel parco di Milano.

Le allegorie si sprecano: sulle trabeazioni, le personificazioni dei quattro principali fiumi del Lombardo-Veneto quali il Po e il Ticino (in Lombardia) , l’Adige e il Tagliamento (in Veneto).  Ai piedi dei piedestalli che sorreggono le otto colonne, vi sono dei fregi con bassorilievi raffiguranti Minerva, Marte, Apollo ed Ercole sul lato Castello, mentre Vigilanza, Storia, Poesia e Lombardia verso Corso Sempione.

Sopra e ai lati delle colonne, sono incisi i nomi dei caduti delle due guerre mondiali.

L'Arco della Pace
L’Arco della Pace

Eventi storici significativi

23 marzo 1848

Durante le Cinque Giornate di Milano, le avanguardie dell’esercito piemontese accorso in aiuto dei rivoltosi, entrarono in città proprio da qui, con alla testa il generale Passalacqua. Tre giorni dopo, entrerà in città il resto dell’esercito, riuscendo ad evitare quasi del tutto lo scontro con gli austriaci che, nel frattempo si erano ritirati da Milano.

8 giugno 1859

Altro momento storico importante per il monumento, fu in seguito alla vittoria di Magenta del 4 giugno 1859, in cui unità del Regno di Sardegna, alleate con i francesi, batterono gli austriaci. In quell’occasione, quattro giorni dopo, Napoleone III e Vittorio Emanuele II, fecero il loro ingresso trionfale a Milano, passando proprio sotto l’Arco. Quella battaglia concluse la seconda Guerra d’Indipendenza. L’Arco divenne così, pure il simbolo dell’indipendenza di Milano.

Anche quest’ultimo passaggio storico, dall’Impero Asburgico al Piemonte segnò, in qualche modo, il monumento. Cancellate le scritte dedicatorie a favore degli austriaci, l’epigrafe che oggi vediamo in cima alll’arco dal lato Corso Sempione, cita:

“Entrando coll’armi gloriose Napoleone III e Vittorio Emanuele II liberatori Milano esultante cancellò da questi marmi le impronte servili e vi scrisse l’Indipendenza d’Italia MDCCCLIX”

e dal lato Castello:

“Alle speranze del Regno Italico auspice Napoleone I i milanesi dedicarono l’anno MDCCCVII e francati da servitù felicemente restituirono MDCCCLIX”.

Caratteristiche del monumento

La struttura ha un’altezza di 25mt (escluso il gruppo bronzeo) e una larghezza di 24mt. E’ una struttura a tre fornici, con otto poderose colonne corinzie scannellate, quattro delle quali, sostengono l’arco centrale.

Il trasporto del marmo necessario per il rivestimento del monumento, dalla cava di Crevola al cantiere, avvenne tra il 1828 e il 1829.

Le otto colonne, in un unico pezzo (a mo’ di obelisco) , vennero portate grezze dalla cava, direttamente al cantiere presso l’Arco, lì modellate e “scannellate ai piedi del monumento stesso” [rif. Lavori all’Arco della Pace in Milano 1832, p. 3]. Una volta scannellate, le colonne vennero issate sui piedestalli nel 1831 utilizzando “un cricco o macchina di ferro”

I complessi scultorei in bronzo furono realizzati presso la fonderia della ditta Manfredini di Milano. in particolare:

  • La Sestiga con la Minerva della Pace è opera di Abbondio Sangiorgio
  • Le quattro Vittorie  sono state realizzate da Giovanni Putti.

La sestiga

La Sestiga è sovrapposta all’Arco ed è modellata con la Dea della Pace che guida verso la città di Milano, un carro a cui sono aggiogati sei cavalli. La Dea, ritta sul carro, è alta 4,22 mt.: ha la fronte cinta da un diadema e il corpo, avvolto in una tunica matronale; nella mano destra tiene un ramo di ulivo, simbolo di pace, e nella sinistra, un’asta, sulla cui cima è posta una piccola figura rappresentante la Minerva pacifica.

[n.p. La Dea della Pace è di 6cm più alta, della Madonnina in cima al Duomo]

Sestiga della Pace
Sestiga della Pace

La parte anteriore del carro è decorata con un trofeo e due figure ai lati rappresentanti una il Genio della fertilità lombarda con cornucopia e spighe di grano e l’altra il Genio delle belle arti con i medesimi emblemi e in una mano un ritratto del Cagnola, l’architetto dell’Arco della Pace. Sotto fondo del carro, una Scrofa semilanuta (antico simbolo di Milano) e due biscioni, simbolo dei Visconti, entrambi a bassorilievo. Il carro. comprensivo della Dea, ha un peso di circa 25 tonnellate ed è trainato da sei cavalli ognuno in una mossa diversa: per la fusione in parti separate dei cavalli occorsero ben sette anni Ai lati della sestiga, ai quattro angoli dell’attico dell’Arco, si trovano quattro Vittorie a cavallo che offrono una corona d’alloro e una palma alla Dea entrante in Milano [rif. Wikipedia].

La sestiga della pace venne commissionata, nel 1831, allo scultore Abbondio Sangiorgio (1798 – 1879). Impiegò sei anni a realizzarla ed è sicuramente la sua opera più importante. Il Comune di Milano, in segno di riconoscenza per la sua opera, gli ha dedicato una delle vie che, a raggiera si dipartono, dalla piazza Sempione ove sorge l’Arco. Un’altra di quelle vie, esattamente in posizione simmetrica rispetto a Corso Sempione, è invece dedicata a Luigi Cagnola.

Fonderia Napoleonica Eugenia
Fonderia Napoleonica Eugenia
Fonderia Napoleonica Eugenia
Fonderia Napoleonica Eugenia

Bassorilievi

Fiancata sinistra – La battaglia di Lipsia di Pompeo Marchesi
Fiancata destra – La battaglia di Kulm di Claudio Monti
Interno sinistro – Incontro dei tre sovrani alleati di Gaetano Monti
Interno destro – Il congresso di Praga di Luigi Acquisti
Lato Castello – Ingresso delle LL. MM. RR. In Milano nel 1815 di
Benedetto Cacciatori
Lato Castello – Fondazione regno Lombardo-Veneto di Pompeo Marchesi
Lato Castello – Il Passaggio del Reno di Pompeo Marchesi
Lato Castello – L’Occupazione di Lione di Pompeo Marchesi
Lato Castello – Capitolazione di Dresda di Benedetto Cacciatori
Lato Sempione – La Pace di Parigi di Gaetano Monti
Lato Sempione – Il Congresso di Vienna di Giambattista Perabò
Lato Sempione – L’Istituzione dell’Ordine della Corona Ferrea di Giambattista Perabò
Lato Sempione – Ingresso in Milano del Generale Conte Neipperg nel 1815 di Claudio Monti

I due bassorilievi della battaglia di Kulm (29-30 Agosto 1813) e di quella di Lipsia (16-19 Ottobre 1813) stanno ad indicare due momenti chiave degli scontri sanguinosi che determinarono la disfatta francese nei confronti della coalizione russo-prussiana


Statue allegoriche dei fiumi:

Lato Castello – Po di Benedetto Cacciatori
Lato Castello – Ticino di Benedetto Cacciatori
Lato Sempione – Adige di Pompeo Marchesi
Lato Sempione – Tagliamento di Pompeo Marchesi

Particolare dell'Arcp della Pace
Particolare dell’Arco della Pace

Alcune curiosità

La messa a dimora del gruppo in bronzo in cima all’arco fu praticamente l’ultimo grosso lavoro, a completamento dell’opera. Se ne incaricò Francesco Peverelli (1789 – 1854), l’allievo del Cagnola. Non fu un compito semplicissimo, a cominciare dal trasporto, considerando che il gruppo in bronzo, con la base in granito, pesa qualcosa come 36 tonnellate! Per fortuna la fonderia Manfredini, cui era stato commissionato il lavoro, era stata creata allo scopo, a solo qualche chilometro da lì, nei pressi dell’ex convento della Fontana, fuori da Porta Comasina. Il suo nome reale era fonderia Napoleonica Eugenia, prestigiosa fonderia di bronzo, così intitolata dai fratelli Manfredini, in onore del vicerè del Regno d’Italia, Eugenio di Beauharnais. Peverelli dovette modificare un carro meccanico, invenzione da Cristoforo Sieber e già usato precedentemente dal Cagnola per il trasporto delle otto colonne marmoree dell’Arco.

Il convoglio con la Sestiga  (in blocco unico), mosse alle ore tre del 18 agosto 1837, partendo dall’officina Manfredini. Il gruppo bronzeo, affrancato su una grossa base di granito, arrivò ai piedi dell’arco, a bordo del carro, la sera del 20 agosto: il viaggio durò 46 ore, per percorrere una distanza di circa 3 km!

Il secondo problema fu l’issare la sestiga in cima all’arco. Peverelli approntò un’armatura quadrata costituita da sei colonne in legno collegate da fra loro da robuste traverse. Il 15 settembre 1837 il monumento venne innalzato sull’Arco. Alle 9 del mattino, messi in funzione 12 argani disposti a semicerchio intorno all’armatura e con l’aiuto di 304 uomini alle corde per sollevare il tutto, nello spazio di soli 58 minuti la Sestiga fu collocata sull’Arco!

Leggende metropolitane

Non è ben chiaro se vi sia qualche fondamento di verità nell’asserzione riportata da più fonti, anche autorevoli, riguardante una volontà di scherno degli austriaci nei confronti dei francesi con riferimento alla disposizione della sestiga in cima al monumento. Infatti, tante fonti asseriscono che la sestiga sia stata invertita di posizione, all’arrivo degli Asburgo. Cioè, per farsi beffa dei francesi, i cavalli sarebbero stati ruotati di 180 gradi in modo che il loro fondoschiena fosse orientato verso la Francia. Uno sberleffo ‘artistico’ decisamente poco elegante!
Potrebbe darsi effettivamente che, sulla carta, i disegni originali del Cagnola riportassero la sestiga orientata verso Corso Sempione e che poi, all’atto della posa, sia stata girata verso il Castello. Questo, onestamente , non ho avuto modo di appurarlo. Comunque sia, proprio per il fatto che il gruppo sia stato sistemato in cima all’arco poco prima dell’inaugurazione, sfata la leggenda che sia stato girato appositamente, a mo’ di scherno, come se già fosse sul posto all’arrivo degli austriaci, cosa che, come si è visto, non corrisponde alla realtà.

La seconda curiosità riguarda un celebre romanzo di Ernest Hemingway “Festa mobile” nel quale sarebbe riportata la convinzione che l’Arco delle Pace di Milano sia allineato con l’Arc de Triomphe du Carrousel e l’Arc de Triomphe de l’Etoile di Parigi. Anche questa convinzione pare errata, non essendo dimostrato alcun allineamento reale fra i tre monumenti.

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